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La via del Garofano

l primo cammino che Confesercenti Lecce ha individuato, attraverso un’indagine accurata del territorio e coinvolgendo diversi attori locali quali Pro Loco ed enti istituzionali (comuni e G.A.L.) è “La via del Garofano”. Dalla molteplice documentazione fornitaci dalla Pro Loco di Squinzano tale cammino si riferisce all’itinerario percorso da una giovane squinzanese, Maria Manca, come riporta anche la bibliografia sulla stessa, che un giorno di ottobre del 1618 in un uliveto alla periferia del paese apparve la madonna che nel porgerle un garofano profumatissimo le chiese di portarlo al crocefisso di Galatone. Quello fu il viaggio che rappresentò per lei la liberazione di tutti i mali e la completa guarigione. Quel gesto suggellò uno stretto legame di fede tra i due centri salentini distanti tra loro oltre 40 chilometri.

Nei Santuari edificati in periodi successivi e precisamente a Squinzano il Santuario dell’Annunziata e Madonna del Garofano (1620) e a Galatone il Santuario del Crocifisso (1711), sono presenti dipinti che testimoniano l’accaduto. Da diversi anni il 22 ottobre la comunità religiosa di Squinzano si reca in pellegrinaggio a Galatone per rinnovare quest’antico ringraziamento alla Sacra immagine del Crocifisso e perpetuarne la memoria, utilizzando le moderne vie di comunicazione e i moderni mezzi di trasporto. L’itinerario creato sul percorso che fece Maria Manca è stato ideato tenendo conto di alcuni riferimenti geografici contenuti nella bibliografia su Maria Manca e sull’analisi di quelli che potrebbero essere antichi tratturi e vie di collegamento in uso nel XVII secolo tra Squinzano e Galatone. Tale cammino si articola attraversando i territori comunali di Squinzano, Trepuzzi, Novoli, Carmiano, Copertino, Nardò e Galatone. Da alcuni anni tale percorso è al centro di diverse iniziative, tra cui quella della Pro Loco di Squinzano di organizzare per la domenica che precede il 21 Ottobre (data in cui si ricorda l’apparizione mariana) un “cammino” in ciclobike denominato “LA VIA DEL GAROFANO”.

ATTIVITÀ ECONOMICHE

A Squinzano l’analisi ha individuato 40 attività del settore della ristorazione (Ristoranti, pizzerie, bar, pub, pasticcerie…), 5 del settore dell’ospitalità (Hotel, b&b, case vacanze…) e 6 del settore della produzione agroalimentare (Cantine, oleifici…).

PIATTI E PRODOTTI TIPICI

IL MARZAPANE DI SQUINZANO
Il marzapane di Squinzano è un dolce tipico del periodo natalizio ma si può trovare durante tutto il corso dell’anno nelle pasticcierie squinzanesi. Si tratta di un biscotto di mandorle farcito con marmellata (Cotognata Leccese).

Ingredienti:
1 Kg di mandorle tritate
800 g di zucchero
Uova q.b.
Cannella
Scorza di limone grattugiata
Liquore aromatico (ad esempio Strega)

Per il ripieno Cotognata Leccese
Unire tutti gli ingredienti. Stendere l’impasto formando strisce di 10 cm di larghezza. Farcire con cotognata leccese e chiudere a portafoglio. Tagliare a rombi di circa 5 cm e infornare in forno preriscaldato a 180 gradi per 15/20 min.

VINO SQUINZANO DOC
Lo Squinzano DOC è un ottimo vino da pasto prodotto nelle province di Brindisi e Lecce, nelle due varianti rosso e rosato ed è un abbinamento eccellente per piatti di pesce o carne e selvaggina. Prodotto anche nella versione riserva, lo Squinzano DOC è ottenuto da vitigni Negroamaro per un minimo del 70% e Malvasia Nera di Brindisi, Malvasia Nera di Lecce e Sangiovese, fino a un massimo del 30%. Il rosato è di un bel rosa con un profumo persistente, vinoso e fruttato; al gusto risulta secco, caldo, quasi morbido. Il rosso è di un tipico rosso con riflessi arancione con l’invecchiamento, profumo vinoso e sapore robusto ma vellutato. La gradazione alcolica minima è di 12,5 gradi per rosso e rosato e di 13 gradi per il riserva.

PRINCIPALI LUOGHI DI INTERESSE STORICO ARTISTICO E CULTURALE

NUNZIATEDDHRA
La Nunziatedda (situata in Via dell’Ave Maria) è un’edicola sacra molto cara agli abitanti di Squinzano, meta ancora oggi d’incessante devozione. Sorge infatti nel luogo in cui la Madonna apparve a Maria Manca, la pia donna a cui si deve la costruzione del Santuario della SS. Annunziata. Il popolo squinzanese assegnò al luogo dell’apparizione questo termine vezzeggiativo Nunziatedda (che significa “piccola Annunciazione”), proprio perché la Vergine si era presentata alla giovane Maria sotto le sembianze di una bambina. Come infatti ricorda il distico elegiaco, dettato dal sacerdote don Carlo Capuzzimadi nell’agosto del 1767, posto sull’arco d’ingresso (CARPENTEM HIC OLEAS DONAVIT FLORE MARIAM DELAPSA AETHEREIS VIRGO BEATA POLIS, cioè “la Beata Vergine discesa dalle sfere celesti donò un fiore a Maria che qui coglieva le olive”), nel 1618 Maria Manca, allora posseduta dal demonio, mentre era intenta a raccogliere le olive, vide una bambina offrirle un garofano rosso, ricevendone l’ordine di portarlo alla chiesa del SS. Crocifisso a Galatone, così da essere liberata dal demonio. Nel palmo della sua mano rimase per sempre non solo l’impronta del garofano ma anche il suo profumo.

SANTUARIO DELL’ANNUNZIATA
La Chiesa dell’Annunciazione (situata in Via Torchiarolo) fu eretta a devozione della pia donna Maria Manca, morta in odore di Santità nel 1668. I lavori iniziarono il 12 novembre del 1618, subito dopo che la Madonna, apparsale il 21 ottobre appena trascorso, mentre raccoglieva olive in un suo campicello, la liberò dal demonio e le offrì un garofano da consegnare al SS. Crocefisso di Galatone (LE). La costruzione fu ultimata nel 1627, grazie anche alle offerte da lei raccolte un po’ ovunque in provincia, come sottolinea giustamente il vescovo Luigi Pappacoda nella sua Visita Pastorale del 1640. Lo storico Primaldo Coco attribuisce il progetto e la sua esecuzione ad un tal mastro muratore Marcello Ricciardi di Lecce, ed aggiunge che, alla morte della già nominata pia donna, la chiesa continuò ad essere un richiamo per Squinzanesi e forestieri, che vi si recavano per adorare l’immagine della Madonna, e pregare sulla tomba di quell’umile e devota creatura, cui la Beata Vergine era apparsa tra gli ulivi in quell’autunno del 1618. Si racconta addirittura che fra’ Giuseppe da Copertino, divenuto poi Santo, trovandosi a passare un giorno da Squinzano, volle visitare la chiesa, e celebrare la S. Messa, durante la quale ebbe una delle tante sue estasi, sollevandosi due palmi da terra. Storia o leggenda che sia, un fatto è certo: verso la metà del XVII secolo, per ospitare i pellegrini sempre più numerosi, furono aggiunti due vani dietro all’altare maggiore, sopra cui, poi, si costruirono altre stanze con un bellissimo loggiato, un cortile con porticato ed una cisterna al centro. Questi, e molti altri ancora, furono i presupposti su cui mons. Antonio Caricato, sul finire degli anni ’60, impostò l’istanza di erezione a Santuario di questo plurisecolare edificio sacro, ottenendone il benevolo accoglimento da parte del Vescovo, mons. Francesco Minerva, che il 25 marzo del 1971 ne decretò solennemente la proclamazione.

CHIESA E CONVENTO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
L’origine della Chiesa e del Convento di Santa Maria delle Grazie (situata in Piazza Vittoria) è dovuta ad una sorta di due “ex voto”: la prima cominciò a nascere, infatti, per volontà del popolo come ringraziamento, quando nel 1560 Squinzano riuscì a liberarsi dall’assoggettamento feudale di Lecce, divenendo così un comune demaniale alle dipendenze dirette di un governatore regio; il secondo sorse, invece, quando nel 1623 si volle riacquisire il regime di feudalità, affidandosi alle mani del principe Giovanni Enriquez, il quale entro due anni ne portò a termine la costruzione, progettata per ospitare i Padri Conventuali Riformati. Ma il “conventino” già nel 1652 dovette esser chiuso per un forte calo vocazionale, divenendo covo e rifugio di malfattori, finché non giunse nel 1671 un’altra comunità religiosa: i Riformati Scalzi o PP. Alcantarini. Alla fine del XVII secolo, però, l’impianto della chiesa subì trasformazioni importanti: utilizzando il corridoio del chiostro, si creò la navata destra, mentre la sinistra fu costruita ex novo. E tutto ciò grazie alla devozione del giovane principino Giovanni Enriquez e di sua moglie, che vollero ingrandirla ed abbellirla di tutto punto. Anche il convento è stato oggetto di notevoli rifacimenti ed abbellimenti nel corso dei secoli, sia prima della soppressione degli Ordini Religiosi che dopo, soprattutto in occasione di vicende eccezionali, tipo quella di dover ospitare nel 1859 Re Ferdinando II e consorte in viaggio per Lecce. Infatti, tranne quando venne ceduto al Comune, per effetto del decreto regio del 1866, perché ne facesse un uso sociale, allocandovi una scuola, o un ospedale, o anche un mendicicomio, quel fervore di restauri e ristrutturazioni si bloccò, per riprendere all’indomani del 1901, quando i frati riuscirono a riscattarlo, versando al Comune 15.000 lire. Da allora fino ad oggi la voglia di abbellire chiesa e convento è rimasta inalterata. Prove più significative ne sono la pitturazione murale, che si realizzò splendidamente sull’intero edificio sacro negli anni ’40, ed i grandi restauri del 1954.

CHIESA MATRICE (SAN NICOLA)
Nella Chiesa matrice, dedicata al patrono San Nicola (e situata nell’omonima Piazza San Nicola), è da ammirarsi il pregevole coro ligneo, intagliato in noce scuro nel 1843 dall’ebanista Giuseppe Fella di Oria. Sono altresì da notare alcune antiche tele di pregevole fattura poste sugli altari ed un vivace affresco sull’arco trionfale del transetto, risalente al 1801, data del restauro della Chiesa, riproducente lo stemma civico di Squinzano, con l’aquila ad ali spiegate per necessità architettoniche. La torre campanaria, portata a termine nel 1658, opera in sobrio ed elegante barocco del concittadino Saverio Tommasi, ha forma quadrangolare che si va rastremando nei piani superiori; è alta 32 metri dal suolo sottostante e 80,35 metri sul livello del mare.

CHIESA MATER DOMINI
In tempi remotissimi, sulla via che portava a Cerrate, alla periferia del paese (attuale Via Mater Domini), ai primi del Cinquecento, a devozione di don Pietro Capuzzimati, sorse una cappellina sui ruderi di un’altra più antica dedicata a S. Maria, Mater Domini, della quale nulla o quasi si sa, tranne che probabilmente era di pertinenza dei monaci basiliani, accesi fautori del culto mariano. Invece, nella relazione di mons. Polidori durante la Visita Pastorale del 1676, si legge che questa piccola nuova cappella distava pochi passi dal paese, che non aveva alcuna rendita, che vi si celebrava tre volte al mese, ed infine che la 2° domenica dopo Pasqua era meta di una processione, alla cui conclusione l’Arciprete vi celebrava la Messa cantata sul piccolo ed unico altare, sormontato dall’immagine affrescata della Vergine Maria. Solo agli inizi del Settecento (1727) accanto ad essa si aggiunse un corpo di fabbrica più grande e architettonicamente più complesso, destinando l’originaria cappellina a sacrestia. Mezzo secolo dopo, poi, ci furono altri importanti rifacimenti, grazie al contributo di un devoto, come si può rilevare da un’epigrafe, posta sulla facciata al di sopra del portone e datata 1778. Ma fu per la generosità di una ricchissima pia donna di Galatone, Giuseppa De Paulo, che l’ormai ampia navata fu arricchita ai primi dell’Ottocento dai due altari, dedicati alla Beata Vergine di Sanarica e alla Madonna del Buon Consiglio. Sicché nel frattempo, solo il 22 febbraio 1921, il vescovo, mons. Gennaro Trama, la eresse a parrocchia, intitolandola a Mater Domini. Per cui, fu poi mons. Egidio Manieri, nominato primo parroco il 26 maggio 1923 che, negli anni ’30, vi apportò ulteriori modifiche, aggiungendovi altri locali e restaurandola di nuovo con immensa soddisfazione del vescovo dell’epoca, mons. Alberto Costa, che la volle riconsacrare il 22 aprile del 1937, durante le solennità del Congresso Eucaristico diocesano, svoltosi fastosamente a Squinzano.

CAPPELLA DI SAN LEONARDO
Nei primi decenni del secolo XVII, il Clero squinzanese fece erigere per disposizioni testamentarie dettate da un sacerdote, don Santo Serratì, una chiesuola intitolata a S. Leonardo e a Tutti i Santi, con l’obbligo di celebrarvi una S. Messa tutte le domeniche ed i giorni festivi. Dalla S. Visita del 1640 di mons. Pappacoda sappiamo che essa era ben costruita, che aveva il tetto a volta, un’unica porta, quattro finestre ed un altare, alle cui spalle si mostrava ancora, nel 1676, un bel dipinto raffigurante S. Leonardo e tutti i Santi. Nel 1851 però il Vescovo Caputo, nella sua S. Visita, ne ordinò la chiusura a causa delle sue cattive condizioni, prescrivendone, ovviamente un urgente restauro. Cosa che purtroppo avvenne mezzo secolo dopo, quando, per la generosità di una fervente devota, tale Vincenza Lia, nel 1903 fu ricostruita e reintitolata alla Vergine del SS. Rosario. Riaperta finalmente al culto, furono officiate diverse liturgie in occasione di particolari ricorrenze e riti, riguardanti la nuova Titolare, S. Michele ed altre festività, nel frattempo divenendo anche, in via provvisoria, la cappella di riferimento per le due confraternite della SS. Annunziata e delle Anime del Purgatorio. Successivamente, nel corso degli anni ’80 del secolo scorso, fu però di nuovo inspiegabilmente abbandonata, ed addirittura adibita per qualche anno a deposito di mercanzie! Per fortuna, dopo alcuni piccoli restauri, fu nuovamente riaperta al suo originario uso sacro, iniziando ad ospitare, tra l’altro, le riunioni della neonata Confraternita di S. Antonio da Padova. Prima del suo accidentale crollo nell’estate del 2007, dovuto alla demolizione dell’attiguo cinema Vallone, l’interno presentava ancora un altare barocco in pietra leccese, inquadrato da due colonne tortili ed adornato da un gruppo statuario della Vergine in atto di porgere il rosario a S. Francesco ed a S. Rita. Nella cappella si conservavano inoltre le statue di S. Michele, del Taumaturgo padovano, quella di S. Leonardo e di altri Santi, ora custodite provvisoriamente in un vano del Palazzo Rosina Frassaniti, in attesa dell’ultimazione dei lavori del suo completo restauro.

CHIESETTA DEL CARMINE
Poco distante da S. Leonardo, c’è la cappella della Madonna del Carmine, originariamente di pertinenza del principe feudatario di Squinzano, ed ora di proprietà degli eredi della famiglia Campa-Sansonetti. Annessa al palazzo omonimo, fu costruita dalle fondamenta, nel corso del Seicento, da don Gabriele Agostino, giovane rampollo dei nobili Enriquez, come ricorda mons. Pignatelli nelle sue Sante Visite del 1680 e del 1698. Vi si può accedere sia dall’interno dello stesso palazzo per mezzo di una minuscola e ripida scala, sia dal portone esterno, posto di fronte all’ex cinema Vallone in via Matteotti. La facciata evidenzia una linearità e semplicità sorprendenti, rispetto ai tempi della sua costruzione. Anche l’interno è molto semplice, con una volta dalle lunette un tempo affrescate ed un unico piccolo altare di marmo intarsiato, ornato da una tela seicentesca raffigurante la Madonna del Carmine, e di fronte al quale una volta c’era, sulla porta d’ingresso, una specie di davanzale, o tribunetta che dir si voglia (ora murata), da cui i Principi potevano assistere alle varie funzioni religiose. Da moltissimi anni ormai, però, tale Cappellina è sconsacrata.

CAPPELLA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
L’originaria chiesetta pare sia stata eretta negli ultimi decenni del 1600 per volontà dei fedeli devoti del Santo Precursore. Nella relazione sulla Visita di mons. Polidori del 1670 ci sono interessanti elementi su di essa. Tra l’altro, si legge che aveva il tetto di legno, che c’erano tre finestre, due porte, e accanto due vani utilizzati esclusivamente per ospitare pellegrini e poveri. Inoltre, si può evincere pure che si celebravano con una certa solennità le feste di S. Giovanni e dell’Immacolata Concezione. Essendo però quasi cadente già verso la metà del Settecento, fu restaurata a spese della Confraternita omonima, insediata lì da più di un secolo, che, si potrebbe dire, la rifece dalle fondamenta con approvazione regia del 1777 (come ricorda una lapide posta all’interno sul portale), ingrandendola, coprendola con una volta a botte lunettata ed aumentandone il numero di altari. Allora si moltiplicarono anche i vani dell’antico ospizio, per poterne riservare uno come stalla, e altri due come nosocomio per la cura dei confratelli malati, per i quali, è bene ricordare, c’erano pure due sepolcreti nella chiesa, oltre ad un altro paio concessi a famiglie benefattrici dell’epoca. I resti di tale caritatevole fabbricato, pur con tutti i cambiamenti subiti nei secoli, sono ancora riscontrabili nel vicolo immediatamente retrostante la stessa cappella. Va detto inoltre che originariamente, a stare alla relazione della S. Visita del vescovo Pignatelli del 1680, nello spazio antistante la chiesa, davanti al portone centrale ed alla porta laterale, c’era un piccolo cimitero, a cui si accedeva tramite dei gradini. Infine, all’interno, negli ultimi decenni del secolo scorso, tra gli altari di S. Vincenzo e dei SS. Rocco e Francesco Saverio, fu realizzata una suggestiva grotta per porvi la statua della Vergine di Lourdes, che insieme alla tela seicentesca dell’altare maggiore raffigurante l’Immacolata Concezione, è l’immagine più venerata.

CAPPELLA MARIA REGINA DEI MARTIRI
Secondo quanto si legge nella relazione della Visita Pastorale del 1683 di mons. Pignatelli, una piccolissima chiesuola, intitolata alla Madonna dei Martiri, era già esistente, poco lontana dalla chiesa del Calvario, nella prima parte del Seicento. Essa era così stretta, da poter accogliere sì e no un paio di persone. Alcuni anni dopo, nel 1698, sempre il medesimo Vescovo, in un’altra sua Santa Visita ci fa sapere che, a ragione delle sue precarie condizioni statiche, sul finire del Seicento questa cappelluccia fu ricostruita, ingrandita, dotata di un tetto di canne ed abbellita a dovere nelle pareti con degli affreschi, grazie alle offerte raccolte tra i devoti. La sua facciata esterna è di un’essenzialità estrema, ed evidenzia solo un piccolo e semplice portale, sormontato da un minuscolo finestrino ovale. Anche il suo interno è di una semplicità unica: è a forma di auletta, coperta da una volta a botte lunettata, con un solo altare molto lineare, ed adorno di un dipinto settecentesco raffigurante Maria Regina dei Martiri. Originariamente, sul muro ove poi fu addossato nel corso del tempo tale altare, c’era dipinta solamente l’immagine della Beata Vergine attorniata da alcuni Angeli, nelle cui mani stringevano gli strumenti simboli del martirio. Infine, sino agli anni ’20 del secolo scorso, la cappella era di pertinenza del Seminario Diocesano di Lecce, mentre oggi, di fatto, è come se l’avesse “adottata” un gruppo di devoti, molti dei quali residenti nelle sue immediate adiacenze, come le famiglie Serinelli e Marzo.

CAPPELLA DELLA MADONNA DI LORETO
Leggende, storia e congetture etimologiche, contornano la cappellina intitolata alla Vergine di Loreto. Risalente quasi certamente alla fine del Cinquecento, fu eretta a neanche un chilometro dal paese sulla via per Casalabate, pare sui resti di una più antica piccola grotta basiliana (una làura cioè, da cui “laurito” e poi “loreto”??) scavata sul declivo ricordato come “monte della battaglia” (perché si dice che nel 1528 vi si svolse, in località S. Luca, il famoso scontro tra le truppe francesi e quelle spagnole per il predominio nel Sud d’Italia). Infatti, secondo un’ipotesi non comprovata, la costruzione fu edificata per un “ex voto” del marchese Leonardo Prato, grande Ammiraglio e Comandante di Terra dei Cavalieri di Rodi, che avrebbe avuto salva la vita dalla Madonna in una delle battaglie contro i Turchi. Invece, secondo un’altra , essa fu costruita a ricordo perenne proprio dei morti di questa leggendaria battaglia di S. Luca. Fatto sta che, nel verbale della S. Visita di Pappacoda del 1640, si legge che la cappella fu eretta a devozione di un tale Armelio Manca, nominato in un’iscrizione del 1582 leggibile, al suo interno, sull’iconella dell’Annunciazione (tale immagine tardocinquecentesca è citata per la prima volta nell SS. Visite del 1672 e 1698). Ad ogni modo, quando nel 1990, su iniziativa del rev. Mario Modesto, si eseguirono lavori di restauro, il superstite e malridotto altarino ligneo era ancora adorno di un affresco del sec. XVI raffigurante la Vergine di Loreto, sormontato da uno stemma gentilizio, forse appartenuto alla nobile famiglia Prato, proprietaria in origine della cappellina.

CAPPELLA DI SAN GIUSEPPE PATRIARCA
È nella S. Visita di mons. Pignatelli del 1698 che, nella sua relazione, si menziona per la prima volta la cappella di S. Giuseppe, fatta costruire nel 1696 (la data è incisa sull’architrave del portone) dal chierico Antonio Carlo Saetta per espressa volontà di Giustiniano Angeletta e, originariamente dotata di un altare con una tela raffigurante S. Carlo Borromeo. Invece, da quella di mons. Caputo del 1851, si ricavano i motivi della sua interdizione ed inidoneità al culto divino, nonché le sollecitazioni perché si risolvesse tale increscioso problema al più presto. Purtroppo, però, la sua riedificazione avverrà alla fine del secolo XIX, nel 1891, a devozione del sig. Francesco Taurino, poi confratello dell’omonima congrega, sorta qualche anno dopo. Infatti, nel 1904 mons. Trama, nella sua Visita Pastorale farà gli elogi ai confratelli per la pulizia e l’ordine riscontrati nella cappella. Essa ormai si presentava con l’altare maggiore dedicato a S. Giuseppe Patriarca e con altri tre (nicchie più che altari) dedicati a S. Anna, all’Addolorata ed al Sacro Cuore di Gesù. Successivamente, intorno agli anni ’30 del secolo scorso, fu decorata con pitturazioni parietali, che ricordavano scene della vita di Gesù e i Quattro Evangelisti. Infine, nel 2008, dopo un lungo periodo di chiusura e abbandono, essa è stata convenientemente restaurata per interessamento della Confraternita e riaperta doverosamente al culto.

CAPPELLA DI SANTA ELISABETTA
Questa piccola cappella, lontana circa 4 chilometri dal nostro centro abitato e molto più vicina a Torchiarolo, fu fatta edificare in piena campagna nel 1642 dalla pia donna Maria Manca (alcuni anni dopo l’erezione della chiesa dell’Annunziata!) in un suo podere, grazie alla sua devozione, ma anche alle offerte di numerosissimi fedeli. Tanto si legge nella relazione sulla Santa Visita di mons. Pappacoda dello stesso anno, ed in quella di mons. Polidori del 1670, da cui, tra l’altro, si apprende pure che in due piccole stanze contigue abitava un “eremita” (così allora si chiamava il sacrestano!) per la custodia e le necessità liturgiche. Quello che c’è di più straordinario dietro a tale costruzione, lo vediamo invece, a sapere da una suggestiva tradizione popolare sorta nel contempo, che sa molto di miracoloso e secondo cui, a sceglierne il sito giusto, furono direttamente le pariglie di buoi, che prodigiosamente si tirarono dietro tantissimi carri stracarichi di conci di tufo, bloccandosi poi tutti quanti, per un disegno soprannaturale, nel posto in cui ancora oggi la chiesetta si trova. Comunque sia, fino a pochi anni fa le sue condizioni non erano delle migliori da ogni punto di vista. Ora però, a seguito dell’interessamento di un gruppo di ferventi devoti, appare più sistemata ed ordinata nella sua essenzialità architettonica, salvo qualche imprudente stonatura estetica. Pianta rettangolare a una sola navata, presenta un’unica porta d’ingresso e una volta a botte. All’interno, nella zona dell’abside, prima che venisse appeso un quadro della Santa titolare, si intravedevano a malapena le tracce di un antico affresco, dal soggetto raffigurato ormai quasi illeggibile.

CAPPELLA DEI DOLORI O PERLANGELI
Tra le pochissime cappelle rurali, situate una volta nel feudo di Squinzano ed oggi ancora esistenti, non si può ricordare quella eretta in contrada Perlangeli, ad un chilometro circa dal paese sulla strada provinciale per Torchiarolo. C’è un atto del 21 giugno 1652 del notaio Antonio Maria Gervasio di Lecce, in cui si attesta la volontà del presbitero leccese, don Innocenzo Gervaso, di costruire questa chiesetta in piena campagna in un suo vasto vigneto, dotandola di una rendita di 12 ducati annui e successivamente di altri lasciti. Nella relazione sulla Visita Pastorale di mons. Pappacoda del 1670 appare ben tenuta: aveva due porte di ingresso, tre finestre, degli affreschi di S. Antonio e di S. Domenico ed un minuscolo campanile a vela con una sola campana. Sicuramente, ad un certo punto, per vicissitudini storiche diverse, ci fu un cambio di proprietà; e ciò spiega perché adesso la porta del prospetto principale cuspidato e sormontata da uno stemma gentilizio, in cui si riesce a leggere distintamente “De Castro”, cognome di una nobile e antica famiglia di origine spagnola, penultima proprietaria dell’ottocentesco palazzo affacciato su Piazza Plebiscito. Ed infatti, nel 1869, un erede dei De Castro, Giuseppe, non potendo erigere una cappella di famiglia al cimitero per mancanza di spazio, chiese ed ottenne dal prefetto di Lecce di poter seppellire i propri defunti futuri in questa sua Cappella, denominata Madonna dei Dolori, o anche soltanto “Perlangeli”, dal nome del podere in cui ancora si innalza. Questo dunque, oltretutto, è il motivo per cui il suo interno, pur se decorato con stucchi, sulle pareti laterali presenta lapidi funebri, e sul pavimento i segni visibili di una botola-ossario.

CHIESA DEL CALVARIO
La cappella della Visitazione della Beata Vergine Maria, o del Crocefisso, o anche del Calvario, è stata sicuramente la prima chiesa parrocchiale della nostra comunità. Già esistente nel 1559, come si può leggere su di una lapide collocata all’interno a sinistra dell’ingresso, fu spesso ricostruita e ristrutturata nel corso dei secoli. Infatti, una prima ricostruzione fu necessaria addirittura nel 1640, quando nella sua Visita Pastorale, mons. Pappacoda, la trovò in condizioni disastrose, tanto da interdirla al culto, perché oltretutto era diventata rifugio di gente di malaffare. In ogni caso, la cappella all’origine era di dimensioni minori rispetto all’attuale. Quasi certamente doveva comprendere solo una parte del presbiterio presente oggi, e la campata che racchiude il Cappellone del Crocefisso, di fronte al quale era posta la porta di ingresso principale. Tale planimetria cambiò radicalmente nel 1906, allorché, su progetto dell’ing. Gaetano Marschizek, la cappella fu prolungata con l’aggiunta di una seconda campata e la facciata rifatta completamente. Inoltre, solo quattro anni dopo, nel 1910, ci furono ad opera della Confraternita dell’Addolorata altri importanti rimaneggiamenti, tra cui il rifacimento dell’antico Calvario (poi di nuovo demolito per dar posto a quello attuale sorto nel 1976) e l’ingrandimento del vano adiacente, dove un tempo era allocata la “Ruota dei proietti”, una sorta di finestrino girevole attraverso cui si cercava di porre al sicuro in quella casetta, sin dalla fine del ‘700, i neonati abbandonati, come ricorda la lapide voluta alla fine dei lavori dal parroco dell’epoca, rev. Angelo Pierri. Ultimati tali innovativi restauri, la chiesa fu riconsacrata da mons. Gennaro Trama, vescovo di Lecce.

CAPPELLA DI SAN SALVATORE
La data di nascita della cappella di S. Salvatore si attesta intorno ai primi anni del Seicento. All’inizio le spese per la costruzione furono affrontate da un gruppo di fedeli. In seguito, in fase di completamento, intervenne il chierico Francesco Carboneri, un ricco possidente molto devoto abitante nei paraggi. Inizialmente era molto più piccola di adesso, con tetto ad embrici, un altare con l’immagine del Salvatore ed un’unica porta. Ma già nel 1640 mons. Pappacoda, in una sua Santa Visita, la trovò in tali pessime condizioni, da interdirla al culto ed al pubblico, ed ordinò di restaurarla quanto prima, pena il suo abbattimento addirittura. Nonostante ciò, però, rimase in stato di abbandono per moltissimi altri anni, e solo nel 1682 la risistemarono, utilizzando i redditi rivenienti da un ricco lascito che il medesimo chierico Carboneri aveva concesso al Capitolo squinzanese. Successivamente, nel 1741, la chiesetta fu dotata di un rinnovato altare maggiore, su cui continuò a campeggiare il dipinto raffigurante la Trasfigurazione di Cristo, già presente nella Visita Pastorale del 1683 di mons. Pignatelli. A partire poi dal 1860, la cappella rimase di nuovo a lungo abbandonata, tanto da costringere, nel 1881, mons. Zola a chiuderla, sempre per ragioni di sicurezza fino ad un suo improcrastinabile restauro. Così, ancora una volta, si eseguirono degli urgenti lavori grazie all’ingente patrimonio lasciato al Capitolo dal parroco Donato Carboneri, nipote del già ricordato chierico. Invece, nel 1907, fu per l’interessamento di mons. Vincenzo Riezzo che, con il contributo generoso di tanti fedeli, si risolse il problema delle sue cattive condizioni statiche, aggiungendovi dei pilastri lungo le pareti laterali, rifacendo la copertura, e costruendo una piccolissima sagrestia accanto all’altare maggiore. Infine nel 1950, sempre per alcune sue criticità, fu ristrutturata dal Genio Civile, e ingrandita con un piccolo vano di servizio ed un ortalino. Nello stesso anno inoltre, sull’altare maggiore, fu sostituito il dipinto originale della Trasfigurazione di Cristo (ormai quasi invisibile) con quello attuale, di identico soggetto ed a firma del trepuzzino Antonio Valzano.

HOSANNA
Eretto anteriormente al 1680, sorgeva nell’attuale via A. Diaz, all’incrocio con via Stazione e via Maggiore Galliano, anticamente denominata Strada dell’Hosanna, o del Sannà. Fu trasferito, con deliberazione consiliare n. 50 del 18/ 10/1897, dal centro del quadrivio, dove ormai era di pericoloso ostacolo al traffico, nell’attuale piazza S. Anna Olmi, nel luogo dove sorgeva un’antica cappella dedicata alla santa, demolita per volontà del sindaco Emilio Campa, perché fatiscente. È costituito da una colonna ionica innalzata su tre gradini ed è sormontato e concluso in alto da un globo crucifero.

PALAZZO CAMPA-SANSONETTI
Situato su via Vittorio Emanuele II, a pochi passi da piazza Plebiscito, ha una storia molto lunga. Si tratta infatti dell’antico Palazzo baronale, appartenuto un tempo agli Enriquez principi di Squinzano e poi ai loro successori, i Filomarino, che in realtà non vi dimorarono mai”. Della facies esterna originaria oggi non resta che il bellissimo portale d’ingresso in carparo con bugnature che immette in un porticato coperto da volta a botte, cui segue un cortile. Tale portale era un tempo arricchito dallo stemma di Squinzano (il più antico arrivato ai nostri giorni) e della famiglia Enriquez, che oggi si conservano presso la famiglia Campa, proprietaria dell’ala destra del palazzo, la più antica. L’edificio ha poi subito nel corso dei secoli varie trasformazioni, che hanno sconvolto l’insieme, portandolo alla forma attuale.

PALAZZO CAPUZZIMADI
Il palazzo era di proprietà della nobile e potente famiglia dei Capuzzimadi, di origine albanese, giunta a Squinzano intorno alla metà del XVII secolo al seguito del Principe di Squinzano Gabriele Agostino Enriquez. L’edificio, che sorgeva di fronte alla chiesa madre di S. Nicola, sembrava una vera e propria fortezza: vi era un grande atrio, al quale si accedeva da un imponente portale sormontato dagli stemmi della famiglia e attiguo ad esso una piccola cappella dedicata a S. Giuseppe. La presenza dell’edificio è testimoniata da una stampa francese del ‘600. Nel ‘700 circa, l’atrio del castello fu trasformato in piazza. Negli anni trenta dell’Ottocento il Capitolo, per valorizzare la vista della maestosa Chiesa Madre, notevolmente ridotta per la presenza di questo edificio, venne a trattative con Pietro e Antonio Capuzzimadi per l’acquisto dell’immobile, che venne in parte abbattuto. L’edificio ospitò per qualche giorno (dal 18 al 21 aprile 1913) anche il re Gioacchino Murat nel suo viaggio a Lecce. Venne poi acquistato nel secondo decennio del XX secolo dal barone Balsamo. Della costruzione oggi rimane solo una specie di torre aperta da un grande arco, che si scorge ancora se ci si mette di spalle alla Chiesa Madre e si guarda a destra, verso l’angolo della piazza.

PALAZZO GHEZZI
Nel palazzo, vi abitava un tempo il sacerdote don Michele Ghezzi. Si dice che fu proprio lui a far incidere sulla cornice della finestra che si affaccia su un elegante balconcino mensolato la seguente frase: “INVIDIA INVIDENTI NOCET/1515″ (l’invidia nuoce a chi invidia”). Nella parte centrale dell’edificio, dal prospetto semplice ed essenziale, si innesta un corpo-torre impreziosito da un elegante balconcino che poggia su sette mensole sorrette da figure umane; alternativamente mascheroni, busti maschili e busti femminili. Una finestra trabeata si apre nell’arcata a tutto sesto.

PALAZZO CAMPA-ALARI-LEONE
Il sontuoso palazzo, costruito verso la fine del XIX secolo, è prospiciente la cappella di S. Giovanni Battista. L’edificio, leggermente rialzato rispetto al piano di calpestio, si sviluppa su due piani e presenta una facciata molto semplice, arricchita da piccoli riquadri affrescati con girali e conchiglie. Il piano terra, presenta un salone con volte affrescate. Nelle stanze del primo piano, si possono ammirare tre volte affrescate nella prima metà dello scorso secolo dal pittore Matarrelli.

PALAZZO DE CASTRO
L’edificio ottocentesco, sito in piazza Plebiscito, apparteneva alla nobile famiglia De Castro. La facciata, molto semplice, presenta al piano inferiore un portale e a quello superiore cinque finestre, tre delle quali sono sormontate da un timpano triangolare, mentre le due finestre in asse con il portale sono sormontate da un arcuato. Un aggettante cornicione con mensole, lo corona. Gli archi e le cornici sono opera dell’architetto G. Miglietta.

PALAZZO FRASSANITI
L’edificio è di proprietà della famiglia Frassaniti, di origine spagnola, che nel 1400 possedeva a Sandonaci molti terreni, circa 600 ettari, tutti a vigneto. I lavori di costruzione del palazzo iniziarono verso l’ultimo decennio del 1800 su progetto del famoso ing. Gaetano Marschizek per volere di Nicola Frassaniti, sindaco di Squinzano per ben tre volte.

PALAZZO ROSINA FRASSANITI
L’edificio, sede un tempo dell’asilo infantile con scuola di musica e ricamo, diretto dalle Suore di S. Anna, fu realizzato nel 1904 dall’ ing. Gaetano Marschizek. La facciata presenta un portale impreziosito da un piccolo archivolto intagliato e retto da una coppia di colonne, adorne di ricchi capitelli. Nel piano superiore, al centro, in asse con il portale, si apre una bifora, affiancata da lesene, due per lato, sulla cui sommità, tra le volute, sporgono testine umane. Tra gli archi delle bifore è collocato lo stemma della famiglia raffigurante un albero di frassino, un serpente avvinghiato ad esso e tre piccole stelle. Completa la facciata una cornice decorata da piccoli fiori. Gli intagli sono opera del trepuzzino Adamo Miglietta. All’interno un tempo si ammiravano delle bellissime volte affrescate. Attualmente l’edificio è disabitato.

PALAZZO DE FILIPPIS
L’edificio è a due ordini: quello inferiore, rivestito da un bugnato orizzontale, presenta tre portali a tutto sesto, che introducono all’interno del palazzo, intervallati da due piccole porte. In corrispondenza del portale centrale, al piano superiore, si apre una trifora con balcone, ritmata da quattro piccole lesene con capitello (lisce nella parte superiore, scanalate in quella inferiore) e arricchita da una lunetta con un mosaico raffigurante un volto femminile. Sugli angoli superiori laterali della lunetta spiccano due sfingi alate, sedute di profilo. In corrispondenza dei portali laterali si aprono, invece, due bifore, ritmate da tre paraste e sormontate da un riquadro rettangolare, in cui si possono ammirare bellissimi mosaici raffiguranti, all’interno di medaglioni dorati affiancati da draghi, differenti profili di donna. La trifora centrale e le bifore laterali sono intervallate da due semplici finestre e sono scandite da sei lesene con capitello. Il perimetro superiore è coronato da una cornice modanata. L’interno presenta volte affrescate dal pittore Tortorelli di Lecce. L’edificio attualmente è di proprietà del nipote del defunto dott. Michele De Filippis.

PALAZZO SERINELLI
L’edificio, sito a pochi passi dalla cappella del SS. Crocifisso, fu costruito nei primi decenni del sec. XX dalla famiglia Serinelli e, in seguito, donato alle suore di S. Anna. Il prospetto dell’edificio presenta, ai lati, due grandi archi affiancati da una coppia di lesene terminanti con un motivo floreale. Lo stesso motivo, con l’aggiunta dello scudo con la S (iniziale del cognome della famiglia), è ripreso nello spazio compreso tra le lesene e l’estradosso dell’arco. L’arco sinistro inquadra la porta d’ingresso, quello destro una grande finestra, mentre tra i due archi ne sono comprese altre quattro, di più modeste dimensioni.

PALAZZO RUSSI
Il palazzo, sito sul lato destro della parte terminale dell’ex via Fontanelle, fu edificato nei primi anni dello scorso secolo dal dott. Pasquale Russi. Si dice che l’edificio venne costruito sulle rovine del castello della nobile famiglia Moretti, che ormai alla fine del XIX secolo era in rovina. Di esso rimarrebbe un’immagine dipinta sullo sfondo della pala destra del Trittico della Madonna dei Martiri, che adorna l’altare omonimo nella chiesa madre di S. Nicola a Squinzano. Sullo sfondo della pala sono infatti visibili una grande torre rotonda affiancata da due altre torri quadrate più piccole.

PRINCIPALI EVENTI FESTE PATRONALI MERCATI E SAGRE

6 DICEMBRE FESTA DI SAN NICOLA
San Nicola di Myra è uno dei santi più venerati al mondo, protettore dei deboli e di coloro che subiscono ingiustizie, dei naviganti, dei mercanti e dei bambini. La figura del Santo è associata a quella di Santa Claus e viene festeggiato nel giorno del 6 dicembre, in cui ricorre l’anniversario della sua morte. La festa patronale è caratterizzata dall’esibizione della nota banda municipale di Squinzano che sfila per le vie del paese e dalla fiera mercato che apre le festività natalizie.

25 MARZO FIERA DELL’ANNUNZIATA
Appuntamento tradizionale di fede e commercio del territorio del nord Salento. La fiera si svolge ogni anno il 25 marzo ed è una delle fiere più antiche di Puglia, la sua fondazione risale al 1834. A far da cornice a questo grande appuntamento con la tradizione all’inizio di primavera, sono le sacre funzioni n onore della Madonna a cui è dedicato lo splendido Santuario alla periferia del paese eretto nel 1618 a cui è legato l’evento prodigioso dell’apparizione della Santa Vergine alla squinzanese Maria Manca. La fiera si conclude nella serata con uno spettacolo di fuochi d’artificio nei pressi del santuario.

MERCOLEDI’ MERCATO SETTIMANALE
GIOVEDI’ MERCATO RIONALE

PUNTI DI INFORMAZIONE TURISTICA

PRO LOCO SQUINZANO
VIA VITTORIO EMANUELE II, 2
3775363303
prolocosquinzano@gmail.com

 

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA INDIRIZZO DESCRIZIONE
STRADA STATALE 613 BRINDISI-LECCE Uscita Squinzano-Torchiarolo (Km 19,6)/ Squinzano-Trepuzzi (Km 22,8)
STRADA STATALE 16 Lunghezza 1001 km collega Padova a Otranto percorrendo numerosi Capoluoghi di Provincia
STRADA PROVINCIALE 4 Campi Salentina-Squinzano
STRADA PROVINCIALE 5 Squinzano-confine provinciale presso Torchiarolo
STRADA PROVINCIALE 95 Squinzano-confine provinciale presso Cellino San Marco
STRADA PROVINCIALE 96 Squinzano-Casalabate
STRADA PROVINCIALE 97 Squinzano-confine provinciale presso San Pietro Vernotico
STRADA PROVINCIALE 98 Squinzano-Strada Provinciale 102
STRADA PROVINCIALE 100 Squinzano-Casalabate
STRADA PROVINCIALE 357 San Pietro Vernotico-Squinzano-Trepuzzi
STAZIONE FERROVIARIA VIA STAZIONE Stazione Ferroviaria della linea Adriatica, conta tre binari e due marciapiedi dotati di pensilina
S.T.P. BRINDISI S.P.A Autolinea Squinzano-San Pietro Vernotico
SOCIETÀ TRASPORTI PUBBLICI DI TERRA D’OTRANTO S.P.A. Autolinee che collegano differenti tratte
ITINERARIO NATURALISTICO – ARCHEOLOGICO DELLA VALLE DELLA CUPA Lunghezza 34,3 Km, parte da Masseria Petrelli (SQUINZANO) e termina a Villa Urso (MONTERONI)

ATTIVITA’ ECONOMICHE

PRODUZIONE AGROALIMENTARE

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
OLEIFICIO OLEARIA SERRA S.A.S VIA FRANCESCO FERRUCCIO, 6 0832 784643
STABILIMENTO VINICOLO OLEIFICIO DE VENTURA VINCENZO VIA MARIA MANCA, 5 0832 782885
OLEIFICIO OLVE S.R.L VIA CASALABATE, 10 0832 781766
STABILIMENTO VINICOLO LA VIGNA DEI BARONI MARTUCCI VIA LECCE, 65 0832 725364 baronimartucci@virgilio.it
OLEIFICIO COOP. AGR. SQUINZANESE OLEIFICIO SOCIALE VIA BENEDETTO CROCE 0832 785984
AZIENDA AGRICOLA OLEIFICIO AZIENDA AGRICOLA TAURINO VIA PER TORCHIAROLO, KM 1 0832 787541 info@agricolataurino.it
RISTORAZIONE

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
BAR BAR MASSIMO VIA SALVEMINI 40
BAR BAR MILAN VIA VITTORIO EMANUELE II 8
BAR BAR SANT’ANNA VIA ROMA 60
BAR BAR STAZIONE LARGO STAZIONE 20
BAR CAFFE’ RAFFAELLO VIA RAFFAELLO SANZIO 90
PIZZERIA TRATTORIA RISTORANTE 1994 DA SANTINO VIA ISONZO 1/G 0832 782466
PASTICCERIA GELATERIA THE PEOPLE VIA TAGLIAMENTO 23/25 347 181 5100
BAR CAFFE’ L’INCONTRO VIA BRINDISI
BAR GRAN BAR VIA UMBERTO I 8 328 8957947
PIZZERIA TRATTORIA RISTORANTE DA MARCELLO VIA CADUTI DI SUPERGA 2 0832 787811
PASTICCERIA IL CAPRICCIO VIA CAMPI 143 339 188 2841
PIZZERIA ROSTICCERIA IL MASTRO DEL GUSTO VIA LECCE 125 347 379 3831
PIZZERIA ROSTICCERIA LA VOGLIA PIAZZA VITTORIA 0832 781593
PIZZERIA ROSTICCERIA LE CROISSANT VIA SAN VITO 40 340 621 3092
BAR CAFFÈ MIRÒ VIA MONTEGRAPPA 153
PIZZERIA ROSTICCERIA LICCATE LI MUSI VIA VITTORIO VENETO
RISTORANTE PIZZERIA LY CANNARUTY VIA RAFFAELLO SANZIO 75 388 452 2603
BAR MAISON CAFE’ VIA GIACOMO MATTEOTTI 25
RISTORANTE PIZZERIA MARE NUESCIU VIA BOTTEGHE NUOVE 66 329 022 7227
RISTORANTE PIZZERIA MARE’ VIA DELLA BALENA 5 – CASALABATE 329 180 3951
PUB BIRRERIA NEGROMALTO VIA ROMA 12 0832 401502
BAR DOLCIUMI NOTE DI GUSTO VIA MATER DOMINI 11 350 543 4805
PUB PIZZERIA BIRRERIA OVEJA NEGRA VIA NANNI 135 347 378 1054
BAR RISTORANTE PIZZERIA BAHIA NEGRA LUNGOMARE NORD 100 – CASALABATE 347 378 1054
BAR PAUSA CAFFE’ VIA BRINDISI 57
BAR FASHION VIA LECCE 35 0832 782829
PIZZERIA ROSTICCERIA PICCI TE FAME VIA LECCE 153 388 369 8449
BAR PICCOLO BAR VIA A. DIAZ, 40 388 369 8449
PIZZERIA ROSTICCERIA ZERO52 VIA MAGGIORE GALLIANO 79 0832 785155
PIZZERIA ROSTICCERIA FRIGGITORIA DA ANTONIO VIA BRINDISI 329 805 8196
BAR REVOLUTION CAFE’ PIAZZA VITTORIA 56 0832786659
AGRITURISMO LA CRIANZA S.P. SQUINZANO – TORCHIAROLO KM 3 328 2487622 – 3273833705 agriturismolacrianza@hotmail.it
AGRITURISMO LA BADESSA S.P. SQUINZANO – CASALABATE KM 6 347 095 1387 info@badessa.it
BAR CAFFE’ FANTASTICO PIAZZA SEN. PULLI – VIA GORIZIA ANGOLO VIA MONTE GRAPPA 347 66 17 869
PASTICCERIA BAR DELIZIE VIA DIAZ 167 0832 78 59 49 info@deliziepasticceria.com
PASTICCERIA BAR VITTORIA VIA GIOVANNI PAOLO II 0832 782893 info@pasticceriavittoria.it
RISTORANTE PIZZERIA PUB IL CAMINETTO VIA G. MATTEOTTI 14 0832 78 54 66 caminetto@live.it
RISTORANTE PIZZERIA PUB LA COMBRICCOLA VIA VITTORIO VENETO 55 347 1878418
BRACERIA LA BOTTEGA DELLA CARNE VIA G.GALILEI 21/23 0832 786 229 – 346 613 6547
RISTORANTE AFFITTACAMERE MASSERIA OGLIAROLA VIA CASALABATE KM2 392 386 6079 masseriaogliarola@gmail.com
RISTORANTE AFFITTACAMERE MASSERIA OGLIAROLA VIA CASALABATE KM2 392 386 6079 masseriaogliarola@gmail.com
OSPITALITA’

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
B&B PALAZZO DE CASTRO PIAZZA PLEBISCITO 9 339 585 7698 info@palazzodecastro.com
HOTEL GATTO BIANCO VIA LUNGOMARE NORD 62 080 9189190 prenotazioni@gattobianco.com
AGRITURISMO TENUTA AFRA LOC. AFRA – STRADA VICINALE SANTA ELISABETTA 3367020751 az.agricoladipierro@libero.it
MASSERIA DIDATTICA MASSERIA PETRELLI CONTRADA PETRELLI 334 1299809 info@masseriapetrelli.it
B&B DONNA ANNA VIA VITTORIO VENETO, 51 3383712292 info@donnaanna.net
LUXURY SUITE PASITEA VIA ROMA, 24 379 177 2358 info@pasitealuxurysuite.com
HOTEL MASSERIA SANPOLO VIA CASALABATE 393 817 9147

ATTIVITÀ ECONOMICHE

A Trepuzzi l’analisi ha individuato 27 attività del settore della ristorazione (Ristoranti, pizzerie, bar, pub, pasticcerie…), 3 del settore dell’ospitalità (Hotel, b&b, case vacanze…), 10 del settore della produzione agroalimentare (Cantine, oleifici…) e 2 del settore dell’artigianato artistico.

PIATTI E PRODOTTI TIPICI

CECORA RESTA UTATA
A Trepuzzi il giorno della festa di San Raffaele (che si festeggia la quarta domenica di ottobre) si prepara questa ricetta tipica. Il piatto è un’unione tra un ingrediente povero come la cicoria selvatica (facilmente reperibile passeggiando per le campagne) e ingredienti più nobili come la carne di maiale.

Cecora resta (cicoria selvatica)
Cipolla
Sedano
Carota
Prezzemolo
Pomodoro
Carne di maiale
Formaggio piccante (tipo Rodez)

Sbollentare le “cecureddhre” e preparare a parte un brodo unendo cipolla, sedano, carota, prezzemolo, pomodoro e carne di maiale. Successivamente unire le “cecureddre” con il brodo e i pezzetti di carne e “otare” (girare) con il formaggio.

PRINCIPALI LUOGHI DI INTERESSE STORICO ARTISTICO E CULTURALE

CHIESA DI MARIA SANTISSIMA ASSUNTA IN CIELO
È la chiesa madre di Trepuzzi e risale ai primi anni del XVII secolo. Originariamente era intitolata a san Pietro Apostolo; la dedicazione alla Madonna Assunta avvenne solo a partire dal 1792. La chiesa fu eretta nel 1603 su una costruzione preesistente, di dimensioni più piccole. Presenta una nuda facciata a coronamento orizzontale, modellata solo da alcune larghe lesene ed aperta da un portale timpanato. Il portale d’ingresso è sormontato da una finestra lobata tardo-settecentesca. Il campanile, costruito in sostituzione di quello antico, venne realizzato in forme barocche tra il 1921 e il 1928. L’interno, a croce latina con una sola navata, è suddiviso in quattro campate scandite da brevi cappelle. L’altare maggiore, consacrato nel 1925, è adorno di una grande tela raffigurante l’Assunzione di Maria, realizzata nel1766 per volontà del sindaco Marco Rampino.

CAPPELLA DELL’ASSUNTA
Edificata tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo e completamente rinnovata nel XVIII secolo. Ad essa è legato il tradizionale miracolo della liberazione del paese da alcune piraterie francesi[non chiaro], avvenuto il 12 aprile 1799, per intercessione della Madonna Assunta.

CAPPELLA DELLE ANIME SANTE
Edificata nel 1912 per opera dei confratelli della confraternita delle Anime Sante del Purgatorio.

CAPPELLA DI SAN GIUSEPPE PATRIARCA
Di proprietà della famiglia Petrucci, costruita per volere del sacerdote Giuseppe Petrucci nella seconda metà del XVII secolo.

CAPPELLA DI SANT’ANTONIO ABATE
Risalente al XVII secolo e originariamente appartenente all’Ordine costantiniano, del quale rimane l’emblema sulla porta d’ingresso. Ospita un pregevole dipinto murale.

CAPPELLA DI SANTA CROCE
Risalente alla seconda metà del XVII e sede della confraternita del SS. Sacramento, dal 2 marzo 1858.

CHIESA DELLA PURIFICAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Menzionata per la prima volta nella visita pastorale di monsignor Luigi Pappacoda nel 1640, dalla quale si evince che era sede della confraternita della Purificazione istituita nel 1633 secondo le regole dei Gesuiti. Fu riedificata e portata a termine nel 1747. La facciata, racchiusa fra due lesene lisce, presenta un semplice portale timpanato e una finestra rettangolare, e termina con un coronamento a volute, sormontato da una croce in carparo, che inquadra una nicchia vuota. L’interno, ad una sola navata con volta a botte lunettata, è ritmato da alte lesene. Sull’altare maggiore figura la tela tardo-seicentesca della Presentazione di Gesù al Tempio, e superiormente in asse con questa, l’ovale raffigurante Sant’Ignazio di Loyola. Ai lati dell’altare vi sono inoltre le tele riproducenti la Presentazione della Beata Vergine Maria e la Natività di Maria, opere settecentesche di Pietro Pasquale Martena.

CHIESA DI MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA
Eretta nel 1883 e sede di parrocchia dal 1962 al 2003 quando il titolo è stato traslato alla nuova chiesa della Santa Famiglia. Presenta una facciata in pietra leccese di gusto neoclassico, caratterizzata da quattro grandi colonne ioniche.

CONVENTO DI SANT’ELIA
Il Convento di Sant’Elia (noto ai più come Monastero di Sant’Elia) sorge su un’amena altura in località Terenzano in agro di Trepuzzi e dista due chilometri da Squinzano tre chilometri da Campi Salentina e cinque chilometri da Trepuzzi. Nella “Relazione dello stato de’ conventi de’ fr. Min. Cappuccini della Provincia d’Otranto” del 1650, si dice che il Convento di Sant’ Elia “fu edificato ad istanza delle terre di Campie e di Squinzano, le quali ambedue, con le loro elemosine, lo fabricorno et eressero secondo la povera forma cappuccina” Risale infatti al 1575 il consenso dell’ordinario Diocesano, Monsignor Annibale Saracino alla costruzione del Convento che nei primi anni ebbe solo funzione di semplice ospizio, per poi essere ufficialmente annoverato tra i Conventi di Terra d’Otranto nel 1584. Un grosso intervento di ampliamento, tutt’oggi visibile, fu realizzato nel 1758, allorquando il Vescovo di Lecce, Alfonso Sozi Carafa, ritenne il sito idoneo ad ospitare una sua residenza temporanea, ritenendo il luogo adatto alla meditazione e alla preghiera. Egli chiese ed ottenne dai superiori dell’ordine, di costruire a sue spese, un “casino” come residenza occasionale, con alcune condizioni: il “casino” doveva servire solo per la villeggiatura del Vescovo e dei suoi successori, assistiti dai soli domestici con l’esclusione però di ogni altro secolare; in assenza o morte del Vescovo pro tempore i commissari o gli amministratori apostolici non potevano godere di alcun diritto di residenza. Nell 1783, alla morte del vescovo Sozi Carafa, la sede episcopale di Lecce rimase vacante per nove lunghi anni, e la residenza episcopale di Sant’Elia rimase abbandonata subendo notevoli danni. Solo nel 1792, con l’elezione del nuovo Vescovo Salvatore Spinelli, il fabbricato venne risanato e stipulata una nuova convenzione tra il Vescovo e la comunità religiosa, convenendo che il casino fosse consegnato alla comunità dei frati, la quale era obbligata ad abitarlo e custodirlo senza apportare alcuna modifica. Con l’ordinanza Napoleonica del 7 agosto 1809 a cui fecero seguito le leggi repressive di Gioacchino Murat, i commissari governativi costrinsero i religiosi ad abbandonare la casa, i quali si rifugiarono nel vicino convento di Campi Salentina risparmiato dalla chiusura. Il sito passò prima nelle mani del Demanio e successivamente di privati e venne utilizzato per i più svariati scopi passando da ricovero per il bestiame ad accampamento delle forze alleate sul finire della seconda guerra mondiale. Una ventina di anni fa finalmente ritornò di proprietà pubblica e fu acquistato dai Comuni di Squinzano, Campi Salentina e Trepuzzi che iniziarono attività di recupero e restauro mai però completati tanto che purtroppo ancora oggi si trova in situazione di semi abbandono e soprattutto preda di vandali che continuano a deturpare ciò che con enormi sforzi economici si riesce a recuperare.

BIBLIOTECA COMUNALE
La Biblioteca Comunale venne istituita nel 1963 (deliberazione della G.M. n. 329 del 12-8-1963) su sollecitazione del Ministro della Pubblica Istruzione, che si proponeva, attraverso un servizio nazionale di lettura, di combattere l’analfabetismo. Il 3 giugno 1965, la Biblioteca venne aperta al pubblico (deliberazione G.M. n. 203 del 3-6-1965). La sua dotazione libraria era di 283 volumi. Nel 1978, essendo venuti a cessare i compiti e le funzioni del servizio Nazionale di Lettura, in attuazione di una legge di tre anni prima, la Biblioteca divenne COMUNALE (Legge n. 382 del 22-7-1975).

CASE A CORTE
Le abitazioni a corte sono situate nell’isolato delimitato da C.so Umberto, via Assunta e via San Giuseppe, zona più antica del paese. La corte ha funzione di filtro tra abitazione e strada e da questa è separata da un portale più o meno decorato in base alle caratteristiche economico-sociali dell’utente. Le abitazioni intorno alla corte sono caratterizzate da un fronte stretto e le stanze si dispongono una dietro l’altra. La scarsa dimensione della casa, in proporzione degli abitanti, porta ad un particolare uso degli spazi esterni, in cui si svolge l’attività domestica. Questa struttura rappresenta quella realtà urbana, i cui caratteri sono propri di una civiltà contadina. Tra le corti di Trepuzzi si distingue la “Curte Longa” per la sua testimonianza sul vecchio modo di costruire e per il settecentesco arco d’ingresso in carparo, realizzato con conci lavorati a punta di diamante.

PALAZZO BARRILE-SPINELLI
Comunemente chiamato Castello Nuovo, è una residenza fortificata, voluta dai Condò, feudatari di Trepuzzi, agli inizi del XVII secolo e abitata poi nel XVIII secolo dai duchi Carignani. Nel 1887 il palazzo ha subito restauri ed ampliamenti che ne hanno modificato l’aspetto originario. Presenta una sobria facciata con un elegante portale bugnato, finestre e una lunga balconata. L’edificio, di pianta trapezoidale, si articola intorno ad un cortile quadrangolare, e presenta una struttura a due livelli. Di pertinenza del palazzo è la cappella dedicata ai santi apostoli Giacomo e Filippo, eretta per devozione di Gian Domenico Condò di Lecce prima del 1640.

PALAZZO BIANCO
Sede municipale, fu costruito nel XIX secolo. L’edificio, realizzato in carparo, si sviluppa su due livelli ed è ornato da decorazioni scultoree. La facciata principale, con capitelli, presenta una bifora centrale sormontata dallo stemma di Trepuzzi e finestre timpanate ai lati. Sopra di esse corrono un fregio e un cornicione finemente decorati. Gli intagli, i capitelli e le strutture architettoniche sono opera del trepuzzino Adamo Miglietta. L’interno, con copertura a volta a spigolo, presenta dei dipinti in stile liberty, eseguiti dal pittore salentino Oronzo Pistone nei primi anni del Novecento.

PALAZZO PETRUCCI
Edificato a partire dal XVI secolo, il palazzo è ubicato nel nucleo antico del paese, accanto alla chiesa Madre. L’edificio, in carparo, si articola in due corpi. Sulla facciata principale si apre una portale bugnato con arco a tutto sesto, sormontato dallo stemma della famiglia Petrucci-Giugni e arricchito da mensole decorate con motivi naturalistici. Al primo piano è presente una loggia con balaustra lapidea impostata su mensole scolpite. L’interno ospita la biblioteca privata della famiglia, nella quale si raccolgono libri editi in un periodo compreso tra la seconda metà del XVI e l’inizio del XX secolo. Si tratta per lo più di opere di argomento giuridico-legislativo e storico-umanistico.

MASSERIE DEL TERRITORIO A NORD DI LECCE

Il territorio compreso tra Lecce-Squinzano-Casalabate e S. Cataldo era, un tempo, occupato da estesi possedimenti feudali per la maggior parte di proprietà di ordini religiosi. Aurio, Cerrate, S. Marco, S. Ligorio e il feudo di S. Giovanni o dell’Abatessa non erano soltanto entità geografiche ma fonti di cospicui guadagni. Su questi feudi si organizzò, a partire dal XV secolo, un fitto tessuto insediativo costituito prevalentemente da masserie fortificate, un sistema abitativo dello spazio rurale che per secoli ha dovuto fare i conti con le sanguinose e terrorizzanti incursioni piratesche. La fitta boscaglia a ridosso del cordone dunale (la foresta di Lecce) costituiva un sicuro nascondiglio per i pirati turchi che approdavano sulla costa adriatica salentina, e da quella fitta leccese gli assalti alle numerose masserie erano continui ed immediati.

PRINCIPALI EVENTI FESTE PATRONALI MERCATI E SAGRE

FESTA DELL’ASSUNTA
A Trepuzzi la festa patronale è dedicata alla Madonna dell’Assunta, l’annuale esplosione di luci e colori che richiama tutta la comunità in piazza a vivere ritualità e appuntamenti civili. La magia della festa è rappresentata dalle luminarie, dai prodotti tipici, dai fuochi pirotecnici e dall’ospite d’eccezione: la banda da giro nella cassa armonica. I festeggiamenti sono caratterizzati, infatti, dalla commistione delle bande musicali e il festival Bande a Sud.

FESTA DI SAN RAFFAELE ARCANGELO
È una festa tradizionale che si rinnova ogni anno nella quarta domenica di ottobre. San Raffaele Arcangelo, protettore dei viaggiatori, viene onorato con processione e festeggiamenti civili e religiosi che coinvolgono l’intera comunità. Alla celebrazione religiosa si affianca la Fiera degli animali e del bestiame e la degustazione di prodotti tipici locali.

MARTEDÌ MERCATO SETTIMANALE
DOMENICA DOPO PASQUA FIERA DELLA MADONNA DEI MIRACOLI
GIOVEDÌ (DAL 15/06 AL 30/09) DOMENICA (DAL 1/10 AL 15/06) MERCATO SETTIMANALE – CASALABATE

PUNTI DI INFORMAZIONE TURISTICA

PRO LOCO CASALABATE MARINA DI TREPUZZI
PIAZZA LECCE, 1 – CASALABATE
prolococasalabatetrepuzzi@gmail.com

 

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURE INDIRIZZO DESCRIZIONE
STRADA STATALE 7 ter Salentina
STRADA STATALE 16 Lunghezza 1001 km collega Padova a Otranto percorrendo numerosi Capoluoghi di Provincia
STRADA STATALE 613 BRINDISI-LECCE Uscita Trepuzzi-Squinzano (km 22,8)
STRADA PROVINCIALE 694 Tangenziale Ovest di Lecce
STRADA PROVINCIALE 15 Trepuzzi-Novoli-Veglie
STRADA PROVINCIALE 92 Trepuzzi-Surbo
STRADA PROVINCIALE 230 Trepuzzi-Campi Salentina
STRADA PROVINCIALE 296 Trepuzzi-intersezione Strada Provinciale 100 Squinzano-Casalabate
STRADA PROVINCIALE 357 Ex Strada Statale 16 Squinzano-Trepuzzi
STAZIONE FERROVIARIA VIA STAZIONE Stazione Ferroviaria della linea Adriatica, conta due binari dotati di pensilinae collegati tramite sottopassaggio
Società Trasporti Pubblici di Terra d’Otranto s.p.a. Autolinee che collegano differenti tratte
FSE Autolinee che collegano differenti tratte
ITINERARIO NATURALISTICO – ARCHEOLOGICO DELLA VALLE DELLA CUPA Lunghezza 34,3 Km, parte da Masseria Petrelli (SQUINZANO) e passa per Trepuzzi (Serra e Monastero di sant’Elia)

ATTIVITA’ ECONOMICHE

PRODUZIONE AGROALIMENTARE

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
AZIENDA AGRICOLA La Vinolearia Di Miglietta A.S.E Figli Sas Via Edificio Scolastico, 2 0832 757534 gmiglietta2000@yahoo.it
OLEIFICIO OLEIFICIO MONGIÒ VIA LABRIOLA – PUNTO VENDITA VIA CALVARIO, 16 0832 756230 oleificiomongio@libero.it
FRANTOIO Oleificio Cooperativa Trepuzzi Via Kennedy, 98 0832.757598
AZIENDA AGRICOLA AZIENDA AGRICOLA CLEMENTE PEZZUTO DI PEZZUTO FRANCESCO via stazione 35 francesco.pezzuto@pec.agitel.it
PANIFICIO INGALLO TONIO via g. Carducci 52 0832/753609
ENOTECA LA DIMORA DEI VINI VIA GAETANO BRUNETTI, 23 328 1627549
OLEIFICIO RAMPINO DR. COSIMO OLEIFICIO S.A.S VIA J. F. KENNEDY, 106 0832 757046
PANIFICIO ANTICHI SAPORI Via Torquato Tasso, 11 0832/755969 panificiosederino@pec.it
RISTORAZIONE

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
RISTORANTE La Graticola Da Donato Di Leo Annunziato Via Sant’Angelo, 110 0832 756325 lagraticola1@alice.it
RISTORANTE Al Rusticone Largo Margherita, 71 0832 755288
RISTORANTE / B&B La Locanda Degli Dei / Il faraone Via Kennedy 91 328 896 0581 fermargi@libero.it
RISTORANTE Pizzeria Dark Angel Via Sant’Angelo, 64 0832 758348
RISTORANTE Pizzeria Mare Chiaro Di Ingallo Paolo Massimo LARGO MARGHERITA, 38 0832 755949
RISTORANTE Pizzeria Ristorante Felix Di Ranieri Giuseppe Via Campi, 73019 328 8960581 felixtrepuzzi@libero.it
RISTORANTE Ristorante La Finestra Sul Canale Di Italiano Elena 120 Via Giovanni XXIII 0832 755916
BAR ABSOLUTE CAFE’ CORSO UMBERTO I 84
PIZZERIA – ROSTICCERIA AL RUSTICONE LARGO MARGHERITA 71 0832 755288
BAR BAR AVIO LARGO MARGHERITA 1 347 504 8114
BAR BAR DEL CORSO PIAZZA MUNICIPIO 16 338 405 7597
BAR BAR DES AMIS VIA PAPA GIOVANNI XXIII 18 338 405 7597
BAR BAR LA VILLA LARGO MARGHERITA 125 338 405 7597
BAR BAR MARLYSA CORSO UMBERTO I 93
BAR BAR SELENE VIA KENNEDY, 74
BAR, BIRRERIA BEEROZZA LARGO MARGHERITA 34 320 972 2167
PIZZERIA E BRACERIA DARK ANGEL VIA PAPA GIOVANNI XXIII 117 0832 758348
BAR BAR STAZIONE PRESSO STAZIONE FERROVIARIA 0832753147
PIZZERIA ITALIA 90 VIA LARGO MARGHERITA 45 0832 760107
RISTORANTE, PIZZERIA AL CAPPELLAIO MATTO VIA DON BOSCO ANG. VIA PEPE SNC 0832 753147
GELATERIA, PASTICCERIA E ROSTICCERIA. PASTICCERIA A.S. VIA PAPA GIOVANNI XXIII 72 320 266 0405
BAR Bar Royal Largo Cairoli, 4 0832 757085
BAR Bar De Revel Di De Lorenzis Cosimo Via Thaon de Revel, 79 0832 755080
BAR Bar Stazione Via Stazione, 50 0832 757731
BAR GOLD BAR MUSIC RESTAURANT VIA KENNEDY
BAR LA DOLCE VITA LARGO MARGHERITA, 59 0832 755914 ladolcevita8176@pec.it
RISTORANTE MASSERIA PEZZUTI STRADA PROVINCIALE CAMPI – TREPUZZI 328. 3204204
RISTORANTE / PIZZERIA LU PUZZU FIUMARU VIA SAN GIUSEPPE, 28 0832. 760228
OSPITALITA’

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
AGRITURISMO / RISTORANTE MASSERIA PROVENZANI STRADA PROVINCIALE 236 – VIA PROVENZANI N°102, I-73100 CASALABATE (LE) 335/8187858 info@masseriaprovenzani.com
B&B LA CASA DI CHIA DI CHIRIZZI ANASTASIA VIRGINIA CORSO UMBERTO I 39
B&B L’EDERA VIA PRINCIPESSA JOLANDA 1
RESORT CASTLE ELVIRA VIA ANDRANO 0832 177 82 59 info@castleelvira.com
ARTIGIANATO ARTISTICO

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
ARTIGIANATO ARTISTICO MASSIMO MIGLIETTA Via Papa Giovanni XXIII 347/9341080 erthasma@alice.it
ARTIGIANATO ARTISTICO MASCIALINO PAOLA GIOVANNA Via Dante Alighieri, 61 0832 755700

ATTIVITÀ ECONOMICHE

A Novoli l’analisi ha individuato 25 attività del settore della ristorazione (Ristoranti, pizzerie, bar, pub, pasticcerie…), 20 del settore dell’ospitalità (Hotel, b&b, case vacanze…), 6 del settore della produzione agroalimentare (Cantine, oleifici…) e 1 del settore dell’artigianato artistico.

PIATTI E PRODOTTI TIPICI

GNOCCULI DI SANT’ANTONIO
La festa di Sant’Antonio Abate è una festa di “magro”. L’uso della carne è interdetto sia il giorno della vigilia che il giorno propriamente dedicato al santo, cioè il 17 gennaio. Per questo motivo, in entrambi i giorni viene consumato solo pesce. Il piatto principale della vigilia sono gli gnocculi, pasta fresca fatta solo con acqua e farina, che viene condita con un ricco sugo di pesce.

Ingredienti per 4 persone

Per la pasta
500 g di farina
qb acqua
1 pizzico di sale

Per il condimento
500 g di cernia
1 scorfano
4 calamari
600 g cozze nere
1 spicchio d’aglio
1 ciuffo di prezzemolo
740 ml di passata di pomodoro
1 rametto di origano
qb sale e pepe
qb olio extravergine di oliva

Mettere la farina e fontana su una spianatoia e impastarla con l’acqua e un pizzico di sale, lavorandola fino ad ottenere un impasto omogeneo e abbastanza duro. Farlo riposare per un’oretta. Tagliarlo a pezzi, ricavando per ciascun pezzo un bastoncino sottile, che poi verrà tagliato in tocchetti della grandezza di poco più di un cm. Pizzicare al centro i tocchetti tra pollice e indice e metterli da parte su un panno, cospargendoli di farina perché non si attacchino.
Preparare il condimento: in un tegame far imbiondire l’aglio in 3 cucchiai d’olio extravergine di oliva. Calare nel tegame il pesce, tenendo conto dei relativi tempi di cottura: prima la cernia e i calamari, poi lo scorfano ecc., facendolo cuocere a fiamma bassa. A metà cottura, aggiungere la passata di pomodoro e gli altri odori, salare leggermente e far andare. Qualche minuto prima di terminare la cottura, calare nel sugo le cozze, sgusciate in precedenza, e la loro acqua di cottura. A cottura ultimata, prelevare il pesce dall’intingolo con una schiumarola. Intanto, lessare gli gnocculi in acqua bollente precedentemente salata, scolarli e condirli con la salsa. Porzionarli nei piatti, distribuire su ciascuna porzione il pesce, rifinendo con del pepe nero macinato fresco e del prezzemolo tritato.

PRINCIPALI LUOGHI DI INTERESSE STORICO ARTISTICO E CULTURALE

CHIESA DELL’IMMACOLATA
La più antica chiesa di Novoli e la prima parrocchiale, in quanto tale prima della costruzione della chiesa dedicata a Sant’Andrea Apostolo. Al suo interno si conserva in particolare un importantissimo affresco bizantineggiante, un’icona della Vergine Odegitricia rinvenuta nella Cappella della Mater Dei (come veniva chiamata anticamente) nel 1865, immagine tra l’altro raffigurata per alcuni periodi di tempo sullo stemma cittadino. L’affresco, collocato cronologicamente nei primi decenni del XIV secolo, rappresenta la Madonna con il Bambino con ai lati i monogrammi in lingua greca MP e OY ai lati del volto di Maria, e IC e XC a destra della figura del Bambino (il sovrintendente, architetto Riccardo Mola, lo definì “di pregevole valore”). La cappella risulta importante anche per un altro frammento di affresco rinvenuto nel 1951, raffigurante come figura principale una donna e come secondaria un angelo, entrambi con l’aureola ed il segno della croce in testa. Questo frammento, posizionato sulla facciata esterna del muro sul quale è effigiata la Vergine, è considerato opera della stessa mano anche se meno importante se paragonato al primo. Venne intitolato “Ospitalità di Abramo” (così come documentato nella relazione di una perizia tecnica commissionata dal Mons. Francesco Pellegrino), ma ancora oggi non si conosce con certezza la veridicità del titolo, visto anche diversi studi ancora oggi in corso. Nel 1889 l’Immacolata divenne sede del Terz’Ordine Francescano, il quale nel 1921 contava 765 consorelle, 19 confratelli, 35 novizi ed 8 sacerdoti; oggi appartiene alla Parrocchia Sant’Andrea Apostolo.

CHIESA DELLA MADONNA DEL PANE
Pare sia stata costruita agli inizi del XVII secolo in una località denominata “cuneddha” (dal nome del muretto su cui era affrescata l’immagine della Madonna), anche se ufficialmente è descritta per la prima volta nella Visita Pastorale del 1746. Proprio in quella occasione, infatti, si precisava la chiesa dedicata alla Vergine di Costantinopoli si presentava con una sola navata e tre altari, quello maggiore con una nicchia in pietra con l’immagine della Madonna di Costantinopoli disegnata sul muro e quelli laterali dedicati rispettivamente a San Marco e Sant’Agostino. Fu nel 1853 che la cappella della Madonna di Costantinopoli portò per la prima volta la denominazione “Maria Ss. del Pane”, come evidenziato nei verbali della santa Visita Pastorale che riportavano anche “la necessità di registrare una relazione di tanti fatti prodigiosi scritta dal Rev. D. Vincenzo Tarantini”. I fatti in questione si riferivano alla leggendaria apparizione della Vergine ad una popolana di nome Giovanna avvenuta nel 1707; la Madonna apparve a Giovanna proprio nella località dove fu eretta la cappella (“cuneddha”), per darle quel pane miracoloso che avrebbe debellato una mortale epidemia che imperversava allora nella comunità. Dalla fine dell’800, poi, il titolo Madonna del Pane comparve sempre più spesso, fino a diventare l’unico titolo della Santa Protettrice di Novoli; Fu Mons. Zola (nella S. Visita Pastorale del 1880) a ricordare che il clero di Novoli solennizzava la protettrice la terza domenica di luglio. All’interno della chiesa (in fondo alla navata sinistra) è presente la statua della Vergine, opera dell’artista Luigi Guacci; il simulacro è accolto da un’edicola di marmo dal luglio del 1930, dopo che un incendio sviluppatosi dalla caduta di un cero (26 aprile 1929) distrusse la vecchia statua e danneggiò il tempio.

CHIESA DELLA VERGINE DEL BUON CONSIGLIO
Costruita nel 1842 da Donna Marianna Tarantini e aperta al culto nel 1845, dopo la costruzione della dote. “La Tarantini costituì un legato con la rendita di 8 ducati e 99 grani, derivante dai fondi Valentini e Maria Piccinna”. Il primo dei legatari, che dovevano essere tutti eredi in linea maschile dei Tarantini, fu il nipote Pietro, il quale fra l’altro, doveva festeggiare la Madonna del Buon Consiglio con una novena ed una messa solenne in canto il 26 aprile di ogni anno”. Attualmente la cappella è di proprietà della famiglia.

CHIESA DI SAN BIAGIO
Nel 1883 fu rasa al suolo e ricostruita. Il corpo originario della chiesa fu costruito intorno al 1645, anche se questa verso la fine dell’800 fu ricostruita visto lo stato in cui versava, “rovinata dall’umidità […] sospesa ed abbandonata”. Nel 1883, infatti, i sacerdoti D. Luigi Francioso e D. Salvatore Parlangeli decisero di far radere al suolo quella esistente e ricostruirne un’altra “con mezzi propri e con qualche tenue offerta dei fedeli”, mentre nel 1890 D. Pasquale De Matteis donò una casa da adibirsi a sagrestia. Attualmente la cappella appartiene alla Parrocchia Sant’Andrea Apostolo.

CHIESA DI SAN SALVATORE (OGGI DI SANT’ORONZO)
Fu costruita a forma ottagonale su ispirazione del gesuita Bernardino Realino negli anni settanta del XVI secolo e fatta edificare da Filippo II Mattei, il quale proprio in quegli anni faceva innalzare la Chiesa nuova in via Libertini a Lecce. All’interno della cappella dedicata al santissimo Salvatore, si conserva il pregevole altare lapideo fatto costruire da Alessandro Mattei nel 1704 a Giuseppe Cino (che ha lasciato incise le sue iniziali), noto scultore e decoratore del barocco leccese. Sul muro esterno a sinistra dell’ingresso si intravede una croce detta “l’orologio te li ‘ntichi” poiché secondo un’antica tradizione è una meridiana ideata forse da Frate Lorenzo di S. Maria de Novis, noto come l’autore di una carta geografica di Terra d’Otranto andata perduta. Il tempio, a pochi metri dalla Chiesa Matrice dedicata a Sant’Andrea Apostolo, si presenta con un’ insolita pianta ottagonale e con un’epigrafe latina, sormontata da una croce, sulla porta d’ingresso (“Hoc sacellum/Salvatori et Maria/…Tiarum […]/Dicatum”). Affascinante è la volta “ad ombrello”, che rimanda alla soluzione adottata sull’abside della Chiesa di S.Croce a Lecce. Proprio per tali ragioni la chiesa va assegnata probabilmente alla scuola dell’architetto-scultore leccese Gabriele Riccardi.

CHIESA DI SANT’ANTONIO ABATE
Il corpo originario della chiesa è anteriore al 1640, anno in cui fu demolita l’angusta fabbrica precedente, per erigerne una nuova grazie alle offerte dei fedeli novolesi;. Tale notizia si ricava dagli archivi della Prima Visita Pastorale di Mons. Luigi Pappacoda, il quale nella ricognizione canonica del 18 maggio 1640 registra la chiesa dedicata al santo Patrono di Novoli come un “olim sacellum, nunc ampliatum” (piccolo tempietto). La nuova chiesa (che poi risulta essere l’attuale, soggetta a parecchie modifiche ed ingrandimenti, oltre che ad opere di restauro negli ultimi anni) fu aperta al pubblico culto nel 1662. Lo stato attuale risale ad un periodo compreso a fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX: l’impianto a tre navate, per esempio, il coro innalzato su disegno di Vincenzo Politi, l’altare del Crocefisso, l’altare maggiore in marmo (fatto arrivare da Napoli dal duca Felice Carignani) e la statua in cartapesta di Sant’Antonio Abate (collocata nell’omonima nicchia all’interno del cappellone in fondo alla navata sinistra) sono frutto dei lavori di modifica conclusi nel 1885. La chiesa divenne parrocchiale il 26 febbraio 1931. La facciata della chiesa, preceduta da una scalinata con annesso piazzale, presenta uno stile neoclassico scandito da quattro paraste con capitelli dorici sovrastate da un timpano triangolare nel mezzo del quale è presente un orologio donato nel 1930 dal rettore Don Carlo Pellegrino. La porta d’ingresso mostra i battenti in bronzo istoriati dai Fratelli Lani, così come gli ingressi delle due navate laterali che sono più basse ed arretrate. Sul lato sinistro, in posizione arretrata rispetto alla facciata, infine, vi è l’alto campanile edificato nel 1937 dall’architetto Cino Mazzotta che riprendere, nella massima semplicità, le linee architettoniche della facciata.

CHIESA DI SANT’ANDREA APOSTOLO
Probabilmente fu eretta verso la metà del 1500, visto che la più antica notizia in cui è riportata è il libro dei battezzati che inizia dal 6 gennaio 1571; proprio a quell’epoca, avendo Novoli raggiunto un migliaio di abitanti, si avvertì il bisogno di erigere un luogo di culto più grande ed accogliente della Chiesa dell’Immacolata. La Chiesa è stata sempre dedicata a S.Andrea Apostolo anche se nei registri parrocchiali viene sempre indicata come chiesa matrice o parrocchiale “Terrae Sanctae Mariae de Novis”. La chiesa parrocchiale (interessata da alcuni anni da una serie di interventi di restauro) si presenta con una facciata a vela, a due ordini raccordati da volute laterali sormontate da angeli; il portale, invece, è fiancheggiato da colonne corinzie che recano scolpita sui capitelli l’aquila ad ali spiegate, motivo che riprende lo stemma dei Mattei. Sullo stesso si notano un finestrone mistilineo ed una statua della Madonna con Bambino affiancata da due angeli. Sulla sinistra della facciata, infine, in posizione arretrata, si erge campanile innalzato nella seconda metà del Settecento, la cui trabeazione è interrotta, così come altri campanili del territorio salentino.

CHIESA DI SANTO STEFANO (OGGI DI SAN GIUSEPPE)
Fu benedetta e dedicata a San Giuseppe il 7 giugno 1885 da Mons. Zola, anche se l’origine è annosa e non molto conosciuta. Già nel 1866 la chiesa, antica e molto piccola (appena 37 palmi di lunghezza e 17 di larghezza) fu interessata da lavori di ampliamento; “i deputati, con il consenso della Curia e del Consiglio Comunale demolirono due altari posti ai lati della porta d’ingresso e ne costituirono uno solo, dedicato alla Vergine delle Grazie, con ai lati i quadri di San Giuseppe e del Crocefisso”. Nel 1880, ancora, fu ampliata dalla Confraternita di San Giuseppe e della Buona Morte, grazie ad un privato che donò il suolo per la sagrestia e al Comune che invece concesse lo spazio per ingrandirla sul davanti. Attualmente la cappella, appartenente alla Parrocchia Sant’Andrea Apostolo, presenta centralmente l’altare maggiore con ai lati, in posizione più avanzata rispetto a questo, due nicchie contenenti i simulacri di San Giuseppe e della Madonna delle Grazie.

CHIESA E CONVENTO – VILLA CONVENTO
Entrambi dedicati alla madonna delle Grazie, furono edificati verso la metà del XVI secolo. La chiesa, coi i suoi sette altari (un altare maggiore e sei minori, dedicati alla Madonna del Rosario, alla Madonna dei Fiori, alla Madonna di Costantinopoli, a Sant’Onofrio, a S. Domenico e alla Circoncisione di Gesù, tutti ornati di affreschi e di quadri), era provvista di un chiostro, un dormitorio di sedici celle, giardino e refettorio. Durante l’occupazione militare, il convento fu ceduto dal Re al Vescovo di Lecce, Mons. Nicola Caputo (1818-1862) che, a sua volta, lo diede in enfiteusi (diritto di godimento perpetuo o della durata non inferiore ai 20 anni) all’Ing Antonio De Pandis, il quale ne modificò la destinazione originaria, suddividendolo dapprima in ville e fattorie e, successivamente, destinandolo a fabbrica di tabacchi orientali.

CHIESA E CONVENTO DEI PADRI PASSIONISTI
L’idea della costruzione di un convento che ospitasse la comunità passionista nacque nel 1876 circa, dopo la missione popolare tenuta dai padri Attanasio, Carlo e Francesco; fu l’arciprete D. Oronzo De Matteis a chiedere la presenza di almeno due padri passionisti all’interno della comunità novolese al padre Generale della Congregazione, il quale rispose che “bisognava trovare un luogo ed abitazione in solitudine che possa servire ad un regolare Ritiro dei Passionisti”. Passò pochissimo tempo, in poco più di trent’anni si edificò il rifugio: la prima pietra della fabbrica progettata dall’ingegnere novolese Francesco Parlangeli fu posta l’8 dicembre 1887 solennemente benedetta da P. Anselmo Religioso Passionista, su un terreno donato dai germani Mazzotta; la grande chiesa in stile gotico fu consacrata dal Vescovo di Lecce Mons. Gennaro Trama il 12 agosto 1906 e venne completata nell’ottobre 1909 con l’opera di edificazione del campanile, su quale venne collocata una “campana grande del peso di quattro quintali benedetta nel 1905 dal vescovo Trama ” posizionata accanto a “quella piccola esistente fin dalla fondazione del convento”. La Chiesa “Cuore Immacolato di Maria” si presenta come uno straordinario gioiello di stile ed arte gotica, inquadrato soprattutto nella facciata dominata dal portale sormontato dal regolare timpano, dalle guglie perfettamente eseguite e dal finestrone circolare ornato di membrature ed intrecci di archi polilobati. All’interno (da notare l’immensa pala con raffigurato il Cuore immacolato di Maria) si presenta con un’unica navata, anche se tre arcate per lato danno l’impressione della presenza di navate laterali occupate da altari (importanti quelli laterali in marmo policromi originali) e confessionali (alcuni riprendono li linee architettoniche della chiesa). La chiesa della comunità passionista, oggi, appare ben diversa dalla sua fondazione visto che nel tempo è stata sottoposta a diverse modifiche ed opere di restauro: si ricorda, in particolare, quelle dirette dall’architetto Cino Mazzotta nel 1968 (anno in cui la comunità novolese accolse le venerate reliquie del fondatore San Paolo della Croce) che modificarono il presbiterio e l’altare centrale e la recentissima opera di restauro del 2005. In quell’occasione, oltre ad importanti opere di consolidamento statico, è stata cambiata l’intera area absidale e sostituito l’altare disegnato dal professor Valeriano Tondo e realizzato dal maestro novolese Franco Spedicato, il quale fu consacrato solennemente da S.E. Arcivescovo Cosmo Francesco Ruppi il 20 ottobre 2005. In occasione dell’edizione 2006 dei festeggiamenti in onore di San Paolo della Croce la chiesa annessa al Convento dei Padri Passionisti di via Campi ha festeggiato il suo primo centenario.

CHIESA MONASTERO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
La chiesa di Sant’Onofrio, annessa al convento affidato ai Padri Dominicani, fu fatta costruire nel feudo disabitato di Nubilo (o del convento) nel 1551 da Filippo I Mattei. Con la soppressione degli ordini religiosi sancita nel 1809, poi, i locali passarono al demanio pubblico e gli abitanti del feudo “furono abbandonati a se stessi dal punto di vista religioso e spirituale”. La situazione cambiò molti decenni dopo:il 22 settembre 1922 fu Mons. Trama, resosi conto che “adulti e fanciulli ignoravano le nozioni più elementari in materia di religione”, ad erigere la parrocchia di Maria Ss. del Buon Consiglio e nominare parroco D. Giuseppe De Luca. Così la baronessa Luisa Della Ratta “provvide alla congrua, offrendo il podere denominato Pizzo” e Vincenzo De Pandis donò l’antica chiesa di S.Onofrio, che entrò a far parte della nuova parrocchia. Due sono gli elementi di straordinaria bellezza: il suo portale, su cui sono presenti le armi dei Mattei (assegnato all’architetto scultore leccese Gabriele Riccardi) e l’affresco “Cristo di pietà” presumibilmente di epoca cinquecentesca, conservato ancora all’interno del Convento.

LA COLONNA DELL’OSANNA O SANNÀ
Ennesima testimonianza della presenza del Casato Mattei nel territorio novolese. Si tratta di una colonna in marmo sormontata da un capitello e da una croce “trifogliata” eretta presumibilmente nel 1692. Costituisce un monumento importante, perché è l’ennesima testimonianza della presenza del Casato Mattei nel territorio novolese; sulla colonna, sistemato sul lato sinistro della Chiesa di Sant’Antonio Abate (sull’omonima via), infatti sono rappresentati lo stemma della famiglia fondatore di Novoli, lo stemma del Comune di Santa Maria de Novis, la Madonna di Costantinopoli e Sant’Antonio Abate, quest’ultimi i Santi Patroni della comunità. Attualmente la colonna è stata compromessa a causa di una forte ondata di maltempo che ha investito il Salento il 26 settembre 2006; le forti raffiche di vento hanno danneggiato la particolare croce che, caduta da due metri d’altezza, è andata in frantumi.

PALAZZO BARONALE
Fu edificato agli inizi del XVI secolo dai baroni Mattei, legando così la sua storia alle vicende di questo casato che detenne il territorio per ben due secoli, dal 1520 al 1706. Testimonia sicuramente ciò l’edificazione del castello, fatto costruire da Paolo Mattei proprio in seguito all’impossessamento del feudo novolese; l’edificio divenne, successivamente, sede di una ricca biblioteca ad opera di Alessandro Mattei II noto come “grande umanista e mecenate”, il quale ospitò nel Palazzo Baronale il filosofo e medico di Leverano Girolamo Marciano che si servì della Biblioteca del Conte (“ricchissima di tanti libri che non ha pari nella provincia”) per completare la sua “Descrizione di Terra d’Otranto”. Verso la metà del ‘600 il palazzo fu ampliato e modificato, mentre le ultime trasformazioni furono volute dall’ultimo dei discendenti del Casato Mattei (il pronipote Alessandro III) che fece costruire nel 1700, una passeggiata scoperta nel cortile e la fontana opera di Giuseppe Cino (tutt’ora visibile all’interno del palazzo, al piano superiore). All’interno del castello, infine, sono rimasti agli angoli di una sala, alcuni stemmi di famiglie che hanno soggiornato: Della Torre, Pepoli, Malvezzi. Il quarto è andato perduto.

PALAZZO DELLA CAVALLERIZZA
È descritto nel catasto conciario del 1751. Sul Palazzo sono scolpiti gli stemmi dei Carignani, degli Alfarano-Capece, dei Della Torre e dei Mattei, che si ritrovano nella Chiesa di S. Maria degli Angeli a Lecce. All’interno del palazzo, restaurato recentemente, ha sede (dalla parte di via Matilde) la Saletta della Cultura “Gregorio Vetrugno” (Opificio comunale e sala conferenze).

TEATRO COMUNALE
Teatro comunale Il “progetto d’arte” per la costruzione del teatro comunale di Novoli risale al 15 maggio 1881 e fu stilato dall’ingegner Oronzo Bernardini di Lecce, ingegnere del Comune di Novoli che colto da morte improvvisa non potè nè firmarlo nè mai realizzarlo; per cui gli amministratori dell’epoca decisero di affidarlo all’ingegner Gaetano Capozza, così come evidenziato dalla delibera consiliare del 4 ottobre 1881. L’edificio fu costruito in un’area intermedia, in una posizione strategica tra il centro storico a “ridosso del palazzo baronale Plantera e la nuove vie in costruzione (Via G.B. Longo, Via San Giovanni)”, senza però rispettare il progetto originale del Bernardini (peraltro bocciato e respinto per irregolarità tecniche dall’Ufficio tecnico del Genio Civile). Il Teatro Comunale fu inaugurato nell’ultima decade dell’aprile 1891 con la Compagnia Almirante, riscuotendo diversi consensi di critica. Così annotava l’evento La Gazzetta delle Puglie: “Giorni fa si è inaugurato a Novoli, il Teatrino Comunale colla drammatica Compagnia Almirante, il quale ogni sera fa pienone[…] E siccome il Teatro è scuola di civiltà, così il Teatro di Novoli uno dei pochi in Terra d’Otranto, che abbiano un teatrino così interessante, deve essere lieto del suo avvenire e deve essere grato al signor Celestino Andrioli” (consigliere comunale che nel maggio 1881 propose “l’erezione di un pubblico teatro”). L’edificio, dal punto di vista architettonico ed artistico, costituisce a grandi linee una straordinaria “testimonianza di architettura tardo-neoclassica, con la conformazione interna a staffa con due ordini di palchi e un palcoscenico con quattro camerini per gli artisti”. La sua importanza è data anche dal fatto che, al momento della sua inaugurazione, rappresentava il primo e unico esempio nel Salento di edifico ad emiciclo totalmente isolato, che al suo interno rispecchiava in miniatura la struttura del teatro Paisiello di Lecce. Attualmente il teatro novolese è interessato da grossi lavori di restauro, che riguarderanno sia il consolidamento statico sia alcune sostanziali modifiche che lo renderanno agibile secondo le leggi previste in materia. Il Teatro Comunale di Novoli, inoltre, è inserito, insieme ad altri teatri pugliesi, all’interno del Progetto Transfrontaliero Adriatico Ar.Co nato in attuazione della Misura 2.1 del PO Interreg IIIA Italia – Adriatico, al quale partecipano diverse regioni italiane ed alcuni paesi dell’area adriatico-balcanica (Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia -Montenegro, Macedonia, Albania).

I FRANTOI IPOGEI
Si estendono nell’attuale zona cimitero, un tempo zona fertile, terreno di caccia dei Mattei. Uno dei più importanti ha sede all’interno della Masseria della Corte o Baronale; si tratta di un trappeto cinquecentesco detto “alla calabrese” scavato nella roccia (per alcuni anni è stato il suggestivo scenario del Presepe Vivente). All’interno di questa masseria, inoltre, è presente la “Grotta Lago” scoperta nel 1950 dal Cav. Donato Romano e notevole testimonianza della vita agricolo-pastorale novolese (descritta nell’Apprezzo del 1707). Un altro trappeto ipogeo è ubicato nella frazione di Villa Convento sotto la Masseria Convento e appartiene al dottor Franco Russo. Il frantoio è stato edificato nel 1622, data scolpita anche su una lastra di pietra leccese posta sulla volta a botte ribassata del vanoscala.

PRINCIPALI EVENTI FESTE PATRONALI MERCATI E SAGRE

17 GENNAIO FESTA SANT’ANTONIO ABATE
Tra i tanti fuochi d’inizio inverno, svetta quello di Novoli che, il 17 gennaio, innalza la pira più alta in nome di Sant’Antonio Abate. Una festa dove ricorrono e convergono consuetudini popolari e abitudini contadine. Parte del Patrimonio della Cultura immateriale della Puglia, Sant’Antonio a Novoli è un vero e proprio rituale, partecipato da una platea di spettatori provenienti da tutta la regione. Si comincia a costruire la “fòcara” che raggiunge i 25 m di altezza, sin dai primi giorni di gennaio. Sulla sommità i costruttori portano l’effigie del santo, il quadro realizzato espressamente per il falò, che brucerà insieme alle fascine. La focara viene accesa durante la sera della vigilia e come un cero benedetto, arde tutta la notte. Per tre giorni, tutto il paese è in festa.

TERZA DOMENICA DI LUGLIO FESTA DELLA MADONNA DEL PANE
La festa è dedicata alla Madonna di Costantinopoli e si celebra la terza domenica di luglio. Nel l 1853 alla Vergine, per la prima volta fù attribuita la denominazione di Madonna del Pane, in seguito alla leggendaria apparizione ad una popolana di nome Giovanna, avvenuta un secolo prima. La Vergine avrebbe donato alla donna del pane miracoloso, in grado di debellare una mortale epidemia che stava decimando la comunità. La festa patronale estiva di Novoli è caratterizzata da ben tre processioni e l’esibizione dei concerti bandistici in cassa armonica tra le sfavillanti luminarie.

MERCOLEDÌ MERCATO SETTIMANALE
VENERDÌ MERCATO SETTIMANALE (VILLA CONVENTO)

PUNTI DI INFORMAZIONE TURISTICA

PRO LOCO NOVOLI 3386004879 / 320607040

 

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURE INDIRIZZO DESCRIZIONE
STRADA STATALE 7 ter Salentina
STRADA STATALE 694 Tangenziale Ovest di Lecce Uscita per Novoli
STRADA PROVINCIALE 4 Squinzano-Campi Salentina-Novoli-Villa Convento Lecce
STRADA PROVINCIALE 4a Novoli-Salice Salentino
STRADA PROVINCIALE 13 Carmiano-Novoli
STRADA PROVINCIALE 15 Trepuzzi-Novoli-Veglie
STAZIONE FERROVIARIA Posta sulla linea Martina Franca-Lecce, costituisce la stazione iniziale della linea Novoli-Gagliano del Capo.
Società Trasporti Pubblici di Terra d’Otranto s.p.a. Autolinee che collegano differenti tratte
SGM S.p.A Villa Convento-Lecce- Ist. Tecnico Agrario
FSE Autolinee che collegano differenti tratte
ITINERARIO NATURALISTICO – ARCHEOLOGICO DELLA VALLE DELLA CUPA Lunghezza 34,3 Km, parte da Masseria Petrelli (SQUINZANO) e passa per Masseria Quattro Pizzure (NOVOLI)
Castello Aragonese e parco delle Querce Itinerario Ciclabile. Coinvolge i comuni di Castro e Diso, lunghezza 9,5 km

ATTIVITÀ ECONOMICHE

PRODUZIONE AGROALIMENTARE

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
AZIENDA AGRICOLA TENUTA LU CANTIERI VIA LI STRITTI, 24 3927578742 / 3881594347 info@tenutalucantiere.it
PANIFICIO IL FORNAIO VIA SAN GIOVANNI, 17 3927578742 / 3881594348
AZIENDA AGRICOLA CANTINE DE FALCO VIA MILANO, 25 3927578742 / 3881594349 info@cantinedefalco.it
AZIENDA AGRICOLA COOPERATIVA SOCIALE VIA VEGLIE 3927578742 / 3881594350
AZIENDA VINICOLA CANTINE GUERRIERI VIA SACCO E VANZETTI, S.N. 3927578742 / 3881594351 info@cantineguerrieri.it
OLEIFICIO LANDINI LANDO VIA DON LUIGI STURZO, 71/B 3927578742 / 3881594352
RISTORAZIONE

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
AGRITURISMO LI CALIZZI S.V. MARINI, VIA DELLA CUPA, S.N. 3358202336 info@licalizzi.it
RISTORANTE VASTE’ 927 VIA LECCE 77 328 1266043
RISTORANTE-PIZZERIA AREA 51 VIA VEGLIE SN 320 680 9253
BAR BAR COMMERCIO VIA UMBERTO I, 1 320 643 6355
BAR, CAFFETTERIA CAFFETTERIA ELIO P.ZZA REGINA MARGHERITA, 19
BAR E CAFFE’ SUD EST CAFE’ VIA SANT’ANTONIO 155 377 538 7059
PREPARAZIONE DI CIBI DA ASPORTO TEGLIA – PIZZERIA AL TAGLIO VIA MILANO 46/B 375 669 7855
BAR THE LIFE BAR VIA GRAMSCI 13 329 461 8549
RISTORANTE, TRATTORIA, PIZZERIA E FRIGGITORIA LU CARDILLU PIAZZA REGINA MARGHERITA 6 329 493 7777
BAR SOZZO ELIDE S.P. LECCE-VILLACONVENTO 11 0832/326526
RISTORANTE PIZZERIA LA CAVA S.P NOVOLI-VILLACONVENTO 0832/328628
RISTORANTE VILLA MARCHESI S.P. CARMIANO-SALICE, 73051 NOVOLI (LE) 3285868993 / 3287486410 info@villamarchesi.it
RISTORANTE PALAZZO MATTEI DI ELISA METRANGOLO PIAZZA REGINA MARGHERITA 6, 73051 NOVOLI (LE) 0832/712569
PANINOTECA PANINOTECA FLORIDA VIA MILANO 29, 73051 NOVOLI(LE)
TRATTORIA MANGIA ‘NTERRA E STUCIATE SUBBRA VIA LECCE 77, NOVOLI 3281266043
PIZZERIA PIZZERIA LA CAVA PROVINCIALE NOVOLI VILLACONVENTO 0832/328628
RISTORANTE MASSERIA PEZZUTI STRADA PROV CAMPI-TREPUZZI KM 2 3283204204
RISTORANTE MASSERIA LI STRITTI VIA LI STRETTI 338/8686511
PIZZERIA LA RUSTICHELLA PIAZZA STAZIONE,1 0832/711212
PASTICCERIA IL GOLOSONE VIA SAN GIOVANNI 0832/7142370
PIZZERIA PIZZA SYSTEM VIA MILANO 0832.7142370
OSTERIA OSTERIA ARNO’ P.ZZA MORO, 12
PIZZERIA LA VOGLIO MATTA VIA SANT’ANTONIO
PIZZERIA DISTRAKTION VIA SANT’ANTONIO
PIZZERIA PIZZA PIU’ P.ZZA S. ANTONIO
OSPITALITA’

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
B&B AGRITURISMO RESORT TENUTA LA CORTE S.P. NOVOLI-TREPUZZI 0832/714100 info@tenutalacorte.com
B&B B&B VALENTINA VIA CAMPI, 13 349-5359540
B&B ARCOBALENO STRADA VICINALE LI RIFI 0832 712342 johanna.milli@libero.it
B&B A CASA DELLE ZIE VIA UMBERTO 1 63 347 5880059 inviaggiosempre1@yahoo.it
B&B TENUTA SAN NICOLA VIA VEGLIE SN 349 0694429 info@tenutasannicola.it
B&B VILLA NICOLETTA VIA VECCHIA TREPUZZI C.S. 331 2131878 residenzavillanicoletta@outlook.com
B&B B&B GRECO VIA G. VERGA 22 0832 714018 rosannamiglietta@libero.it
B&B TENUTA QUATTRO PIZZURE STRADA COMUNALE CAPELLUTO, SNC info@tenutaquattropizzure.it
B&B IL FIORDALISO VIA MAZZOTTI, 6 0832 711930
B&B DONNA CARMELA VIA CUPA, 7A 0832 714485 info@bbdonnacarmela.it
B&B SANT’ANDREA PIAZZA REGINA MARGHERITA, 56 392 117 9095 santandreabb@gmail.com – ggreco@pec.it
B&B LA SUITE VIA UMBERTO I, 22 347 6631142
B&B CHARME SALENTO VIA MAZZOTTI 5 info@charmesalento.it
B&B STELMALU’ VIA CATALDI, 26 349/3164456 info@stelmalu.it
B&B LE STANZE DEL MONSIGNORE VIA XXV LUGLIO, 5 328/0072748
NONNA CATERINA VIA LECCE , 104 0832/712368
B&B CAM E GIO VIA VOLTURNO N. 3 0832 712075 antonellatomasi@libero.it
B&B B&B VILLA VALE’ di NOIA VALENTINA VIA TREPUZZI 338-6350033
B&B B&B DI EPIFANI PRIMALDO VIA VEGLIE C.S 335 457285
CASA VACANZE MASSERIA CONVENTO VIA G. VERDI 4
B&B CONTE SALVATORA VIA TURATI ANG. VIA SALVEMINI SNC
APPARTAMENTI TENUTA GIARDINI NUOVI S.P. LECCE-NOVOLI 366 211 49 46 info@tenutagiardininuovi.it
ARTIGIANATO ARTISTICO

TIPOLOGIA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO EMAIL
ARTIGIANATO L’ANGOLO DEL RELAX VIA MOLINE 345 7323437

ATTIVITÀ ECONOMICHE

A Carmiano l’analisi ha individuato 11 attività del settore della ristorazione (Ristoranti, pizzerie, bar, pub, pasticcierie…), 1 del settore dell’ospitalità (Hotel, b&b, case vacanze…), 4 del settore della produzione agroalimentare (Cantine, oleifici…) e 1 del settore dell’artigianato artistico.

PIATTI E PRODOTTI TIPICI

MUNICEDDHRE
Le municeddhre sono le lumache di campagna tipiche di tutto il salento. Il nome deriva dal colore del guscio, infatti, sembra richiamare esteticamente il saio dei monaci. Le municeddhre si trovano facilmente dopo giornate di pioggia intensa. In passato era considerato uno spreco non raccoglierle perché venivano utilizzate anche in sostituzione della carne. Ora invece sono considerate come un ingrediente di lusso e il loro prezzo è alto.

Ingredienti:
– 1 kg di municeddhe;
– 2-3 foglie di alloro;
– 1 bicchiere di vino bianco (o rosato);
– aglio;
– olio extravergine d’oliva q.b;
– sale;
– peperoncino.

Una volta reperiti gli ingredienti, lavate molto accuratamente le lumache e, prima dell’ultimo risciacquo, aggiungete una manciata di sale fino e lasciatele in acqua per cinque minuti. Risciacquatele sotto l’acqua corrente e mettetele in una ciotola. Nel frattempo, fate soffriggere in una pentola capiente olio e aglio (cipolla per chi preferisce). Aggiungete le lumache ben pulite e sgocciolate e, durante la cottura, aggiungete il sale, il peperoncino e le foglie d’alloro. Fate cuocere a fiamma vivace per 4-5 minuti, poi aggiungete il vino e fatelo sfumare.

PRINCIPALI LUOGHI DI INTERESSE STORICO ARTISTICO E CULTURALE

CAPPELLA “DE SIMONE”
È una delle più belle cappelle dell’agro carmianese. È consacrata alla Madonna di Pompei e sorge nella contrada “Carli”, attigua al giardino “De Simone”, sulla Via Vecchia Campi. Venne costruita nel 1890 a spese del canonico Don Giacomino De Simone, ex insegnante nel Seminario Vescovile e Tesoriere della Cattedrale di Lecce. In questa cappella, venne per lunghissimo tempo celebrata la Messa nei giorni festivi durante la stagione estiva. Era molto frequentata nei giorni di festa, quando i coloni della contrada e quelli delle contrade vicine, dopo aver ascoltato la Messa, si incontravano nel pomeriggio per divertirsi al gioco della “ruzzola”, forma di formaggio duro lanciato con la corda lungo i viottoli di campagna, una delle ultime tradizioni scomparse.

CAPPELLA DEL “TURRISO”
Questa cappella è la più antica di tutte; la costruzione originaria risale, infatti, al XIV secolo. Ubicata in contrada “Turriso”, dista dal paese oltre due chilometri. Fu costruita a suo tempo a spese dei fedeli e dedicata al culto della Madonna di Costantinopoli e più tardi, verso il 1700, a quello di S. Maria di Leuca. In origine vi era un altare di antica fattura con sullo sfondo del muro l’immagine della Madonna dipinta. Restaurata più volte nel corso dei secoli, crollò rovinosamente e definitivamente nel 1960 dopo un violento temporale. Ricostruita nel 1963 , non ha conservato niente del vecchio arredo sacro medievale ad eccezione della consacrazione alla Madonna di Costantinopoli, della posizione verso oriente della campana e della festa annuale denominata “Lu Riu”, che si svolge il giorno di Pasquetta.

CAPPELLA DELLA “CONA”
Questa cappella, che si trova in aperta campagna, è così chiamata perché all’interno della costruzione originaria, che era molto antica e pare risalisse al tempo dell’immigrazione dei monaci basiliani, c’era un’icona (“cona” è infatti un termine dialettale equivalente a icona = immagine sacra). In tempi lontani veniva usata dai viandanti e dagli stessi contadini della contrada come rifugio per ripararsi dalla pioggia. Ricostruita molto più tardi nello stesso luogo, ma in posizione diversa, fu meta, fino alla fine del secolo scorso, di lunghe processioni in occasione di calamità naturali, quali pestilenze, carestie, siccità e alluvioni. È stata restaurata ad opera di benefattori nel 1877 e nel 1928. In occasione dell’ultimo restauro è stato costruito un nuovo altare con un quadro in rame raffigurante Gesù Crocifisso.

CAPPELLA DELLA MADONNA DEL CARMINE
La cappella è piuttosto piccola ed è stata costruita verso il 1880. Sin dalle origini, sull’altare, in un “armadio” di legno con un’anta di vetro posta anteriormente è collocato il simulacro della Vergine del Carmine; la statua oggi visibile è databile al XIX secolo e si presume sia l’originale. Si trova, inoltre, la statua di Sant’Antonio Abate realizzata in pietra leccese “colorata”. Nel tempo la cappella ha subito varie modifiche: l’altare è stato rifatto in pietra, è stata aggiunta una statua in cartapesta di San Francesco d’Assisi databile all’ottocento e, nel 1891, ha subito la modifica più radicale poiché, sopra di essa, è stato impiantato un orologio pubblico. In questa cappella si celebra ancora oggi in occasione della festività della Vergine del Carmine e in quella di Sant’Antonio Abate. In quest’ultima occasione è tradizione accendere il falò nell’area prospiciente il luogo di culto.

OROLOGIO DI MAGLIANO
Sorge nel centro storico di Magliano e risale all’anno 1891 . Il locale sul quale è impiantato è la cappella dedicata alla Madonna del Carmine, sita in via Chiesa Madre. I lavori di decorazione e la cornice del quadrante sono realizzati in pietra leccese.

CAPPELLA DELLA MADONNA DELL’8 SETTEMBRE O CAPPELLA DEL BOSCO
Sorge a circa un chilometro dall’abitato di Magliano in una località anticamente chiamata “Contrada Bosco”. Per questo fu denominata “la Cappella del Bosco” o “la Cappella della Cona”, dal termine greco “icona” (immagine sacra). Volgarmente è detta anche “la Cappella della Madonna di Magliano”, mentre dai residenti viene chiamata “Cappella della Madonna dell’8 settembre”, giorno in cui si svolge la festa in onore di Maria Bambina, protettrice di Magliano. Dalla descrizione fatta in occasione della Visita Pastorale del 1754, si presume che l’altare pervenuto sino a noi sia l’originale. Ha subito però innumerevoli tinteggiature e vari spostamenti. La cappella, crollata per la prima volta totalmente nel 1870 in seguito ad un uragano, fu ricostruita nel medesimo luogo. Nel 1967, divenuta pericolosa per i fedeli a causa delle gravissime lesioni che si erano prodotte nei suoi muri, venne demolita e ricostruita con il contributo dei popolani nello stesso anno. La sua struttura architettonica è molto lineare; ha una porta centrale, una trifora sul frontespizio e due bifore ai lati dell’altare, in alto. L’affresco raffigurante la Natività di Maria che noi oggi vediamo non è l’originale, ma soltanto una copia ad olio su faesite del 1980.

CHIESA DEL CARMINE
La Chiesa del Carmine risale agli inizi dell’800. Fu commissionata da un ricco possidente di Carmiano, il Signor Oronzo Paolo. La sua devozione per la Madonna del Carmine lo spinse a far erigere la Chiesa. Egli fece anche dipingere un quadro con l’effigie della Madonna, che fu collocato sul muro sopra l’altare. Grande desiderio del Signor Oronzo sarebbe stato quello di essere sepolto all’interno della Chiesa. Non potè essere accontentato poiché furono emanate delle leggi che per motivi igienici vietarono la sepoltura nelle chiese. Successivamente, su interessamento del Sacerdote Don Raffaele Ciccarese, la Chiesa fu corredata di una bella statua della Madonna del Carmine, esistente ancora oggi, e fu portata a termine in maniera completa.

CHIESA DELL’IMMACOLATA
In una visita pastorale del 1640 il vescovo Pappacoda racconta l’episodio del ritrovamento dell’icona, nei pressi di un pozzo, tra i ruderi di un’antica edicola votiva. I buoi utilizzati per il trasporto di questo enorme affresco eseguito su un lastrone in pietra leccese, attualmente custodito nell’altare centrale attribuito a G. Zimbalo, si inginocchiarono e rimasero in quella posizione nonostante le frustate inflitte dai loro proprietari. Poiché questo episodio fu interpretato come la volontà espressa dalla Madonna di restare nel luogo dove era stata trovata, fu chiesta l’autorizzazione al Vescovo per edificare la chiesa. La costruzione risale agli anni 1654-1657. Il suo stile architettonico è quello barocco del Seicento. Ha forma rettangolare con l’abside semicircolare. Al centro dell’abside sorge l’Altare Maggiore dalla caratteristica forma di tempietto. Al centro del muro dell’abside, in una nicchia, risalta l’effigie della Madonna Immacolata, rinvenuta in quel posto nel ‘600, probabilmente una delle tante immagini di Madonna trafugate in Oriente a seguito della caduta dell’Impero Bizantino. La chiesa comprende una sola navata ed, oltre all’Altare Maggiore, vi sono altri quattro altari disposti simmetricamente sulle fiancate laterali. Su ciascun altare vi è una tela di buona esecuzione che dà il titolo ad ognuno di essi. Sulle pareti della chiesa vi sono, inoltre, altri sei affreschi racchiusi in medaglioni di stucco dorati che, unitamente all’affresco dell’Altare Maggiore, rappresentano le sette festività della Madonna. Ai lati della porta d’ingresso, in posizione più alta, vi sono due affreschi di discreta fattura. Il frontespizio della chiesa non è in stile barocco come l’interno, ma è semplice e lineare.

CHIESA DI SANT’ANTONIO ABATE
Ultimata nel 1984, è stata consacrata il 24 ottobre dello stesso anno. Ha struttura molto lineare e moderna, con piacevoli giochi chiaroscurali degli stessi volumi. La pianta è molto semplice, a sezione pressappoco esagonale ed ha la superficie di circa seicento metri quadrati. Sul prospetto principale vi sono due grandi pareti in cemento armato che danno alla struttura un valido contributo architettonico. L’Altare, di grandi dimensioni, è realizzato in marmo di Carrara. In alto, sulle pareti, sono collocati artistici finestroni policromi con simboli desunti da Bibbia e Vangeli. Accanto alla chiesa sorge, in una piccola oasi di verde fra il parco giochi dei bambini e l’ingresso alla sagrestia, la statua della Madonna “Redemptoris Mater”, ai cui piedi è posta la così chiamata “Fontana dei 105 zampilli”, benedetta il 9 giugno 1988 dall’Arcivescovo Mons. Mincuzzi. A tergo della chiesa è costruito un campo sportivo per il calcetto o la pallavolo.

CHIESA MATRICE MARIA SS.MA ASSUNTA
La costruzione di questa chiesa è stata ultimata nel 1961. Sorge isolata fra quattro strade su di un suolo di forma rettangolare della superficie di mq. 1780. Ha la forma classica di croce latina e un’area interna che misura circa mille metri quadrati. All’interno, sulle pareti delle navate laterali, ci sono due affreschi raffiguranti le sembianze di San Pietro e di San Paolo che si presume appartengano a un’epoca databile tra il 1500 e il 1600. Le due opere erano collocate nella ex Chiesa Matrice e furono restaurate nel 1962. Imponente e maestosa è poi l’effigie in rilievo di Maria SS.ma Assunta circondata da stuoli di angeli, realizzata sul muro dell’abside, sul cui bordo superiore semicircolare spicca a lettere d’oro un distico in lingua latina.

VECCHIA CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Oltre alla piacente forma del suo frontespizio e del campanile, il suo interno ha la classica forma rettangolare e termina con un’abside a semicerchio chiusa da un arco sostenuto da due colonne con capitelli in stile corinzio. All’interno, oltre a due tele del Settecento di un certo valore artistico rappresentanti, “Cristo alla Colonna” e “San Gaetano” e ad una pittura su tavola di antica fattura, raffigurante il “Battesimo di Cristo”, vi è un bellissimo simulacro di San Giovanni. Da molti anni in questa Chiesa non si pratica più il culto perché la Confraternita, nel 1971, decise di far erigere una nuova chiesa in onore di San Giovanni a pochi metri dalla via provinciale per Copertino.

VECCHIA CHIESA MARIA SS.MA ASSUNTA DI MAGLIANO
Non è possibile far rientrare questa chiesa in uno stile ben definito poiché ha subito notevoli modifiche, l’ultima nel 1957-58. Comunque, la semplicità della facciata e dell’interno dell’edificio richiama la sua origine di cappella e ci fa pensare ad una chiesa in stile romanico. Il progetto è molto semplice, le uniche decorazioni si trovano sulla facciata che conserva un delicato rosone con “cancelli lapidei”, una trabeazione appena sporgente sul portale d’ingresso, la chiusura a timpano con le decorazioni a volute ed una croce, il tutto in pietra leccese. Nel 1957-58 furono abbattuti alcuni tratti dei muri e un altare e vennero costruiti nuovi locali. Si procedette, inoltre, alla modifica degli altari posti nel transetto della chiesa. Questi due altari, dedicati uno – quello a sinistra dall’ingresso – alla Madonna del Rosario e l’altro – a destra – al Cuore di Gesù, sono in pietra leccese. Di entrambi non si conosce il periodo di costruzione, ma poiché sono uguali, dovrebbero appartenere ai primi del XIX secolo, quando l’edificio fu completato di tutto. Hanno però dei chiari riferimenti barocchi come putti con le ali, foglie munite che fanno da cornice, volute e così via. L’Altare del Rosario è sormontato da una tela raffigurante la Vergine col Bambino con S. Domenico e S. Caterina, datata 1919. Nel 1957, sopra l’Altare del Cuore di Gesù, in una nicchia, è stata posta una statua in pietra dipinta. Anche l’Altare Maggiore è stato rifatto “in toto”; questo – posto al centro del transetto – è in marmo di Carrara ed è stato consacrato nel 1957. Il campanile, costruito in conci di tufo, è uno dei pochi resti originali della chiesa.

FRANTOIO SEMI-IPOGEO
Edificato probabilmente fra la seconda metà del secolo XVIII e i primi del secolo XIX , è stato l’unico frantoio attivo nella frazione di Magliano sino al 1945/48 circa. Nel corso degli anni ha avuto diverse superfetazioni che ne hanno cambiato l’aspetto originario. Si compone di un grande ambiente a forma rettangolare, dove un tempo avveniva la trasformazione delle olive in olio, e di altri vani di misura minore, ai lati di esso. Sul lato destro si scorge l’ingresso al frantoio e una scala a rampa retta con lungo corridoio; superata la porta d’ingresso, a destra vi è un ambiente, dove era collocata la cisterna e al termine delle scale, sullo stesso lato, vi sono quattro vani adibiti a deposito di olive e morchia. Osservando l’ampia zona dove si svolgeva la molitura, si possono osservare le pietre molari della vasca, sei piattaforme di alloggiamento dei torchi con tracce di scanalature per la raccolta dell’olio e delle acque fetide, che finivano poi nelle rispettive vasche. Inoltre, una stalla e due zone, di cui una con camino, adibita a cucina, e l’altra per il riposo dei “trappetari”; tre depositi per le olive, uno dei quali è chiuso; nel grande vano, vi sono poi, delle pile in pietra leccese e una lunga mangiatoia posticcia. Tutto il frantoio è stato edificato in conci di tufo e quasi tutti gli ambienti sono coperti di volte a botte. Il lastricato è composto da lastre in pietra leccese, volgarmente dette “chianche”. L’ingresso è scandito da un’apertura con architrave lapidea di dimensione notevole, sul cui architrave è scolpita una croce latina a bassorilievo. Segni verticali incisi nella muratura indicano le giornate lavorative. Sino ai primi anni del 1950 il frantoio è rimasto pressoché isolato sull’attuale via Trappeto; l’espansione degli ultimi decenni lo ha inglobato nel tessuto urbano.

FONTANA MONUMENTALE
La fontana monumentale, denominata volgarmente “la funtana rande” per le sue ragguardevoli dimensioni, rappresenta la storia del Novecento artistico-artigianale carmianese, in quanto costruita da maestranze locali. La prima realizzazione risale al 1922 , anno del completamento dell’Acquedotto Pugliese, quando fu definita “La fontana del Sele”, dal fiume che l’alimentava. La struttura originaria, progettata dallo scultore Antonio Bortone, si sviluppava in forma piramidale e ben proporzionata. Nel 1928 fu effettuato il primo restauro, che la trasformò in un simbolo fascista attraverso l’aggiunta di una scultura bronzea femminile raffigurante l’Italia, che con la mano destra incideva sul ceppo l’epigrafe commemorativa “MCMXXVIII anno della nuova era” mentre con la mano sinistra reggeva il fascio littorio. Qualche anno dopo, trovandosi in condizioni precarie, fu demolita. Nella stessa piazza fu innalzata una nuova fontana alta m 3,95 in onore ai “Caduti in guerra” del 1915/18, come si evince dal bassorilievo bronzeo datato 1931 e realizzato dall’ artista R. Giurgola , raffigurante un’immagine muliebre che rappresenta la patria. La nuova struttura, completamente diversa dalla precedente, è formata da una base quadrata su cui si sviluppano in forma piramidale cinque gradoni in carparo; sul secondo sono inglobate simmetricamente due ampie vasche rivestite da uno strato di cemento. Sul quarto e il quinto, invece, sono state prodotte due superfici concave con simboli del regime ormai scomparsi. Nella parte centrale dell’ultimo gradone si svolgeva un parallelepipedo di marmo bianco, decorato da due teste bronzee leonine dalla cui bocca traboccava l’acqua. Su una delle sue superfici compare l’epigrafe: “l’acqua sgorga copiosa su questa terra feconda e madre di eroi”; sulla faccia opposta, invece, compare: “Carmiano riconoscente ai suoi caduti in guerra del 15/18”. Superiormente si innesta un catino marmoreo del diametro di m 1,30 e profondo m. 0,60. Dopo la caduta del Fascismo, la data commemorativa fu cancellata, i simboli furono rimossi, solo la pala bronzea fu salvata. Come tutti gli italiani, anche i carmianesi sentirono la necessità di rimuovere dalla loro mente il ricordo di quel periodo tragico; allora sentirono la necessità di modificare la fontana monumentale aggiungendo, all’interno della vasca superiore, un prolungamento del parallelepipedo su cui fu posto il simulacro della Madonna Immacolata in preghiera.

MONUMENTO DEI CADUTI
È stato realizzato nel 1998 su progetto dell’ architetto carmianese Maria Grazia Gloria. Di linea moderna alquanto semplice, è delimitato da una recinzione protettiva e contornato da alberi. E’ composto da una quinta architettonica (una parete concava), interrotta da una scala sorretta da tredici piloni. La parete è rivestita in pietra leccese, mentre la scala è realizzata in marmo rosso di Verona. I tredici piloni sopportano un peso che cresce progressivamente (la scala), fino a raggiungere un punto quasi a segnare una direzione, una meta. Essi rappresentano tanti soggetti sopportanti, l’umanità sofferente che tende a costruire, in un percorso fecondo di continua crescita, la sintesi di un ideale.

CASA “G. B. SCALABRINI”
Sorge a circa 700 metri dal centro urbano, nella contrada “Li Sala”, sulla Via Provinciale per Novoli. La vasta tenuta “li Sala” fu donata nel 1947 da Efrem Miglietta, nobile benestante carmianese, insieme alla sorella Maria , alla comunità salesiana “Don Bosco” di Lecce, al fine di far sorgere una scuola ad indirizzo agrario per la gioventù carmianese. La comunità salesiana che si insediò creò invece un collegio per aspiranti al sacerdozio e, nello stesso tempo, un centro di attrazione per la gioventù carmianese con la realizzazione di varie strutture sportive. Dopo il 1970 l’Istituto venne affidato alle cure dei Padri Scalabriniani, la cui attività continua ancora oggi ad essere svolta a vantaggio della gioventù, al fine di promuovere le vocazioni sacerdotali. All’interno del grande edificio sorge una chiesetta di concezione moderna, molto frequentata nei giorni festivi. Grande attrattiva della “Casa Scalabrini” è stato per anni il grande Presepe artistico dotato di effetti meccanici e luminosi di particolare bellezza. Da qualche anno a questa parte è stato sostituito dal “Presepe Vivente”, che viene allestito nel boschetto che fiancheggia l’edificio.

PALAZZO DEI CELESTINI
Il Palazzo, che sorge sulla via provinciale per Lecce, è testimonianza inconfutabile della permanenza dei Padri Celestini a Carmiano, che si insediarono nel 1448. È stato realizzato in varie epoche e presumibilmente il nucleo più antico risale alla prima metà del XIV secolo. La sua imponenza deriva dalle ragguardevoli dimensioni in lunghezza, pari a 45,50 metri, e in altezza, pari a 13 metri. Completamente realizzato in conci di tufo locale, è strutturato in due piani, comprendenti sale grandiose. Il prospetto del Palazzo presenta un’ampia superficie liscia movimentata da diverse porte e finestre ed un ampio portale affiancato ai lati da due nicchie di statue lapidee raffiguranti Santi e incorniciato superiormente da uno stemma della Santa Croce che rappresenta l’ordine dei Celestini. A sinistra del portone Durazzesco, una porta immette all’interno di una chiesetta dedicata a San Donato, ormai spoglia del corredo religioso ma ricca ancora di un altare fregiato da stucchi e marmi di vario colore. La volta a botte dell’androne è completamente decorata da un affresco raffigurante la glorificazione dell’ordine benedettino. In una stanza adiacente alla chiesa compare sul muro un affresco di Madonna col Bambino che sovrasta un’apertura ad un piano interrato. Il piano superiore del Palazzo comprende una serie di stanze comunicanti con ampio e luminoso salone ricoperto da stucchi eleganti che incorniciano le porte di accesso ed alcuni riquadri ormai spogli di tele. Tale bene architettonico, inserito tra gli immobili di particolare pregio del Comune, è stato riconosciuto dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali, Artistici e Storici della Puglia, di interesse storico e artistico.

PRINCIPALI EVENTI FESTE PATRONALI MERCATI E SAGRE

8 DICEMBRE FESTA DELL’IMMACOLATA
La festa patronale di Carmiano è dedicata a Maria SS.ma Immacolata. I festeggiamenti patronali prevedono una serie di riti preceduti dalla Novena che culminano con la processione partecipatissima e solenne per le vie del paese e la celebrazione della messa nel piazzale antistante la Chiesetta dell’Immacolata, considerata la “bomboniera del paese”, chiesa barocca del 1600 in cui è custodito un affresco della Vergine Immacolata che si presume essere di epoca basiliana.

QUARTA DOMENICA DI OTTOBRE FESTA DI SAN VITO
Celebrata nella giornata della quarta domenica di ottobre e nel lunedì successivo in onore del Compatrono del paese San Vito Martire, istituita più di duecento anni fa per ringraziare il Santo per il raccolto dell’uva nei campi. Momento fondamentale della festa è rappresentato dalla fiera mercato del bestiame e articoli vari.

MARTEDÌ MERCATO SETTIMANALE

PUNTI DI INFORMAZIONE TURISTICA

PRO LOCO CARMIANO
VIA STAZIONE, 16 – MAGLIANO
338 374 2060
info@prolococarmianomagliano.it

 

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA INDIRIZZO DESCRIZIONE
STRADA STATALE 694 Tangenziale Ovest di Lecce Uscita per Monteroni di Lecce
STRADA STATALE 7 ter Salentina Uscita per Novoli
STRADA PROVINCIALE 12 Carmiano-Magliano-Arnesano-Monteroni di Lecce
STRADA PROVINCIALE 12 Carmiano-Magliano-Arnesano-Monteroni di Lecce
STRADA PROVINCIALE 13 Carmiano-Novoli
STRADA PROVINCIALE 14 Carmiano-Veglie
STRADA PROVINCIALE 117 Carmiano-Leverano
STRADA PROVINCIALE 120 Carmiano-Salice Salentino
STRADA PROVINCIALE 121 Carmiano-Villa Convento
STRADA PROVINCIALE 124 Carmiano-Copertino
STAZIONE FERROVIARIA Via Stazione – Carmiano (LE) Stazione Carmiano-Magliano, posta sulla linea Novoli-Gagliano
Società Trasporti Pubblici di Terra d’Otranto s.p.a. Autolinee che collegano differenti tratte
FSE Autolinee che collegano differenti tratte

ATTIVITA’ ECONOMICHE

PRODUZIONE AGROALIMENTARE

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
ENOTECA CANTINA PETRELLI Via Villa Convento, 33 0832 603051 info@cantinapetrelli.com
ENOTECA ATTANASIO WINE VIA BOLOGNA 1 350 1619216 info@cantinapetrelli.com
ENOTECA WINE HOUSE S.R.L VIA ANTONIO VARISCO, 3 0832 606727
OLEIFICIO AZIENDA OLEARIA SCHIRINZI VIA COPERTINO, 153 0832 182754
RISTORAZIONE

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
BAR SIGO SA’ LARGO SAN FRANCESCO 3 329 418 1035
BAR NEW FRONTIER PIAZZA DEGLI EROI 1 – MAGLIANO
PASTICCERIA PASTICCERIA PERRONE VIA IMMACOLATA 44 331 481 0968
PIZZERIA, ROSTICCERIA NONNO CELESTINO VIA LEVERANO, 37 350 567 9335
RISTORANTE, PIZZERIA DESIRE’ VIA COPERTINO 135 0832 603519
PIZZERIA, PUB QUCO VIA LECCE 51 328 874 5641
PASTICCERIA, GELATERIA, ROSTICCERIA. BAR RIZZO VIA NOVOLI, 2 0832 606784
PIZZERIA, RISTORANTE SALENTO VIA VEGLIE 113 327 336 7745
PIZZERIA LA MAGLIANESE VIA IV NOVEMBRE 75 – MAGLIANO 3495004394 matteokom@gmail.com
TAKE AWAY GASTRONOMIA TUTTOPRONTO VIA TORINO 11 – MAGLIANO 393 132 3969
PUB BAR WAREHOUSE VIA ROMA 145
BIRRERIA LI BIRBANTI VIA ROMA, 66 320 251 5843
SALA RICEVIMENTI TENUTA MASCARINI SP 14 KM. 2,5 338 5445004 info@tenutamascarini.it
HOME RESTAURANT LA CASCINA DI MARIA PIA STRADA VICINALE LA MUSICA, 22 338 665 2981
OSPITALITA’

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
B&B TENUTA MONACI LA MURRA STRADA COMUNALE ESTERNA PER MONTERONI, 43 info@monacilamurra.it
ARTIGIANATO ARTISTICO

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
ARTIGIANATO TIPICO CARRACCHIA GIOVANNI PIERO Via Montegrappa, 93 0832 602556

ATTIVITÀ ECONOMICHE

A Copertino l’analisi ha individuato 13 attività del settore della ristorazione (Ristoranti, pizzerie, bar, pub, pasticcerie…), 2 del settore dell’ospitalità (Hotel, b&b, case vacanze…), 10 del settore della produzione agroalimentare (Cantine, oleifici…) e 5 del settore dell’artigianato artistico.

PIATTI E PRODOTTI TIPICI

MELONCELLA
La Meloncella è un ortaggio simile a un cetriolo nell’aspetto, ma appartiene alla famiglia dei meloni, uno degli ingredienti principali dell’insalata salentina insieme a pomodori, cipolle e olive nere. Ha un sapore fresco e succoso e un gusto tipicamente estivo. La polpa è di colore verde chiaro e ha tante proprietà: è costituita al 95% da acqua, ha un bassissimo contenuto di zuccheri, di sodio e di nitrati. Si consuma acerba e cruda. Copertino è tra le zone del leccese dove più facilmente si può trovare la Meloncella. Nel Salento la Meloncella è chiamata anche Spiuleddhra, Minunceddhra, Cummarazzu, Cucumbarazzu e in tanti altri modi.

VINO COPERTINO DOC
Vino da pasto salentino nelle varianti rosso o rosé, il Copertino DOC si distingue per la struttura corposa, ferma, e per la versatilità con cui lo si abbina alla cucina regionale. Il Copertino DOC è ottenuto da vitigni autoctoni per almeno il 70% di uve Negroamaro, che gli conferiscono un caratteristico rosso rubino dai riflessi violacei per i vini giovani, e un rosso tendente all’arancione per i vini invecchiati, e per il restante 30% da vitigni Malvasia nera di Brindisi e di Lecce, Montepulciano e Sangiovese, in percentuale massima del 15%. Il Copertino Rosso tipo Riserva è considerato uno dei vini più pregiati del Salento.

PRINCIPALI LUOGHI DI INTERESSE STORICO ARTISTICO E CULTURALE

CHIESA DI CASOLE
L’agglomerato rurale, distante dalla Cittadella circa tre miglia, era sorto prima dell’anno Mille ad opera dei monaci bizantini la cui presenza consentì lo sviluppo di un villaggio pressoché autonomo. Saccheggiato e distrutto sul finire dell’anno Mille, in epoca normanna diventa un importante comprensorio feudale attraversato da un’asse viario che collegava i centri a nord della Cittadella con l’antica Neretum. Distrutto successivamente in seguito alle persecuzioni iconoclaste, si ripopolò agli inizi del ‘500 e i pochi abitatori si raccolsero intorno al monastero di S. Maria di Casole. A partire dal XVI secolo la località fu infeudata ai Morelli, nobile dinastia giunta a Copertino al seguito dei Castriota. I Morelli ne detennero il possesso fino all’abolizione della feudalità.

CONVENTO DEI CAPPUCCINI
Attualmente, le alterne vicende che hanno interessato la dimora di questi frati, sembrano blindate tra un le mura di un opificio. Pertanto, ciò che resta di questa antica dimora sono solo alcuni lembi di affresco, peraltro nemmeno visitabili essendo inglobati nel predetto opificio privato. Nel 1590 fu l’Universitas di Copertino a deliberare “in pubblico reggimento” di costruire un monastero per i frati Cappuccini. L’area su cui sarebbe sorto fu acquistata per poco più di 35 ducati dai fratelli Alfonso e Giovanni Filippo Russo ed era costituita da un giardino “di tre porche e diciannove canne, site in loco vocato le conche juxta via publicam che si và da Cupertino a Veglie ex occidente, altre terre delli Russi da austro, le terre beneficiali di S. Caterina da borea e le terre beneficiali di don Cubello Chiarello ex oriente”. L’atto di vendita fu rogato l’8 maggio da notar Antonio Russo alla presenza dei proprietari e dei rappresentanti del comune, tra cui Giovanni Maria Vetere, Giovan Carlo Morello, Lelio Bove, Cola Maria Corrado e il capitolo dei Cappuccini. Al termine della stesura dell’atto gli uomini dell’Universitas e i frati si recarono in processione sul posto prescelto e piantarono “la santissima cruce” proprio nel punto in cui, più tardi, sarebbe sorto l’altare principale della chiesa che sarà dedicata alla SS.ma Trinità. Al termine del rituale tre agrimensori tracciarono l’area assegnata ai frati. La chiesa e il convento dei Cappuccini non furono soltanto un polo religioso, ma fu soprattutto un centro di istruzione per molti copertinesi. Vissero di carità (il Comune, per esempio stanziava annualmente dodici ducati), ma non si astennero dal farla, come lo attestano diversi documenti fin qui pubblicati. Appartenuto ad un ordine mendicante, il convento non subì la soppressione murattiana. Fu, invece, soppresso dopo l’unificazione nazionale e incamerato al demanio dello Stato. Nel 1866 il complesso e l’annesso giardino furono dapprima concessi in affitto e nel 1875 lo Stato ne deliberò la vendita a favore di Donato Antonio Lillo di Monopoli e Donato Greco di Copertino i quali vi impiantarono una distilleria e una fabbrica per il cremore di tartaro. Da quell’anno la fabbrica venne lentamente stravolta nei suoi originali profili architettonici, tipicamente cappuccini fino a renderla irriconoscibile.

CONVENTO DEI DOMENICANI
Il complesso dei Domenicani fu fondato extra moenia col titolo di “Santa Maria dell’Idria (Odegitria = colei che conduce) sul luogo di un’antichissima cappella ai margini del bosco Idri. Intorno al 1570 mons. Ambrogio Salvio, domenicano, vescovo di Nardò, volle trasferire l’immagine della Vergine dell’Idria in prossimità del centro abitato affinché fosse adeguatamente venerata. I cronisti raccontano, infatti, che questa immagine operò grazie e miracoli al punto che fu chiamata S. Maria delle Grazie in quanto furono “moltissimi liberati da spiriti invasori” grazie all’olio di una lampada votiva che vi ardeva continuamente nei suoi pressi. Si racconta che una volta si spezzò la corda di questa lampada e, nonostante si fosse spenta, l’olio gorgogliò incessantemente per tre giorni. Fu mons. Salvio a promuovere la presenza dei Domenicani a Copertino e quindi la costruzione di chiesa e convento sostenuta dalla trionfante pietà controriformistica. Il complesso domenicano si costituì subito come polo di devozione mariana all’interno della comunità copertinese e, di conseguenza, come polo di future espansioni edilizie. Le travagliate vicende architettoniche del complesso lasciano trasparire con difficoltà notizie, dalla fase iniziale nella quale sono evidenziabili “prestiti” provenienti dalla vicina Nardò, si passa, nella prima metà del Seicento alla presenza di maestranze già famose oltre i confini della piccola patria. Si tratta di Evangelio Profilo che la ricostruisce dopo un crollo e ad Ambrogio Martinelli che vi realizza l’altare di S. Giuseppe. La chiesa, ricostruita per ben due volte in seguito a crolli accidentali fu puntualmente ricostruita ma ad ogni ricostruzione si perdevano le tracce della sua originale struttura. Al suo interno si conservano ancora due pregevoli altari barocchi, uno eretto dall’antica famiglia Lezzi-Morelli e l’altro dalla famiglia D’Ambrosio, un interessante affresco raffigurante “la Pietà”, una grande tela del 1612 di G. Domenico Catalano raffigurante la Vergine del Rosario. Chiesa e convento subirono la soppressione murattiana e per diversi anni rimasero abbandonati. La chiesa rimase parzialmente aperta al culto, mentre il convento fu venduto alla famiglia Del Prete che ne fece un opificio. Sin dal Cinquecento la chiesa fu sede della confraternita intitolata al SS. Rosario che per alterne vicende si estinse definitivamente nel 1945. Nel 1919, con editto di mons. N. Giannattasio vescovo di Nardò, la chiesa del SS. Rosario divenne la seconda parrocchia di Copertino, dopo la Matrice. Il primo parroco fu mons. Salvatore Nestola. Tra il 1930 e il 1959 la chiesa fu oggetto di sostanziali ampliamenti tra cui l’erezione, nel 1954, dell’attuale torre campanaria.

CHIESA MATRICE
La Collegiata è una tra le chiese della Diocesi di Nardò più ricche di storia. Essa rappresenta lo scrigno della storia religiosa e civile di Copertino. La costruzione fu iniziata da Goffredo il Normanno nel 1088 e terminata nel 1235 da Manfredi di Svevia il quale la dotò di numerosi privilegi elevandola a Basilica con il titolo di Vergine delle Nevi. Dedicazione che sostituì quella originale dell’Assunta. Nel ‘400, Tristano Chiaromonte, confermò gli antichi privilegi svevi e la dotò di alcune prerogative che consentirono al Capitolo collegiale di contrapporsi al potere episcopale della Diocesi di Nardò dalla quale dipendeva. La struttura che oggi si vede è la sintesi di diversi rifacimenti avvenuti nel corso dei secoli. Tra i più importanti risulta il pentagonale vano absidale realizzato nel 1576 dal clan del mastro neritino Francesco Maria Tarantino. Di notevole eccezionalità linguistica tutta neretina è la cinquecentesca torre campanaria addossata al presbiterio e terminata nel 1597 dallo stesso Tarantino. La redazione cinquecentesca della chiesa fu affidata l’8 febbraio 1569 al clan di marco Antonio Renzo di Lecce. A partire dal 1707, per volontà del vescovo Antonio Sanfelice, le pareti interne della chiesa subirono il fascino tardivo del barocco leccese. Al posto degli altari cinquecenteschi ne furono costruiti altri le cui decorazioni venivano attinte dai diffusi indirizzi barocchi. Ciò causò l’occlusione delle colonne romaniche interamente affrescate e i relativi capitelli i quali furono inglobati in poderosi pilastri. La volta a capriate scomparve, occlusa da un tetto decorato a stucco; il tutto ad opera di valenti stuccatori provenienti dall’area barese. Sul finire del XVIII secolo, per volontà testamentaria di Vito Nicola Saggese, verranno realizzati ad intaglio gli attuali stalli del coro firmati da Raffaele Monteanni. La chiesa Matrice vanta un archivio storico plurisecolare ed è particolarmente dotata di opere d’arte. Vi si possono ammirare la cinquecentesca “Deposizione” dello Strafella ed altre tele dello stesso artista. Una grande tela raffigurante la “Regina Martirum”di fra Angelo da Copertino, un bellissimo altare barocco del ‘600 realizzato da Antonio Donato Chiarello che contiene il pregevole affresco quattrocentesco raffigurante la Vergine delle Nevi. Numerosi dipinti del ‘700 tra cui quello del Guasais, del Lillo e di altri artisti di scuola napoletana.

MONASTERO DI SANTA CHIARA
Adottando il singolo patrimonio di quelle donne che scelsero la vita claustrale, il Monastero di S. Chiara divenne un istituto che consentì, soprattutto tra Sei e Settecento, il mantenimento degli equilibri economici del paese. Lo attestano gli innumerevoli prestiti censuali a favore di quanti ebbero bisogno di denaro contante per far fronte alle diverse esigenze della vita quotidiana. Ciò consentì anche un progressivo ampliamento del monastero per mezzo di acquisti e permute di beni immobili patrimoniali. L’operazione più interessante fu la cessione da parte della famiglia Morelli di un sontuoso palazzo con magnifico belvedere cinquecentesco. I Morelli, infatti, essendo impossibilitati ad estinguere un grosso prestito censuale con le monache, furono costretti a cedere un loro palazzo adiacente al convento. In epoca settecentesca la dimora fu ampliata ulteriormente ed il suo interno opportunamente decorato con stucchi per volontà di mons. Antonio Sanfelice, vescovo di Nardò. Ciò è documentato da quanto resta dello stemma del presule sul muro della prima rampa del barocco scalone del convento. La ricostruzione seicentesca di tutto il complesso, specialmente della chiesa, ha cancellato le fasi precedenti; pertanto, quello che oggi abbiamo sotto gli occhi è un edificio barocco per altro di scarsa originalità. Sappiamo che gran parte delle maestranze che attesero a questa ricostruzione non erano copertinesi. Siamo nei decenni conclusivi del ‘600 ed erano scamparsi Donato Chiarello e Ambrogio Martinelli. Sicché Copertino era divenuto un centro periferico anche per le maestranze che provenivano dall’esterno. La tradizionale impaginazione architettonica della facciata di questa chiesa è la prova evidente. Fu officiata per le monache claustrali le quali vi stettero fino alla soppressione murattiana. Dal 1826 e fino a pochi decenni orsono, la chiesa fu sede della Confraternita di S. Salvatore e Morti. Nonostante l’assenza di presbiteri che ne esercitino costantemente l’officiatura la chiesa continua a rimanere aperta al culto e la sua manutenzione è affidata alle risorse dell’adiacente chiesa Matrice.

SANTUARIO DELLA GROTTELLA
Nel 1577, Mons. Cesare Bovio fece edificare l’attuale chiesa ad unica navata con tre altari per lato. Sull’altare centrale, realizzato da Antonio Donato Chiarello, nel ‘600 fu incastonato l’affresco ritrovato della Vergine. Per interessamento del francescano copertinese p. Giovanni Donato Caputo, nel 1613 i francescani entrarono in possesso della Grottella e nel 1618 dettero inizio alla fabbricazione di un convento, che aggregarono a quello di San Francesco intra moenia. Tra i manovali vi era un quindicenne candidato alla santità, Giuseppe Maria Desa. Il convento fu oggetto della soppressione innocenziana nel 1652, ma un trentennio dopo fu riaperto e ingrandito. Nel 1753 fu dotato della prima statua in cartapesta raffigurante San Giuseppe da Copertino e vennero costruiti eleganti altari barocchi; sulle pareti della chiesa e del chiostro anonimi frati realizzarono interessanti opere a fresco. Inoltre, sul lato destro della chiesa fu realizzato un cappellone il cui altare è dedicato al Santo e contiene la prima cassa il cui furono deposte le sue membra. Il convento, soppresso per la seconda volta nel 1862, fu riaperto nel 1954 e sottoposto ad una lenta, ma graduale opera di restauro. Nella chiesa, ad un’unica navata coperta a volta, si possono ammirare interessanti opere d’arte tra cui una tela seicentesca raffigurante S. Antonio da Padova di Antonio Donato D’Orlando e pregevoli statue in pietra leccese.

SANTUARIO E STALLETTA DI SAN GIUSEPPE
La struttura, le cui pareti verticali erano realizzati da conci informi, aveva il tetto a capanna coperto con canne e tegole e al suo interno conteneva un camino, oltre a due vani di accesso. In un angolo, a sinistra entrando dal vano principale, Franceschina partorì Giuseppe Maria, ultimo di sei figli. Prima di lui, infatti, avevano visto la luce Brigida, nata nel 1587 e morta infante. Nel 1591 nacque Pietro che morì anch’egli in tenerissima età. Il 16 giugno 1596 fu battezzata Margherita ed anche questa morì giovanissima. Nel 1598 nacque il quartogenito che fu chiamato Pietro, ma che morì in gioventù. Nel 1601 vide la luce Livia che si sposò e sopravvisse ai genitori. Infine nacque Giuseppe che fu battezzato da don Delfino Fulino nella chiesa Matrice. La sua fu un’infanzia segnata dagli stenti e dalla malattia. Giovanissimo, infatti, il suo corpo subì l’invasione di piaghe purulenti e della scabbia. Più volte quel corpo fu portato tra le braccia di mamma Franceschina nella chiesa del convento di S. Francesco sperando in un miracolo. Ed effettivamente la sua guarigione avvenne grazie all’intervento di un monaco cappuccino di Galatone. Ripresosi dalla convalescenza, i genitori cominciarono ad occuparsi della sua educazione e lo affidarono allo zio francescano, padre Franceschino Desa, il quale lo tenne con sé come fratello laico all’epoca in cui si costruiva il convento della Grottella. MMa Giuseppe, che palesava essere un mezzo incitrullito, fu rimandato a casa. I coetanei, quelli più aspri e pungenti, non mancarono di affibiargli il soprannome di “Pippi boccaperta” per averlo sopreso più volte con la bocca semichiusa e le braccia aperte in forma di croce dinanzi alle immagini sacre della chiesa di San Francesco. In realtà, questo era il preludio delle sue mistiche ascensioni. Più tardi si rivolse ai Riformati di Casole, ma nemmeno questi vollero saperne della sua vocazione. Non rimanevano che i Cappuccini dove fu accettato in qualità di fratello laico. Stette prima a Copertino e poi a Martina Franca, dove fu mandato per l’anno di noviziato. Qui vestì il saio e lo chiamarono fra Stefano. Era il 1620. Un giorno, però, il maestro di noviziato lo chiamò per dirli di tornare al mondo perché non era vocato per quell’Ordine in quanto cagionevole di salute, sempre distratto al punto da apparire un po’ demente. Amareggiato, deluso, scalzo e seminudo partì da Martina Franca per raggiungere la sua Copertino. Raggiunta la casa paterna subì i rimproveri dei genitori e, in seguito a questi, scappò per rifugiarsi nuovamente nella chiesa della Grottella. Dinanzi all’immagine della Vergine pianse amaramente e pregò a lungo invocando l’aiuto della Madonna. Grazie all’amore di qualche frate, gli fu trovato un giaciglio in un sottoscala dove, nascostamente, alcuni frati gli portavano da mangiare. Di notte usciva per recarsi dinanzi all’immagine della Vergine per piangere e flagellarsi. Spiato continuamente e visto in estasi dinanzi all’immagine sacra, finalmente, dopo sei mesi di “latitanza”, fu accettato come fratello oblato e indossò l’abito francescano. Era felice. La Vergine aveva esaudito le sue preghiere. Il 1625 Giuseppe fu acettato come chierico e affiliato al convento della Grottella sotto la responsabilità dello zio, padre Donato Caputo. Alla Grottella fece il suo anno di noviziato e nel 1627 emise la professione religiosa. Il 30 gennaio di quell’anno mons. Girolamo De Franchis, vescovo di Nardò, gli conferì la tonsura e gli Ordini Minori. Il 27 febbraio, senza esami, fu ordinato suddiacono. Il 20 marzo passò al diaconato dopo aver tenuto un esame che sbalordì tutti. Per un anno si preparò all’ordinazione sacerdotale che di fa fatto avvenne nella parrocchiale di Poggiardo per mano del vescovo di Castro, mons. Giovanni Deti. Era il 18 marzo 1628. La sua povertà, ma soprattutto la fama dell’indiscutibile carica umanitaria, la sua eccezionale fede religiosa e i suoi prodigi superarono i confini cittadini e quelli provinciali. La sua prima levitazione è documentata il 4 ottobre 1630 al rientro in chiesa della processione di San Francesco. Giuseppe, infatti, si sollevò da terra fino all’altezza del pulpito, immobile sotto gli occhi di una folla in delirio. Da allora la sua vita cambiò. Le estasi divennero sempre più frequenti. Bastava un ragionamento su Maria o su Gesù perché restasse inerte o cadesse a terra come un cadavere. Anche gli episodi di sollevamento da terra durante la celebrazione della messa divennero frequenti. Il santuario della Madonna della Grottella, quindi, divenne ben preso un porto di mare soprattutto nei giorni festivi. Chi esclamava, chi piangeva, chi chiedeva misericordia all’Onnipotente. Tutti circondavano l’altare, toccavano il “santo”, lo osservavano da ogni lato, facevano esperimenti delle sue sensibilità con spilli e con candele accese, finché non interveniva il padre guardiano a riportare la calma. San Francesco era divenuto il punto fermo della vita di fra Giuseppe. Nel 1631, chiesto ed ottenuto un pellegrinaggio a Loreto e ad Assisi non poté compierlo a causa delle strade chiuse al transito per il diffondersi della peste. A Giuseppe obbedivano non solo gli uomini, ma anche gli animali. Cominciò a profondere miracoli i quali si pubblicano per la prima volta da Domenico Andrea Rossi nel 1767. Il Ministro Generale dei Minori Conventuali, infatti, in quell’anno, per i torchi di Giovanni Zampei, dette alle stampe il “Compendio della vita, virtù e miracoli di S. Giuseppe di Copertino”. Ma la diffusione dei suoi miracoli non tardò a richiamare l’attenzione del Sant’Offizio di Napoli. Le accuse partirono da Giovinazzo dove il Nostro, al termine di una levitazione fu accusato di truffa. Sicché il 26 maggio 1636 partì l’accusa formale. Secondo la procedura il fascicolo fu inviato a Roma dove la commissione cardinalizia del tribunale inquisitoriale discusse il caso. Nel 1638 a Napoli iniziò il suo calvario. In attesa di nuove prove di santità fu deciso di tenerlo segregato e fu mandato esule e triste ad Assisi. Era il 1643 e i suoi miracoli si susseguivano anche in Assisi dove gli fu consegnata la cittadinanza onoraria. Era il 4 agosto del ’43. Ad Assisi padre Giuseppe visse quattordici anni e rivelò anche in quella città le sue doti profetiche tra cui la morte di Urbano VIII anticipata tre giorni prima. Ultimo carisma fu quello della scienza. Semplice di lingua, zoppicante in calligrafia, trepido nella lettura, ma quando parlava di Dio “aveva tanta fecondia nei discorsi teologici che pareva dotto e intelligente”. Una scienza infusagli da Dio, sostenne padre Roberto Nuti. Le sue messe continuavano ad essere stracolme di fedeli in attesa dei suoi prodigi. Sicché, dinanzi a tale fenomeno non poté restare immobile la Santa Inquisizione. Era il 1653, infatti, quando il domenicano Vincenzo Pellegrini ne dispose il trasferimento a Pietrarubbia , presso l’eremo di S, Lorenzo. Giuseppe fu consegnato al padre guardiano con l’ordine di non farlo uscire dalla cella. Ma della sua presenza si accorsero anche gli abitanti di quelle contrade che, pur di vederlo continuarono ad assieparsi tra le mura della chiesa. Sicché fu ancora una volta trasferito tra i Cappuccini di Fossombrone. Anche qui padre Toedoro da Cingoli ebbe severe disposizioni circa la sorveglianza di padre Giuseppe. Nel 1657 Giuseppe fu tra i Conventuali di Osimo dove visse fino al 1663 per essersi ammalato. Pazientemente si sottopose alle scelte del cerusico. Il suo stomaco rifiutò ogni forma di cibo. La febbre lo divorò. L’8 settembre gli fu somministrata la comunione sotto forma di viatico. Verso sera implorò l’estrema unzione. La sera del 18 il suo volto cominciò a risplendere. Un quarto d’ora prima di mezzanotte chiuse la vita terrena con un lungo ineffabile sorriso. La cerimonia di sepoltura avvenne la mattina del 20. La cassa fu calata in un loculo sotto la cappella dell’Immacolata, a sinistra dell’altare maggiore. Da quel momento il pellegrinaggio alla tomba di fra Giuseppe da Copertino non avrà più termine. L’anno dopo furono aperti i processi ordinari nelle diocesi dove aveva a lungo dimorato. Nel 1688 ebbero inizio i processi apostolici che saranno letti ed approvati nel 1690. Dopo ampie discussioni, che durarono fino al 1735, Giuseppe fu dichiarato “Venerabile”. Fu proclamato beato il 24 febbraio 1753 e, il 16 luglio 1767, anniversario della canonizzazione di San Francesco d’Assisi, Clemente XIII lo proclamò Santo. Nel 1754, un anno dopo la sua beatificazione, l’Universitas di Copertino come atto di devoto omaggio al suo concittadino più illustre decise di costruirvi l’attuale santuario inglobandovi la “stalletta”. Per l’occasione furono abbattute un tratto di mura, la chiesa di San Salvatore e la misera dimora di donna detta “la Carlangiana”. Nel 1758 l’architetto copertinese Adriano Preite consegnò la fabbrica ai fedeli. Nella concava facciata di questa chiesa il Preite dimostra di aver assorbito la grande lezione neretina del Sanfelice del quale trasmette alla seconda metà del XVIII secolo gli stilemi e gli impianti tipologici. Altra interessante opera di quell’anno fu la trasformazione della porta del Castello in un arco di trionfo in onore del Santo. Superfluo sottolineare le manifestazioni di giubilo a Copertino e nel Salento in occasione delle diverse fasi che precedettero la santificazione. San Giuseppe da Copertino fu proclamato protettore degli studenti e degli esaminandi. Fu proclamato, inoltre, protettore dell’Aeronautica Militare.

CASTELLO DI COPERTINO
L’imponente struttura militare che appare ai nostri occhi fu realizzata nel 1540 secondo i canoni architettonico-militari imposti dalla scoperta della polvere da sparo. Il progetto è opera dell’architetto militare Evangelista Menga che lo eseguì per volere di Alsonso Castriota, giusto quanto si legge lungo la cortina est: DON ALFONSUS CASTRIOTA MARCHIO ATRIPALDAE / DUX PRAEFECTUSQUE CAESARIS ILLUSTRIUM DON ANTONII GRANAI CASTRIOTAE ET MARIAE CASTRIOTAE CONIUNGUM (sic!) DUCUM FERRANDINAE ET COMITUM CUPERTINI PATER PATRUUS ET SOCER ARCEM HANC AD DEI OPTIMI MAXIMI HONOREM CAROLI V RE / GIS ET IMPERATORIS SEMPER AUGUSTI STATUM ANNO DOMINI MDXL. Lungo tutto il perimetro esterno si osservano novanta feritoie le cui cavità consentivano un facile movimento dei cannoni. Queste sono distribuite su tre ordini separati da un cordone marcapiano. Un fossato scavato nella roccia a scopo difensivo ne completa l’aspetto fortilizio. Il castello fu anche dimora signorile: lo testimonia il balcone rinascimentale con balaustra traforata, nonché il sontuoso portale chiaramente esemplificato sul modello napoletano di Castelnuovo. Gli imponenti bastioni lanceolati e il fastoso portale rinascimentale sono, quindi, le principali attrattive esterne. Il portale, a cui recentemente è stata data un’esemplare decodificazione iconografica, è attribuito allo scultore neretino Francesco Bellotto su probabile disegno di Evangelista Menga. Le sue decorazioni, realizzate in calcarenite locale, risultano integrate successivamente con stucchi per proteggerle dai venti che nei secoli hanno esercitato un’azione polverizzante. Essendo tipicamente celebrativo, su di esso sono state immortalate le dinastie di re e regine, ma anche dei feudatari che si sono succeduti a Copertino. Di tipo trionfalistico sono invece le armature scolpite, i vessilli, i cannoni concentrati nel grande lunettone. Elementi ornamentali sono pure il diffuso fogliame, le modanature tortili , le colonne scanalate ed il diffuso carattere favolistico di cui restano alcune tracce sul lato sinistro di chi guarda. Difatti, in alto, subito dopo la colonna si può osservare Alessandro Magno che viene trasportato da un carro a sua volta spinto dal soffio di due grifoni. Dall’esterno si scorge anche il maschio a base scarpata realizzato nel XIII secolo. Nel 1407, in occasione delle nozze tra Ladislao di Durazzo e Maria D’Enghien, sul lato est fu incastonata l’arma delle due case. Questa torre è costituita da tre vani sovrapposti che comunicano con una scala a chiocciola scavata nello spessore murario. Attraversando il portale d’ingresso ci si trova davanti a quello angioino-durazzesco, ovvero l’originale varco d’ingresso al maniero. Da qui si può accedere per ammirare la cappella di S. Marco voluta dagli Squarciafico e affrescata nel 1580 da Gianserio Strafella; al suo interno vi troveremo i due sarcofaghi cinquecenteschi realizzati da Lupo Antonio Russo che contennero le spoglie di Uberto e Stefano Squarciafico, padre e figlio. Dal suggestivo atrio interno si ha una completa veduta del maschio angioino. Se si prosegue lungo lo scalone rinascimentale che conduce al piano nobile si potrà ammirare la quattrocentesca cappella gentilizia intitolata a S. Maria Maddalena. Il porticato, fatto costruire nel ‘600 dai Pignatelli, conferisce alla struttura un delicato movimento architettonico che interrompe piacevolmente la rigida geometria delle linee. E per ultimo, ma non ultimo, sarebbero da osservare le lunghe, oltrechè ampie gallerie che percorrono interamente il perimetro della fortezza ed oggi adibite ad iniziative di carattere culturale.

CRIPTA DI SAN MICHELE ARCANGELO
La struttura risale al 1314, epoca in cui regnava Roberto D’Angiò e il casale di Copertino faceva ancora parte dell’area ellenofona salentina. Come si evince dall’iscrizione dedicatoria posta al suo interno e rilevata per la prima volta nel 1982 dallo studioso Andrè Jacob, questa laura fu costruita per “devozione del cavaliere Sourè, di sua moglie e dei suoi figli “e fatta affrescare” dalla mano di Nicola e di suo figlio Demetrio da Soleto”. La costruzione dell’ipogeo, avvenuta due secoli dopo la persecuzione iconoclasta, dovette assolvere non solo funzioni cultuali, ma anche quelli di sicurezza in epoca in cui il territorio veniva funestato da scorrerie piratesche e da bande di mercenari sicché, nel momento del pericolo, monaci e fedeli potevano trovarvi rifugio. L’invaso, interamente scavato nella roccia, misura m. 9 x 5,20 e la volta, sorretta da due pilastri, è alta m. 2,60. Vi sono due altari scavati nella roccia. Il primo, quello della navata centrale, è affrescato con una scena della crocifissione (il Crocefisso, la Vergine e San Giovanni Evangelista). Tra l’altare centrale e quello a sinistra è affrescata la scena dell’Annunciazione. L’altare della navata sinistra contiene l’affresco più antico raffigurante San Giovanni Evangelista. Sulla parete destra si scorge la figura dell’Arcangelo Gabriele, mentre sulla parete settentrionale è leggibile un volto muliebre. Il soffitto della cripta conserva ancora un’ampia superficie affrescata dalla quale emerge un cielo stellato con stelle a otto punte e al centro una delicatissima scena sentimentale. È noto che i calogeri basiliani affrescarono riccamente le loro dimore, ricoprendo di immagini le absidi, i pilastri, le pareti laterali, gli archi e talvolta i soffitti adottando un’iconografia bizantina che prescriveva un’immagine statica e bidimensionale. Con il progressivo distacco dall’Oriente questa iconografia si evolse dando maggiore consistenza e vigore alle immagini che lentamente acquistarono una disposizione scenografica di tipo tridimensionale. Questa evoluzione raffigurativa, adottata dalla scuola pittorica italo-greca sorta in San Nicola di Casole presso Otranto, influenzò molti artisti meridionali vissuti prima di Giotto e costituì un momento di transizione tra l’arte orientale e quella occidentale. E’ questo, quindi, il caso degli affreschi della cripta di San Michele Arcangelo; affreschi “bizantineggianti” e non più bizantini dove il movimento e la drammaticità scenica di alcune figure sono assai lontane dall’impersonalità che emerge dai dipinti realizzati nei secoli precedenti, la cui connotazione prevalente fu quella di una piatta frontalità e di una statica ieraticità.

FRANTOI IPOGEI
I frantoi ipogei di Copertino furono realizzati fuori dal perimetro murario, in zone il cui sottosuolo si presentava composto di calcare sabbioso duro. Ma, il motivo principale per cui questi manufatti furono scavati appena fuori le mura, fu quello igienico-sanitario che veniva però disatteso allorquando, dovendosi svuotare periodicamente della sentina l’apposito vano ipogeo, questo prodotto di risulta veniva depositato a ridosso di alcuni tratti di mura, nei pressi del convento dei Cappuccini, oppure nella grande voragine del Malassiso. In questi frantoi si accedeva (e si accede) per mezzo di una serie di gradini scavati nella roccia. Appena dentro ci si trova dinanzi alla cosiddetta “fonte” costituita da due macine in pietra dura che un mulo provvedeva a far girare intorno ad un palo fissato tra il centro della fonte e la volta del vano. Intorno alla vasca si osservano una serie di finestrelle che affacciano nelle cosiddette “sciaghe”: cavità a campana più o meno grandi nelle quali venivano scaricate le olive attraverso apposite aperture poste sul piano stradale. Nelle sciaghe il frutto poteva rimanervi per oltre un mese pertanto, la morchia che si depositava alla base del silos passava attraverso un lume e veniva convogliata in un apposito pozzetto scavato alla base di ogni sciaga. Sottoposte al primo processo di lavorazione nell’apposita vasca, le olive si riducevano in un untuoso impasto. Da qui si passava alla fase successiva che consisteva nel trasportare il prodotto nel cosiddetto “posto delle mamme” per essere poi torchiato. In questa zona le maestranze preparavano i “gabbioni”, ovvero distribuivano l’impasto tra un “fiscolo” e l’altro, impilandolo. Da qui lo trasportavano presso il primo torchio dove rimaneva pressato per almeno trentasei ore. L’olio ottenuto dalla prima spremitura veniva convogliato in appositi tini di castagno per farlo sedimentare dalla morchia. I tini erano allogati in fosse provviste di un portellone che veniva chiuso a chiave dal “nachiro”. A costui, responsabile del frantoio, spettava il compito di “crescere” l’olio, cioè misurarlo con appositi misuratori di creta alla presenza del proprietario delle olive. Dopo la prima spremitura l’impasto veniva ricomposto per essere sottoposto, per dodici ore, alla seconda spremitura in torchi più piccoli. Al termine di quest’ultima fase non restava che depositare nel “sentinaio” quanto avanzava dalla spremitura, cioè la “sansa”. Non mancava, nell’ipogeo, un luogo destinato al ricovero delle bestie impiegate a far ruotare le macine, ed un altro riservato alla consumazione del cosiddetto “muccosi”, ovvero pane, vino e companatico, da parte delle maestranze. Dopo aver sintetizzato il processo di lavorazione delle olive accenniamo ora alle principali condizioni che consentivano la gestione di un frantoio, ricavate da un documento del 1568 in cui si parla dell’acquisto, per 117 ducati, del “Trappito sotto il Castello” da parte di Bernardino Bove e Francesco De Lectio. Il proprietario del frantoio non doveva pretendere più di quattro carlini per ogni macinatura. Al padrone delle olive competeva dar da mangiare alla maestranze sia al mattino che a sera; diversamente era obbligato a pagare in ducati il costo del cibo. Il possessore del trappeto era obbligato a predisporlo ogni anno affinchè non vi mancassero le maestranze, le bestie necessarie a far girare le macine ed eventuali supporti rigorosamente in legno d’ulivo. Il padrone delle olive era tenuto a pagare il costo della molitura alla consegna dell’olio. In caso di mancato pagamento il nachiro avrebbe trattenuto l’olio per rivenderlo, rifacendosi così dei costi sostenuti per la molitura; al padrone delle olive avrebbe versato il resto. Al nachiro competeva riferire al daziere le generalità del padrone delle olive e la quantità di olio ottenuto affinché potesse esigere il dazio. A vigilare intorno ai frantoi c’erano poi i cosiddetti “soprastanti” incaricati dall’Universitas. Costoro osservavano che tutte le operazioni si svolgessero in ordine; avevano libero accesso nel frantoio e il potere di sospendere la macinatura qualora si verificassero disordini. A Copertino, nel ‘500, erano attivi 11 frantoi ipogei. Di alcuni di loro conosciamo la denominazione: “trappito sotto il Castello, trappito Piccolo, trappito delle Decime, trappito dello Basilio, trappito delle Sceminale, trappito del Lago Rosso, trappito della Cisterna della corte, trappito delle Mendule, trappito delli Morello”. Un documento del 1566 ci rivela che proprio quell’anno la raccolta delle olive avrebbe superato ogni aspettativa. Sicchè il sindaco Pompeo Ventura fu costretto a rivolgersi al governatore Tommaso Torriglia, affinchè autorizzasse l’allestimento di tutti i trappeti esistenti e se ne costruissero altri fino a metterne a disposizione ventitré. Il Torriglia assicurò la sua disponibilità, ma sostenne che non ci sarebbe stato bisogno di costruirne dei nuovi in quanto, anche quando nel 1558 ci fu “entrata” (raccolta) ben più abbondante di quella in corso, furono sufficienti quelli già esistenti. Un altro documento, infine, ci rivela che nel 1567 la corte feudale, essendo proprietaria di dieci frantoi, li vendette all’Universitas di Copertino che a sua volta li rivendette a privati cittadini. Di generazione in generazione questi manufatti giunsero pressoché attivi fino al XIX secolo. Nel 1861, infatti, venivano censiti 15 “trappeti a grotta” ceduti al Comune dall’ex feudatorio con sentenza del 16 luglio 1810. Dal censimento emerge che Luigi e Antonio Cosma ne possedevano 3, Francesco Cosma 1, gli eredi di Trifone Nutricati Briganti 2, Bonaventura Calcagnile 1, Giuseppe Trono 1, don Vincenzo De Pascalis 1, Florindo Sederino 2, Bartolomeo Ravenna di Gallipoli 1, gli eredi del principe di Belmonte 1, i padri Teatini di Lecce 1, il Monastero di S. Gregorio Armeno di napoli 1. Aggiungiamo che in quello stesso anno erano stati attivati tre trappeti “a giorno” appartenenti rispettivamente a Sebastiano Greco, Giovanni Gentile e Francesco Del Prete. Questi tre manufatti segnano l’inizio della fine dei frantoi ipogei.

PALAZZO PAPPI
Appartenuto alla famiglia Pappi, facoltosa presenza locale sin XVI secolo. Tracce del loro rinomato patrimonio si ricavano dal catasto Onciario di Copertino del 1745 dove, appunto, risultano i copertinesi più facoltosi essendo gli unici tassati per oltre 500 once. La loro presenza di estinse sul finire del ‘700 con Francescantonio. Eressero la loro cappella nella chiesa dei padri Domenicani, presso quello che oggi è il fonte battesimale nella chiesa omonima. Dimorarono in un grande palazzo al centro del paese. Quanto resta dell’avito edificio è il portale che si può ammirare in un vico lungo l’attuale via M. di Savoia. Il portale è un edificio di modeste dimensioni ma dai raffinati partiti decorativi; è diviso dallo spazio della corte da una quinta che è un vero e proprio fondale trasparente costituito da un portale catalano durazzesco affiancato da due grate lapidee splendidamente traforate. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un risultato architettonico in linea con i coevi esemplari metropolitani.

PALAZZO VENTURA
Dimora della famiglia Ventura. La loro presenza a Copertino risale al XV secolo con Raguzio de Ventura, proveniente dall’area salernitana, il quale sposò la copertinese Raimondina Camerario. Furono da sempre attivi in ambito economico al punto che soprattutto del XVI secolo risulteranno tra le figure più eminenti nella civica amministrazione della quale ne assumeranno la gestione finanziaria. Particolarmente vocati nell’amministrazione del denaro i Ventura costituiranno a Copertino il primo istituto di credito in epoca contemporanea. Ciò che resta della loro dimora è il pregevole portale barocco interamente ripreso a stucco nel corso della prima metà del ‘700. Il destino del palazzo sembrò segnato alla fine dell’800 quando, cioè, imparentandosi con la famiglia Cosma, acquisiranno nell’attuale Piazza del Popolo la dimora di quest’ultimi. Il vecchio palazzo, adibito a dimora dei loro coloni, andò lentamente in rovina. Finalmente, intorno al 1950 i Venturi lo cedettero alla parrocchia S. Maria ad Nives che ne fece un centro educativo. La cessione comportò inevitabili manomissioni, rifacimenti e ampliamenti che ne occultarono il cinquecentesco profilo architettonico.

PALAZZO PRENCE
Quella dei Prence fu una famiglia che si impose sul proscenio locale con una dinastia di ecclesiastici. Dell’edificio si conservano ancora pallide tracce sei-settecentesche, alcuni lembi di affreschi al suo interno e il magnifico portale. Attribuito al Chiarello quest’ultimo rappresenta uno straordinario pezzo architettonico nel quale spicca con energia la fantasia un pò allucinata dell’esecutore, sempre sbilanciata in direzione di una resa antinaturalistica della figurazione, dove trova spazio il demoniaco e il sovrannaturale proprio come nelle visioni mistiche dei suoi santi compatrioti. Il portale è sormontato da S. Michele che uccide il drago e da due altrettanto significativi rilievi che inquadrano le due aperture della piccola corte del medesimo palazzo.

PALAZZO DIEZ – CAPOZZA – D’AMBROSIO
All’origine, nel ‘500, fu il castellano spagnolo Diez a realizzare la prima struttura del palazzo, come lo attestano documenti notarili ed elementi di architettura rinascimentale ancora leggibili sul prospetto della cappella dipendente del palazzo e intitolata a S. Maria del Popolo. Per trasmissione ereditaria l’edificio fu poi dei Capozza e nel Settecento dei D’ambrosio. Il palazzo sorse nel punto più nevralgico del paese e segnò la prima dimora che consentì lo sviluppo urbanistico del cosiddetto “Borgo”: un tratto di strada rettilineo sorto sul finire del ‘500, che mise in comunicazione il centro antico con il convento dei Domenicani. Passato ai D’Ambrosio, il palazzo fu oggetto di interessanti decorazioni esterne che culmineranno in una serie di iscrizioni sugli architravi. Con il matrimonio tra Francesca D’ambrosio e Antonio Moschettini il palazzo assunse la denominazione di quest’ultimo la cui erede, Palmira Perrotta, ne fece un polo per il recupero di ragazze orfane e un asilo infantile presso il quale, a partire dal 1931, si formarono intere generazioni di copertinesi. La dimora risulta oggi articolata e complessa dal punto di vista architettonico, soprattutto a causa dei continui ampliamenti dettati dalle esigenze tipiche di un istituto con scopi esclusivamente pii.

I MIGNANI
“Mignano” deriva dal latino “maenianum” e prende il nome da Gaio Menio (318 a.C.) il quale per primo avrebbe fatto sporgere travi sopra le “taberne veteres” del Foro, per creare palchi sospesi in occasione di spettacoli. Il mignano costituì, soprattutto nel ‘500, un singolare elemento architettonico che faceva da tramite tra la riservatezza della corte e la strada pubblica. Si tratta di un singolare balcone, servito da una scala, che sovrasta il portone d’ingresso alla corte il cui parapetto occupa spesso tutto il prospetto sulla strada. Esso rappresenta un elemento della casa a corte di notevole importanza non soltanto sotto il profilo architettonico, ma anche e soprattutto sotto l’aspetto sociale. Difatti serviva alla famiglia e in particolare alla donna di casa che più spesso ne faceva uso per partecipare, con discrezione, alla vita del paese. Un modo di vedere senza essere visti. Un affaccio al quale la donna ha sempre dato una grande importanza, specialmente durante le processioni religiose, in occasione delle quali si appendevano le coperte più belle del corredo.

PIAZZA DEL POPOLO
Oggi come allora la piazza è animata da numerose attività artigianali e commerciali. Sul lato Ovest della Piazza si affaccia la Chiesa di S. Chiara con annesso il complesso conventuale, ora sede di Uffici Comunali ( Urbanistica , Lavori Pubblici e Biblioteca Comunale ). accanto alla Chiesa di s. Chiara, in angolo con la Piazza, esisteva il Sedile, acquistato dalle clarisse e adibito a infermeria conventuale ( attualmente sede della società agricola di mutuo soccorso ). Sul lato nord della piazza vi sono delle robuste abitazioni del tardo ‘500 e la più recente Torre dell’Orologio. Chiude il lato sud della piazza il Palazzo del Prete, edificato verso la fine dell’800 la dove esisteva l’antico palazzo cinquecentesco dei Morelli. Sul lato est della piazza è visibile il palazzo Venturi, ricostruito nell’800 con accanto la Cappella di S. Stefano, ancora individuabile nonostante le trasformazioni.

PRINCIPALI EVENTI FESTE PATRONALI MERCATI E SAGRE

DAL 16 AL 19 SETTEMBRE FESTA DI SAN GIUSEPPE DA COPERTINO
Quattro giorni di festa per celebrare San Giuseppe da Copertino tra concerti e festeggiamenti religiosi e tradizionali. Imperdibile la parata di luminarie, considerate le più belle di Italia, al centro delle quali quasi in volo, viene posizionata l’effige del Santo. San Giuseppe viene considerato il Santo dei voli a causa della levitazione che secondo le cronache del tempo avrebbe compiuto in stato di estasi. Ciò che contraddistingue la festa è la grande partecipazione di pubblico perché si festeggia il concittadino più illustre.

MARTEDI’ MERCATO INFRASETTIMANALE
DAL LUNEDI’ AL SABATO MERCATO GIORNALIERO

PUNTI DI INFORMAZIONE TURISTICA

I.A.T. COPERTINO
VIA MARGHERITA DI SAVOIA, 71
0832 949010

 

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA INDIRIZZO DESCRIZIONE
STRADA STATALE 101 LECCE-GALLIPOLI
STRADA PROVINCIALE 6 Copertino-Lecce (Via Monteroni)
STRADA PROVINCIALE 16 Copertino-Lecce (via San Pietro in Lama)
STRADA PROVINCIALE 17 Leverano-Copertino-Nardò
STRADA PROVINCIALE 18 Copertino-Galatina
STRADA PROVINCIALE 20 Copertino – San Donato
STRADA PROVINCIALE 114 Copertino-Sant’Isidoro
STRADA PROVINCIALE 124 Copertino-Carmiano
STRADA PROVINCIALE 125 Copertino-San Donato
STRADA PROVINCIALE 307 Copertino-Santa Barbara
STAZIONE FERROVIARIA Posta sulla linea Novoli-Gagliano
SOCIETÀ TRASPORTI PUBBLICI DI TERRA D’OTRANTO S.P.A. Autolinee che collegano differenti tratte
FSE Autolinee che collegano differenti tratte

ATTIVITA’ ECONOMICHE

PRODUZIONE AGROALIMENTARE

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
OLEIFICIO OLEIFICIO CICCARESE, PRODUZIONE E VENDITA OLIO VIA EST NARDO’, LOC. LI TUMI 333 1428234
OLEIFICIO OLEIFICIO PETITO DI PETITO MAURO E C. Snc VIA CORSICA, 64 0832 931944
OLEIFICIO OLEARIA SNC VIA ROMA, 143 0832 947774
OLEIFICIO TRONO SALVATORE SRL VIA PARTIGIANI D’ITALIA 349 5201051
ENOTECA SAN SEBASTIAN VINERIA VIA MALTA, 8 327 8312363
ENOTECA TEMPO DI VINO VIA MARGHERITA DI SAVOIA, 1 333 6059576
ENOTECA DELEO WINE&MORE VIA RE GALANTUOMO, 27 327 8442012
ENOTECA 1900 VIA EVANGELISTA MENGA 339 5070804
ENOTECA 1900 VIA EVANGELISTA MENGA 339 5070804
AZIENDA VINICOLA CUPERTINUM CANTINA SOCIALE VIA MARTIRI DEL RISORGIMENTO, 6 0832 947031
ENOTECA IL GIARDINO DELLE CLARISSE P.ZA DEL POPOLO, 7 333 8380048
RISTORAZIONE

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
PIZZERIA TRATTORIA AL CANNETO PIAZZA MAZZINI 45 0832 947265
SUSHI, POKE, BAR POKO POKO SUSHI BAR PIAZZA DEGLI EROI 1 – MAGLIANO PIAZZA DEL POPOLO 1 345 078 8536
ROSTICCERIA LA ROSTICCERIA VIA GARIBALDI 20 0832 169 4657
BAR CAFFE’ DEL TRONO VIA C.MARIANO 136 379 155 4734
BAR QUO VADIS VIA POMPEI 34 329 384 0905
BAR M’AMO CAFE’ VIA TERRA D’OTRANTO 13 329 846 8645
PIZZERIA, BAR LU CHIOSCHETTU VIA TURATI SNC 324 922 2293
GASTRONOMIA D’ASPORTO SCOTTADITO DI BARBAROSSA SONIA. VIA CORSICA 145 333 129 8124
BAR STORICO 129 VIA G. VERDI ANG. M. DI SAVOIA 30 320 835 6934
BAR SUD EST CAFE’ VIA REGALANTUOMO SNC 333 3563201
PIZZERIA CIAK VIA A.QUARTA 142 0832 930756
PASTICCERIA, GELATERIA, ROSTICCERIA THE ONE VIA FERNANDO VERDESCA 6 0832 948150
BAR VIRIDIS BAR VIA GARIBALDI SN 380 191 9805
RISTORANTE GHIOTTE IDEE VIA DAMIANO CHIESA, 144 328 294 4487
PIZZERIA NEW ACROPOLI VIA CORSICA, 279 339 375 3691
TRATTORIA BRACERIA PIZZERIA ANTICA OSTERIA VIA CORSICA, 172 320 892 1502
CUCINA MESSICANA ESCAMOTAGE VIA SANT’ANGELO, 33 327 448 7904
RISTORANTE ARCO DIVINO, PIAZZA CASTELLO PIAZZA CASTELLO, 40 371 390 7552
RISTORANTE I GRANAI VIA STEFANO PALMA, 6 329 1898816
PIZZERIA PIZZAAPP VIA CASOLE, 1 342 869 3599
PIZZERIA BRACERIA HOUSE VIA SCIARPO, 99 389 651 2266 info@pizzahousecopertino.it
TRATTORIA PIZZERIA LA LANTERNA DEL GRECO P.ZA DEL POPOLO, 48 0832 194 3151
TAKE AWAY OLD KITCHEN VIA TERRA D’OTRANTO,7 349 772 7174 info@old-kitchen.it
TRATTORIA PIZZERIA LA RUOTA VIA CORSICA, 27 0832 935183
RISTORANTE PHOENIX VIA GROTTELLA, 216 0832 930599
OSPITALITA’

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
B&B CASA A CORTE LARGO CASTELLO 17 0832 947100
HOTEL HOTEL NUOVA GROTTELLA VIA GROTTELLA ESTERNA 6 0832 930023
DIMORA STORICA PALAZZO MASTORE VIA GIOVANNI AMENDOLA, 1 0832 402101 info@palazzomastore.it
B&B MASSERIA LA TOFALA VIA BENGASI 349 323 2897 info@masserialatofala.it
DIMORA STORICA TENUTA SCALOTI S.P. 16 N. 10 338 827 0549 info@tenutascaloti.it
AGRIRESORT RISTORANTE IL MONTE VIA GALATINA ESTERNA, KM. 3 328 9618306 info@agriresortilmonte.it
AGRITURISMO MASSERIA PAPPO VIA CASOLE ESTERNA 333 5872211 info@masseriapappo.it
ARTIGIANATO ARTISTICO

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
ARTIGIANATO NATALI CARTAPESTA VIA MARGHERITA DI SAVOIA, 28 338 9241979
ARTIGIANATO SCULTURE ARTISTICHE E DECORAZIONI VIA GIORGIO LA PIRA, 26 0832 934726
ARTIGIANATO INTRECCI ARTE E GEMME VIA MAGISTRATO MARIANO, 76 0832 934726
ARTIGIANATO COPERTININFISSI VIA GIOLITTI, LOTTO 1 0832 933579
ARTIGIANATO ARTIGIANI DEL MARMO DI ALEMANNO LORENA & C. Sas VIA GALATINA, ZONA INDUSTRIALE 0832 949281

ATTIVITÀ ECONOMICHE

A Nardò l’analisi ha individuato 6 attività del settore della ristorazione (Ristoranti, pizzerie, bar, pub, pasticcierie…), 33 del settore dell’ospitalità (Hotel, b&b, case vacanze…), 6 del settore della produzione agroalimentare (Cantine, oleifici…) e 4 del settore dell’artigianato artistico.

PIATTI E PRODOTTI TIPICI

OLIVA CELLINA DI NARDÒ
Il loro gusto ricorda le more mature e vengono molto apprezzate per l’inconfondibile aroma. Sono le olive della piccola cultivar nera Cellina di Nardò, conosciuta anche come “Saracina” o “Scorranisa”. Per le loro tipiche caratteristiche organolettiche, trovano largo impiego come insostituibile ingrediente in tanti piatti della tradizione popolare come le minestre di verdure, le focacce farcite e i pani salentini conditi, come Pucce, le Uliate, Sceblasti”, ‘Mpille. Ma anche nella preparazione di ottimi dolci. L’olio ricavato dalla Cellina, ha un sapore fruttato, con sensazioni leggere di foglia, erba, e una debole fragranza di piccante. È un olio particolarmente indicato sulle verdure cotte e crude, sui primi piatti, sul pesce lesso e arrostito e sulle carni lessate.

PRINCIPALI LUOGHI DI INTERESSE STORICO ARTISTICO E CULTURALE

CHIESA DI SAN FRANCESCO DA PAOLA
La chiesa si trova appena fuori le mura del centro storico e la si incontra facilmente percorrendo la centralissima via Roma. Fu il duca Bellisario II Acquaviva d’Aragona a edificarla nel 1607, proprio nel luogo in cui c’era un’antica cappella dedicata alla Madonna di Costantinopoli. Un atto di ringraziamento per essere stato salvato da un fulmine durante una battuta di caccia. In seguito, fu concessa all’Ordine dei Minimi e dedicata a San Francesco da Paola, l’eremita dalla vita piena di prodigi. La chiesa, una struttura a croce latina con un’unica navata, è sollevata rispetto al piano stradale e vi si accede da una scalinata. Il convento attiguo è in parte di proprietà privata.

BASILICA CATTEDRALE DI SANTA MARIA ASSUNTA
Chi visita Nardò e il suo cuore barocco non può non scoprire la cattedrale dedicata alla Beata Vergine Santissima Assunta, monumento nazionale sin dal 1897 e Basilica Pontificia minore dal 1980. Fu fatta costruire dal conte normanno Goffredo nel 1080 probabilmente sul luogo dove, un tempo, c’era l’antica chiesa di Sancta Maria de Nerito, costruita da monaci orientali che nel VII secolo sfuggirono alle persecuzioni iconoclaste. La chiesa ha tre navate, le colonne e le pareti sono affrescate con pregevoli opere pittoriche. In fondo alla navata centrale si trova l’altare maggiore con il coro con stalli in legno di noce. Impossibile non conoscere la storia del Crocifisso ligneo del XII secolo, detto il Cristo Nero per la particolare colorazione scura del legno di cedro. Si narra, senza supporti storici e documentali, ma certamente con spirito devozionale, che nel 1255 i saraceni giunsero a Nardò per espugnarla, scegliendo come atto simbolico di bruciare in piazza il crocifisso. Durante l’operazione di trasporto all’esterno della chiesa, il crocifisso urtò lo stipite della porta e un dito venne completamente reciso dall’impatto. Da qui fuoriuscì un fiotto di sangue, evento che atterrì i Saraceni, che rinunciarono al proposito. Nel 2013 Poste Italiane hanno emesso un francobollo di 70 centesimi in occasione del sesto centenario della cattedrale.

CHIESA DI SANT’ANTONIO
Bellissima la storia della chiesa di Sant’Antonio, che nasce sul finire del 1400 sui resti di una sinagoga, luogo di riferimento della Giudecca, il quartiere ebraico di Nardò. Una comunità ebraica, infatti, risiedeva in quel tempo in città esercitando principalmente l’attività della lavorazione delle pelli, ma fu costretta ad abbandonarla a causa delle persecuzioni antisemite del 1496. L’area della sinagoga, ormai abbandonata, fu concessa all’ordine conventuale dei Francescani Osservanti, che vi costruirono la chiesa di Sant’Antonio di Padova e l’attiguo convento (quest’ultimo oggi è sede del Museo della Preistoria di Nardò). La facciata è stata rifatta nel Settecento ed è divisa in due ordini, secondo uno stile essenziale. Più fastoso l’interno, a navata unica, con un pregevole soffitto ligneo a cassettoni. Degno di nota il Mausoleo degli Acquaviva, grandiosa opera scultorea rinascimentale. Di recente è stato portato a termine un corposo intervento di consolidamento e restauro. La chiesa si trova nel vecchio pittagio San Paolo, nel centro storico, su un lato della omonima piazzetta, anch’essa negli anni scorsi oggetto di lavori di riqualificazione.

CHIESA DI SAN DOMENICO
Volute, putti, creature, elementi floreali sulla facciata fanno della chiesa di San Domenico, a pochi passi da piazza Salandra, cuore della città, una delle testimonianze più belle e significative del barocco a Nardò. Da sempre, questo meraviglioso prospetto in carparo incanta i visitatori, prima ancora della sua storia, dei particolari stilistici, del patrimonio artistico e architettonico che custodisce. Intitolata anticamente a S. Maria de Raccomandatis, fu affidata ai padri domenicani residenti nel convento adiacente agli inizi del XIV sec. e fu ricostruita tra il 1580-94 da Giovanni Maria Tarantino. Il terremoto del 1743 la danneggiò gravemente, come molti altri immobili della città. L’interno della chiesa fu completamente ricostruito ad opera di fra’ Alberto Manieri, architetto domenicano e priore dello stesso convento. Vale senza dubbio approfondire la conoscenza della struttura all’interno, delle decorazioni, dei dipinti, degli altari. Bellissimo l’altare in marmo dedicato alla Madonna del Rosario, con un dipinto ad olio su tela, opera del pittore neritino Donato Antonio D’Orlando. L’ex convento dei frati adiacente alla chiesa è attualmente sede del Liceo Artistico.

CHIESA DELLA BEATA VERGINE MARIA INCORONATA
Appena ai margini del centro abitato, la chiesa dell’Incoronata è un piccolo gioiello, con i suoi conci di carparo e la pianta a croce latina. Eretta nel 1599 nel luogo in cui c’era una grotta con un affresco trecentesco raffigurante la Vergine Maria incoronata da Gesù, rappresenta la sublimazione dello stile di Giovanni Maria Tarantino, noto architetto neritino. Alla chiesa è annesso un convento, oggi in disuso, affidato nel 1634 all’Ordine degli Agostiniani, che lo hanno occupato sino agli inizi dell’Ottocento. Per lungo tempo nel secolo scorso la chiesa è rimasta chiusa e poi sottoposta a un lungo intervento di consolidamento e restauro. Solo nel 2016 è stata riaperta al pubblico. La si raggiunge facilmente percorrendo via Incoronata che dal nucleo urbano conduce in periferia e poi verso il mare.

CHIESA DELLA BEATA VERGINE DELLA PURITÀ
La facciata, di ispirazione borrominiana, accoglie i visitatori della chiesa della Purità, voluta nel Settecento dal vescovo Antonio Sanfelice nell’ambito della costruzione dell’attiguo Conservatorio di Santa Maria della Purità, che nacque come un istituto per l’educazione delle giovani donne della diocesi “pericolanti nella fede”. La chiesa è uno dei pochi edifici religiosi ancora esistenti disegnati dall’architetto Ferdinando Sanfelice, fratello del vescovo. La chiesa della Purità si trova all’inizio di via Sambiasi, nel centro storico. È un piccolo scrigno, con una pianta a croce greca, l’altare maggiore in marmo policromo e alcune tele molto interessanti.

BEATA VERGINE MARIA DEL CARMELO
Due imponenti leoni accolgono i visitatori della chiesa del Carmine, nel cuore del centro storico. Forse un po’ immeritatamente, sono loro a catturare l’attenzione (e tanti scatti) e a distoglierla inizialmente dal complesso della facciata, con i suoi motivi romanici, le nicchie con le statue dell’Angelo nunziante e della Vergine Annunziata e, nell’ordine superiore, un architrave decorato e un ampio finestrone. Gli stucchi barocchi, le tele e gli altari arricchiscono l’interno e suggeriscono indubbiamente una visita. C’è un documento che attesta l’esistenza della chiesa, inizialmente dedicata a Santa Maria Annunziata, già nel 1460. L’immobile ha subìto vari interventi di ristrutturazione, tra cui due particolarmente significativi: quello successivo all’assedio delle truppe francesi del generale Lautrec, intorno alla metà del 1500, e quello successivo al terremoto del 1743. Percorrendo l’asse viario che “taglia” il centro storico, si incontra la chiesa a metà strada tra piazza Salandra e porta San Paolo, uno dei quattro antichi ingressi della città. Annesso alla chiesa c’è l’ex complesso conventuale dei carmelitani scalzi, oggi sede di alcuni uffici comunali.

CHIESA DI SANTA TERESA
Il centro storico neretino ospita anche la chiesa dedicata a Santa Teresa di Gesù, in onore di Teresa Adami, suora neretina, che diresse per molti anni il monastero delle Carmelitane Scalze nell’attiguo convento. La struttura attuale della chiesa risale alla seconda metà del Settecento, quando fu ricostruita dopo il terremoto del 1743. Ha alcuni profili rococò e all’interno vale la pena ricordare il maestoso altare in pietra e marmi policromi, sovrastato da un dipinto ad olio raffigurante l’Estasi di S. Teresa, i ricchi decori con stucchi elegantissimi e la statua in cartapesta raffigurante San Biagio, quest’ultima oggetto di profonda venerazione da parte dalla comunità locale. Patrono degli otorinolaringoiatri, i fedeli si rivolgono al medico San Biagio per la guarigione dalle malattie della gola (salvò, tra gli altri, un bambino che soffocava a causa di una lisca di pesce). Ogni 3 febbraio i neretini onorano il rito della benedizione della gola da parte dei sacerdoti e diaconi, dalle prime ore del giorno fino a tarda serata.

CHIESA E MONASTERO DI SANTA CHIARA
La chiesa sorge accanto al monastero delle Clarisse, uno dei più antichi dell’Italia meridionale, che ha accolto sin dal Trecento donne appartenenti alle nobili e facoltose famiglie di Nardò e della Terra d’Otranto, votate alla clausura. La costruzione della chiesa risale al Seicento, le decorazioni riflettono lo stile di un barocco che si avvia verso il rococò. Ha una pianta rettangolare, con un’unica navata e tre cappelle su ognuno dei due lati (impreziosite da pregevoli dipinti del XVII e del XVIII secolo). Il pavimento è ad ottagoni di marmo bianco e grigio. Nel corso del Settecento la chiesa e il convento hanno subito alcuni interventi di ristrutturazione, anche a seguito del terremoto del 1743. Degno di nota lo scalone che porta al primo piano del monastero, opera dell’architetto napoletano Ferdinando Sanfelice (fratello di Antonio Sanfelice, vescovo della diocesi di Nardò nel corso dello stesso secolo).

CHIESA DI SAN TRIFONE
È la chiesa che si affaccia su piazza Salandra, al centro della città. Una imponente facciata barocca tradisce uno spazio interno abbastanza modesto, costituito da un’unica navata e un unico altare tardo barocco in pietra e stucco, con un dipinto settecentesco raffigurante San Trifone, a cui i neretini devotamente si rivolsero per la liberazione delle campagne dalla piaga dei bruchi. La chiesa fu edificata tra il 1720 e il 1723 per volontà del vescovo Antonio Sanfelice, nel punto in cui c’era un piccolo oratorio. A questo luogo di culto è associata la sorte misteriosa di una preziosa tela raffigurante san Gregorio Armeno, protettore della città, opera di Ferdinando Sanfelice e un tempo inserita nel controsoffitto ligneo. Rimossa nel 1959 per alcuni lavori di riparazione, non è mai più ritornata al suo posto.

CHIESA DI SAN GIUSEPPE
Un’altra bellissima chiesa nel cuore antico della città è la chiesa intitolata a San Giuseppe Patriarca, riedificata nel 1758 in sostituzione di una preesistente chiesa costruita tra il XVI e il XVII secolo. L’edificio risente molto dell’influsso dell’architettura leccese, in particolare della chiesa di San Matteo e della sua facciata a tamburo, di chiara derivazione borrominiana. Di rilievo, sulla facciata, l’iscrizione “De Domo David”, motto della Confraternita di San Giuseppe. L’interno è a pianta ottagonale con altare maggiore valorizzato dal pregevole bassorilievo, di autore ignoto, che rappresenta la Fuga in Egitto. La chiesa ha altri tre altari in pietra con grandi pale su tela raffiguranti san Giuseppe, sant’Apollonia e sant’Oronzo.

CHIESA DI SANTA MARIA DELLA ROSA
Nel cuore del centro storico si trova anche la piccola chiesa di Santa Maria della Rosa, di cui vale la pena conoscere la storia. Della sua edificazione è complice un prodigio: la Vergine Madre della Rosa, raffigurata in un’icona di una vecchia cappella diroccata di un palazzo nobiliare, parlò a una fanciulla del luogo lamentando l’abbandono in cui era tenuta la sua immagine. Per questo si pensò di costruire una chiesa per ospitare l’icona stessa, che venne terminata e aperta al culto nel 1611. Il crescente afflusso di fedeli costrinse poi ad ampliare (nel 1620) l’edificio nella forma attuale. L’edificio è opera dell’architetto Giovanni Maria Tarantino, ha sul fronte un unico ingresso decorato e sormontato da un finestrone. Ha un campanile a vela, mentre all’interno l’unica navata è scandita da archi a tutto sesto. Sull’altare in pietra leccese trova spazio l’antica icona della Madonna. Restano poche tracce, invece dei dipinti murali. Dopo il terremoto del 1743 la chiesa ha ospitato a lungo la Confraternita di San Giuseppe (la chiesa di San Giuseppe, infatti, subì moltissimi danni). Dopo l’Unità d’Italia, fu abbandonata e la proprietà passò a privati, che solo nel 1982 l’hanno donata alla Diocesi (che ha provveduto al suo restauro).

CHIESA DI SANTA MARIA IMMACOLATA
È una chiesa dalle origini molto antiche e la sua storia si intreccia con quella di re Carlo I d’Angiò, che tramite Filippo de Toucy nel 1271 donò ai francescani il vecchio castello normanno, costruito nel punto più alto della città, da adibire a convento. Sui resti dello stesso nacque anche la chiesa, inizialmente dedicata a San Francesco d’Assisi e solo nel 1830 consacrata all’Immacolata. Mentre il convento attiguo è ora un’abitazione privata. Dalla sua la chiesa ha un elegante prospetto in carparo diviso in due ordini, una nicchia con la statua in pietra leccese dell’Immacolata e, all’interno, un’unica navata terminante nel presbiterio e tre altari laterali in stile barocco. La chiesa dell’Immacolata si trova sul lato destro di una breve salita adiacente l’ufficio postale della città, in corso Garibaldi. Le sue origini datate, il suo valore artistico e le complesse vicende storiche della costruzione, della fase di abbandono e della recente riapertura al culto, ne fanno l’opera simbolo della evoluzione dell’arte e dell’architettura della città.

PIAZZA SALANDRA
Piazza Salandra è stata ed è ancora il cuore pulsante della città. L’antica piazza delle Legne, riconoscibilissima grazie alla caratteristica guglia dell’Immacolata al centro, oggetto prediletto dei più sofisticati instagramers di tutto il mondo, ospita il Sedile, la chiesa di San Trifone, il vecchio palazzo dell’Università (poi pretura) con la caratteristica colonnata, la fontana del Toro.

PALAZZO SAMBIASI – EX MONASTERO DELLE CARMELITANE SCALZE
Il palazzo nasce come residenza nobiliare nel Medioevo. Vicende molteplici si sono susseguite in tempi diversi tracciando, attraverso matrimoni prestigiosi, eredità, donazioni, la lunga storia patrimoniale di questo palazzo, il quale muta completamente nel 1976 la sua destinazione in convento delle Teresiane, per poi tornare, dopo la soppressione dei beni ecclesiastici, ad essere nuovamente riorganizzato in abitazione signorile. Attraversare la soglia del portone di accesso del palazzo significa catapultarsi nel profondo passato storico, tra i paradossi di un antico fasto nobiliare e la segreta dimensione della preghiera, tra gli splendidi decori cinquecenteschi del vasto salone di rappresentanza e i sobri luoghi di raccoglimento utilizzati dalle suore.

PALAZZO MANIERI-ZUCCARO
Il palazzo sorge adiacente a piazza Pio XI, in angolo fra corso Garibaldi e via Duomo nel pittagio Castello Veteris. La dimora apparteneva alla nobile famiglia neretina Manieri, la quale fu proprietaria del feudo Persano, acquistato nella seconda metà del XVIII sec. dal ricchissimo e nobile Ermenegildo Personè. Il palazzo nel 1789 fu abitato dalla baronessa Marianna Manieri e dal suo sposo Antonio Tafuri, barone del feudo di Melignano. Successivamente fu ereditato da Camillo Tafuri e da questo passò alla figlia Chiara, che lo portò in dote nel matrimonio con Nicola Zuccaro. Tale proprietà rimase nella titolarità dei discendenti Zuccaro fino a poco tempo fa. Attualmente i nuovi proprietari del palazzo si stanno prodigando per restaurare il palazzo e riportarlo a quella veste di signorilità ed eleganza che ha sempre avuto nei tempi passati.

PALAZZO SAMBIASI – DELLA PORTA
Situato nell’antico Pittagio San Salvatore si sviluppa con la sua fronte maggiore lungo la via Don Minzoni che immette nella piazza e al cospetto della cattedrale e, sui lati minori, sull’antica via Lata. È una tra le emergenze architettoniche più rilevanti del tessuto morfologico e storico di Nardò. Il palazzo, imponente e austero nel suo complesso, ha uno sviluppo verticale su tre livelli e risalta proprio per la sua altezza rispetto agli altri edifici vicini. Le ricerche svolte sulle origini e sui vari passaggi di proprietà attribuiscono la costruzione, intorno al XV sec. alla stirpe dei Sambiasi. Successivamente una parte del palazzo passa ai Della Porta e nel 1610, questa viene venduta e suddivisa in tre proprietà. La presenza di numerose sale di ampie dimensioni fa supporre che il palazzo sia stato sede di Universitas, come centro di studi, di attività congressuali, riunioni pubbliche, scuole. Intorno al 1950 l’intero immobile fu venduto a Giuseppe Caputo e ancora oggi appartiene a uno degli eredi, Norberto Pellegrino.

PALAZZO VESCOVILE
Il Seminario Vescovile fu istituito nel 1674 dal vescovo Tommaso Brancaccio sul luogo dove sorgeva dal 1343 l’Ospedale di S. Antonio o della Misericordia, che fu trasferito dove oggi c’è il Conservatorio. Per ampliare gli spazi e renderli più funzionali il vescovo Antonio Sanfelice acquistò una serie di abitazioni private e botteghe, che trasformò realizzando l’intero lato sud dell’edificio e parte del lato prospicente la Cattedrale. Nel corso degli anni il Seminario fu più volte ampliato e restaurato. Il palazzo Vescovile fino agli inizi del XIX sec. occupava gran parte dell’attuale piazza Pio XI, che non esisteva, costeggiato da via Duomo, che davanti alla Cattedrale si allargava alquanto, dopo che nel 1725 la sua facciata fu arretrata di oltre sette metri. Nel 1831 il vescovo Salvatore Lettieri avviò l’opera di abbattimento e ricostruzione dell’Episcopio, la cui facciata fu arretrata fino ad essere messa in linea con la Cattedrale, creando la piazza antistante. Diversi sono stati gli interventi negli anni. Attualmente il primo piano è adibito a residenza del vescovo e al pianoterra vi sono gli uffici della Curia Diocesana.

CASA A CORTE
Ubicata nell’antico pittagio Castelli Veteris, l’abitazione di via Tafurelle conserva la tipologia di casa a corte. Ad essa si accede attraverso un elegante portale realizzato interamente a stucco, databile alla seconda metà del Seicento. L’assenza di documenti non permette di individuare a chi appartenesse l’originaria costruzione realizzata tra la metà del XVI sec. e la metà del XVII sec. Il piano terra dell’edificio nel corso degli anni ha spesso mutato la sua destinazione d’uso, tra quelle degne di nota si ricorda quella avuta tra il 1934 e il 1936 come stabilimento della ditta “Premiata Inchiostri Leone” di Salvatore Napoli Leone, personaggio poliedrico e geniale inventore neretino.

PALAZZO TAFURI
Il palazzo era la dimora dell’antica famiglia dei Tafuri, la cui traccia storica più remota risale al XIV sec. Nel 1753 il palazzo risulta proprietà di Giovan Bernardino Tafuri, scrittore fecondo, storico, poligrafo, che fondò nel 1724 l’Accademia degli Infimi Rinnovati, dando nuovo impulso alle lettere. La costruzione del palazzo nel Pittagio Sant’Angelo risale al Seicento, in buona parte modificata nel tempo, sia dopo i danni provocati dal violento sisma del 1743, sia da interventi di carattere funzionale. La facciata del palazzo è stata completamente ricostruita nel 1841 in stile neoclassico, gusto predominante in quel periodo nel tessuto urbano neretino.

PALAZZO DE’ PANDI
Proprio a ridosso della Chiesa di San Giuseppe, è uno dei palazzi più antichi e importanti della città, probabilmente esistente nel XV sec., il quale conserva ancora, quasi integro, sul lato di via S. Lorenzo, l’aspetto originario tardo cinquecentesco. Apparteneva alla famiglia de Pandi, di antica nobiltà napoletana, la quale, insignita dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, si trasferì, intorno al XIII sec. dal paese di origine, Scala, nei pressi di Salerno, in Brindisi e poi a Nardò. Con il matrimonio in seconde nozze della nobile Francesca Giulio, vedova de Pandi, la proprietà passò a Luigi Zuccaro e agli eredi a seguire, fino ad arrivare ai giorni nostri. Ancora oggi il palazzo è di proprietà Zuccaro. Nell’atrio del cortile d’ingresso, a sinistra del portone, si accede, là dove un tempo era la selleria, ad un piccolo museo storico che gli attuali proprietari hanno allestito per custodire gli antichi finimenti dei cavalli e delle carrozze di proprietà della famiglia de Pandi. Gli ambienti interni, lussuosamente decorati con carte da parati e pitture parietali ottocentesche e un raffinato mobilio, conservano intatti i segni del luminoso passato. Infatti nel 1942 il figlio di Luigi Zuccaro, Francesco, fu ben felice e orgoglioso di poter ospitare a pranzo il figlio del Re d’Italia, Umberto II di Savoia, il quale si era fermato a Nardò.

PALAZZO PERSONÈ
Il palazzo è situato nella via principale dell’antica cinta murata della città storica di Nardò, denominata Lata, dal latino larga, per il suo dimensionamento più allargato rispetto alle altre strade pubbliche. Situato nel Pittagio Sant’Angelo, fu denominato palazzo dalle cento stanze per le numerosissime stanze con cui fu censito nel catasto ottocentesco. Il palazzo si sviluppa su quattro piani, la posizione sulla via principale del centro antico con l’affaccio sulla bellissima chiesa prospicente di San Giuseppe evidenziano lo status sociale del proprietario. Infatti, i Personè, baroni di diversi feudi a Nardò, formavano la più ricca famiglia del territorio neretino, insieme con quella dell’altro barone Massa.

PALAZZO ZUCCARO
L’imponente palazzo si erge di fronte alla chiesa di Santa Chiara e all’annesso convento delle suore di clausura, che risale alla seconda metà del XIV sec. Eretto nel XVI sec., l’edificio ha subito nel tempo vari rimaneggiamenti ed ampliamenti, che ne hanno completamente modificato la facies originaria. Di proprietà della famiglia Zuccaro già nel 1753, qui è nato e vissuto Giovanni Pietro Maria Zuccaro uomo abile, accomodante e di idee liberali. Egli fondò nel 1860 l’Associazione Costituzionale Neretina. Organizzò gli operai neretini e costituì la Società Operaia di Mutuo Soccorso. Il palazzo rimase di proprietà degli Zuccaro finchè Raffaella Zuccaro non lo portò in dono al marito Michele Giulio. Il figlio Emanuele lo donò al figlio Michele la cui vedova oggi continua a mantenere vitale il grande complesso edilizio.

PALAZZO DEL PRETE
Palazzo Del Prete, attiguo alla Chiesa dell’Immacolata, sorge sul preesistente sito del regium castrum, la prima fortezza presente a difesa della città dagli attacchi dei turchi provenienti dalla strada per Taranto, che dava il nome all’omonimo pittagio Castelli Veteris. Nel 1271 Carlo I d’Angiò dispose che sul luogo del vecchio castello normanno-svevo, ormai abbandonato, si potessero insediare i Minori Conventuali. Il loro convento fu il primo insediamento francescano della Puglia nonché fiorente centro studi. Qualche tempo dopo i frati chiesero allo stesso feudatario parte del restante suolo per costruire anche una chiesa che quasi 300 anni dopo, nel 1850, il vescovo Luigi Vetta dedicò alla Beata Vergine Immacolata.

PALAZZO A CORTE CON MIGNANO
Il palazzo di via Lata, appartenuto alla nobile famiglia degli Acquaviva, duchi di Nardò dal 1497 e proprietari dell’adiacente castello, fu costruito probabilmente nel XVI sec.. La proprietà passo poi alla nobile e ricchissima famiglia Massa, originaria di Sorrento e Gragnano. La discontinuità nell’impianto murario, le manomissioni, come finestre di nuova apertura e altre murate, palesano una continua riformulazione dell’impaginato di questa struttura edilizia dovuta, anche, alla continua divisione in più particelle ereditarie nell’arco di ben cinque secoli. Ruolo egemone di questa struttura è affidato all’apparato decorativo del portale sovrastato da un singolare balcone, chiamato comunemente mignano. Il mignano è un motivo architettonico tipico salentino di rilevante valore storico e ambientale, poiché rappresenta l’elemento di diaframma fra lo spazio interno della corte e la strada, testimonianza di modi di vivere tradizionali, di comportamenti sociali, quali l’esigenza della riservatezza familiare, della discrezione, del bisogno di partecipare alla vita della strada senza essere nella strada.

PALAZZO DELL’ABATE
Costruito nella seconda metà del XVIII sec., rappresenta l’unico esempio di palazzo barocco neretino. È organizzato in modo insolito su tre lati disposti ad angolo retto, i quali racchiudono una corte aperta sulla strada. Nella parte posteriore il palazzo confina con la Chiesa di San Giovanni Battista, che fu ricostruita dalla stessa famiglia Dell’Abate nel 1723. Attualmente il palazzo è disabitato ed è di proprietà della famiglia Zuccaro.

PALAZZO MICHELE PERSONÈ
Situato in una posizione invidiabile e di grande prestigio, esattamente di fronte alla Cattedrale, il palazzo non poteva non essere abitato dalla famiglia più in vista del paese, i Personè, baroni del feudo di Ogliastro, sulla strada provinciale Nardò-Copertino. Il feudo apparteneva alla nobile Antonia De Pantaleonibus, che lo portò in dote al marito Lucantonio Personè il 15 ottobre 1598, e da lì al figlio Diego e ai discendenti Personè. Attualmente si sviluppa su due piani con un impianto classicheggiante.

PALAZZO DE PANTALEONIBUS
Il grosso blocco edilizio si estende su un’ampia area nel centro urbano tra la più stretta via Immacolatella e la principale via Lata. Si trova, quindi, al confine del Pittagio San Salvatore con i rioni Pittagio Castelli Veteris e Pittagio Sant’Angelo. Il palazzo fu costruito probabilmente tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento ad opera di abili maestri muratori neretini. Attualmente parte del palazzo appartiene alla famiglia Giuri, mentre la restante è stata acquistata dalla famiglia inglese Stacey, la quale, consapevole del valore storico dell’immobile, sottoposto sin dal 1935 a tutela dalla Sovrintendenza per i Beni Architettonici Ambientali ed Artistici, ha commissionato i lavori per un restauro rispettoso delle testimonianze storiche e artistiche sedimentatesi nei secoli passati.

PALAZZO TAFURI – SANGIOVANNI
Il palazzo sorge sulle rovine di più abitazioni risalenti al XVI nell’antico Pittagio San Paolo, lo stesso quartiere che aveva accolto la comunità ebraica sino al 1942. Quest’immobile in via Tafuri fu completamente ricostruito dalla famiglia Tafuri nel 1842 in stile neoclassico. L’atmosfera che si respira nelle immense stanze del palazzo è quella tipica ottocentesca, con grandi sale dai soffitti affrescati secondo i gusti pittorici propri del Neoclassicismo.

PALAZZO SAMBIASI
Nel Pittagio S.Paolo, sostando nella piazzetta antistante la barocca facciata della chiesa di San Domenico, si può già intravedere un portale con la ghiera decorata in pietra leccese, sul lato sinistro di via Sambiasi. Da questo portale si accede in un grande cortile aperto su cui si affaccia il palazzo Sambiasi risalente al XVI sec. Negli antichi atti notarili l’edificio è registrato come corte palaciata. La residenza sorge nell’area di espansione del convento dei Padri Predicatori, uno dei primi insediamenti dei Domenicani in Puglia. Probabilmente nel XIV sec. era la foresteria gestita dai monaci. Nel 1937 il palazzo Sambiasi è stato acquistato dalla famiglia Gaballo. Il palazzo testimonia l’impegno e la dedizione che il proprietario Enrico Gaballo ha sempre riservato alla conservazione e al mantenimento nel tempo di questo bene architettonico, con attenti ed importanti restauri.

PALAZZO CHIODO
Situato nella via principale dell’antica cinta muraria della città, nel Pittagio San Salvatore, è uno dei palazzi più maestosi del centro antico, già esistente nella prima metà del Cinquecento. Dagli atti notarili risulta appartenente al nobile neretino Vittorio Chiodo, capitano di ventura, il quale combattè valorosamente al servizio di Carlo V. Il palazzo passò alla famiglia Sambiasi, poi a quella dei Massa e dal 1752 diventò proprietà Personè. Attualmente il palazzo, di proprietà Fonte-Muci, sembra aver mantenuto la stessa conformazione ottocentesca: nove aperture si dispongono in facciata in asse sui due piani, delimitati da una regolare cornice per tutta la sua lunghezza.

PALAZZO COLOSSO
Il palazzo fu fatto costruire nel 1892 da Domenico Colosso, originario di Ugento, il quale, sposando una nobildonna neretina della famiglia Tafuri volle trasferirsi a Nardò. Il palazzo fu edificato sui resti della cinquecentesca Porta San Paolo che si apriva sul versante orientale delle mura civiche di fronte all’antico slargo della Chiesa della Carità. La residenza gentilizia si affaccia su piazza della Repubblica, che viene comunemente detta dai neretini piazza Tre Palme per la storica presenza delle piante esotiche proprio nella piazza antistante l’ingresso.

TORRE DEL FIUME – QUATTRO COLONNE
Conosciuta inizialmente come Torre del Fiume di Galatena, o semplicemente come Torre Fiume, è oggi più comunemente nota col nome di “Quattro Colonne”. Torre Fiume era una vera e propria fortezza, un piccolo castello, a protezione di una ricca sorgente d’acqua dolce dalla quale prende il nome. Oggi, rimangono solo i suoi quattro grandi bastioni angolari. Comunica visivamente al sud con Torre dell’Alto Lido e a nord con Torre Santa Caterina.

TORRE ULUZZO
A ridosso del Parco di Porto Selvaggio, a quasi 100 metri dal mare e a un’altitudine di 32 metri si erge Torre Uluzzo. Ormai in parte crollata e ridotta in rudere, è stata recentemente restaurata. Detta anche Crustano la torre deve il suo nome a uluzzu nome dialettale con cui viene indicato l’asfodelo, pianta delle gigliacee presente nella macchia mediterranea circostante. Torre Crustano, poi Uluzzo, insieme a torre Inserraglio, vennero costruite in un secondo momento, rispetto alle altre cinque più possenti della costa neretina. Il nome Crustano secondo alcuni, deriverebbe invece da ‘crusta’ (incrostazione) da intendersi, in questo caso, come il rivestimento, sulla testa, della ‘rozza’ torre, del secondo piano (quello dei voltini), trattato con cura e controllata composizione. Torre Uluzzo comunicava visivamente a sud con Torre dell’Alto e a nord con Torre Inserraglio. Si trova su di un dirupo, a strapiombo sul mare, che caratterizza un incantevole insenatura, tra l’altro area di notevole interesse archeologico nota per alcuni dei giacimenti preistorici più conosciuti a livello europeo, tra questi La Grotta del Cavallo, dove è stata scoperta una cultura autoctona del Paleolitico superiore denominata uluzziana.

TORRE SANT’ISIDORO
Di Torre Sant’Isidoro sappiamo con certezza che nel 1622 fu necessario ricostruirla dalle fondamenta. I lavori della ricostruzione furono aggiudicati al neretino Giovanni Vincenzo Spalletta, questo ne affidò l’esecuzione ai concittadini: Ortensio Pugliese, Giovanni Francesco Mergula e Francesco Antonio Pugliese, che portarono a compimento i lavori nel 1624. Compare in tutta la cartografia antica. Fu censita in cattivo stato nel 1825 da Primaldo Coco e fu abbandonata intorno al 1842.

TORRE SANTA CATERINA
Torre Santa Caterina è una sorprendente scoperta nel mezzo di una pineta, a 200 metri dal mare e a un’altitudine di circa 32 metri. Detta anche Scorzone (serpente in dialetto), probabilmente mutuato dalla forma sinuosa della roccia sottostante, ancora oggi noto come Punta dell’Aspide, è la prima torre a sud tra quelle classificate come serie di Nardò a base quadrata. Si trova al centro tra la Torre del Fiume a sud e la Torre dell’Alto a nord. Arretrata rispetto alla costa e circondata da alti pini, la torre si trova a pochi passi dalla vitalità vacanziera della marina, ma nonostante ciò si ha la percezione di un’atmosfera che evoca tempi lontani.

TORRE INSERRAGLIO
Nell’omonima località, si erge Torre Inserraglio a meno di 50 metri dal mare e a un’altitudine di circa 3 metri. Torre Inserraglio (detta anche di Critò, alterazione dialettale di critmo, finocchio marino) comunicava visivamente a sud con Torre Uluzzo e a nord con Torre Sant’Isidoro. Si trova in una zona poco urbanizzata.

PRINCIPALI EVENTI FESTE PATRONALI MERCATI E SAGRE

20 FEBBRAIO FESTA DI SAN GREGORIO ARMENO
Era il 20 febbraio 1743 quando la città di Nardò venne sconvolta da un violento terremoto che sgretolò tutto dalle cupole delle chiese ai campanili e alle case. Pare che dall’alto del sedile, i santi Michele e Antonio caddero e resistette solo San Gregorio mentre accoglieva le preghiere della folla in panico. Da quel momento Nardò celebra il suo Santo con un importante programma di festa patronale.

18 E 19 MARZO – FESTA DI SAN GIUSEPPE PATRIARCA
Due giorni di festeggiamenti civili e religiosi, il 18 e 19 marzo dedicati a San Giuseppe Patriarca, titolare della omonima confraternita e della chiesetta edificata nel 1758 per la straordinaria devozione al padre putativo di Gesù. Il programma non prevede solo riti religiosi ma anche una importante fiera mercato che anima le vie del centro della città e l’esibizione dei concerti bandistici.

VENERDÌ MERCATO SETTIMANALE
DOMENICA MERCATO STAGIONALE SANTA MARIA AL BAGNO
DOMENICA MERCATO SETTIMANALE SANT’ISIDORO
DOMENICA MERCATO SETTIMANALE BONCORE

PUNTI DI INFORMAZIONE TURISTICA

INFOPOINT NARDO’
PIAZZA SALANDRA
0833 836928 / 0833 572081
infoturismonardo@gmail.com

 

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA INDIRIZZO DESCRIZIONE
STRADA STATALE 101 SALENTINA DI GALLIPOLI Lecce-Gallipoli
STRADA PROVINCIALE 17 Santa Maria al Bagno-Nardò-Copertino
STRADA PROVINCIALE 19 Nardò-Strada statale 101-Collemeto
STRADA PROVINCIALE 115 Nardò-Leverano
STRADA PROVINCIALE 129 Nardò-Santa Caterina
STRADA PROVINCIALE 261 Nardò-Strada Provinciale 112
STRADA PROVINCIALE 359 Galatone-Nardò-Avetrana
STAZIONE FERROVIARIA Stazione di Nardò Centrale, posta all’intersezione delle linee Zollino-Gallipoli e Novoli-Gagliano
STAZIONE FERROVIARIA Stazione di Nardò Città, posta sulla linea Novoli-Gagliano
FLIXBUS Autolinee che collegano differenti tratte
SOCIETÀ TRASPORTI PUBBLICI DI TERRA D’OTRANTO S.P.A. Autolinee che collegano differenti tratte
FSE Autolinee che collegano differenti tratte
PORTO SELVAGGIO Bicitour naturalistico nel cuore boscoso del parco “Portoselvaggio e Palude del Capitano”, tra Masseria Torre Nova, Villa Tafuri e il belvedere di Torre dell’Alto
TRA VIGNE E MASSERIE Bicitour storico – paesaggistico tra varie tipologie di masserie lungo percorsi antichi e strade del vino
GIARDINI SEGRETI Bicitour tra ulivi secolari e antiche ville in località Cenate
PARCO REGIONALE NATURALE “PORTOSELVAGGIO E PALUDE DEL CAPITANO” Copre una superficie di circa 1000 ettari distribuiti lungo la costa neretina tra Santa Caterina e Sant’Isidoro. Trekking su richiesta

ATTIVITA’ ECONOMICHE

PRODUZIONE AGROALIMENTARE

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
OLEIFICIO OLEIFICIO COOPERATIVO R.F. NARDÒ VIA AVETRANA, 4 0833 872600
OLEIFICIO AMEDEO MARANGOLO VIA C. CATTANEO, 70 346 1309836
FRANTOIO OLEARIO FRANTOIO OLEARIO GIURANNA NARDÒ STRADA COLUCCE 320 9748473
ENOTECA LA BOTTIGLIERIA VIA DUOMO, 7 329 8041295
ENOTECA ENOTECA VINARIUM VIA A. MORO, 90 0833 872180
AZIENDA VINICOLA SCHOLA SARMENTI VIA GENERALE CANTORE, 37 0833 567247
RISTORAZIONE

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
RISTORNATE, PIZZERIA CAMERA CAFE’ VIA TRENTINO – SANTA MARIA AL BAGNO
RISTORANTE, PIZZERIA, B&B DA ROCCO LITORANEA CRISTOFORO COLOMBO, 14 T – TORRE SQUILLACE 333 36 42 457 info@darocco.eu
GASTRONOMIA DA ASPORTO A PRANZO CON NOI VIA DUCA DEGLI ABRUZZI 111 389 797 8141
BAR AFRICA VIA MARSALA, 6 – SANT’ISIDORO 328 082 1723
KEBAB, ROSTICCERIA E FRIGGITORIA NARDÒ KEBABBERIA VIA CAIROLI, 1A 353 336 2689
PIZZERIA D’ASPORTO AL SOLITO POSTO VIA RUFFINI GIOVANNI 20 328 927 2141
TRATTORIA IL GIRONE DEI GOLOSI VIA ROSARIO, 14 3804303336 trattorialinferno@gmail.com
TRATTORIA ANTICA TRATTORIA SALANDRA VIA G. B. DE MICHELE, 4 339 520 0245
TRATTORIA SAN GIUSEPPE CENOBIO PIAZZA S. GIUSEPPE, 2 0833 218704 sangiuseppecenobio@libero.it
RISTORANTE LA DISPENSA DEI RACCOMANDATI VIA LATA, 91 377 042 4436
MACELLERIA CON COTTURA ANTICA MACELLERIA FAI CORSO VITTORIO EMANUELE II, 14 328 759 7882
RISTORANTE HOSTARIA CORTE SANTA LUCIA VIA SAN LUCIA, 46 0833 835275 info@cortesantalucia.com
RISTORANTE OSTERIA DA ROBERTO VIA ROSARIO, 9 333 167 4187
TRATTORIA BRACERIA GLI ARTIGIANI VIA DUE AIE, 68 380 234 3152
TRATTORIA BRACERIA ANTICHI SAPORI DEL TEATRO VIA PIA, 6 333 343 7966 minoligorio@alice.it
RISTORANTE SOUND RESTAURANT & DRINK VIA KENNEDY 329 224 1140
RISTORANTE LARILÒ VIA DELLE NEREIDI – SANTA CATERINA 338 703 5503
RISTORANTE MAREIENTU VIA MASTRO GIOFFREDO, 3 – SANTA CATERINA 351 8985897
PIZZERIA BIGA 24 PIAZZA ARMANDO DIAZ, 10 3898456362 bigaventi4@gmail.com
OSPITALITA’

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
B&B CASA A CORTE LARGO CASTELLO 17 0832 947100
HOTEL ALBACHIARA VIA TORRE GUACETO 3 – SANT’ISIDORO 327 346 0839
CASA VACANZE APULIA HOSTING – VILLA TERESA VIA GINO SEVERINI 8, INT.1- BONCORE 349 063 9874
AREA SOSTA CAMPER AREA SOSTA CAMPER SANTA CHIARA STRADA PROVINCIALE 359 NARDO’ – AVETRANA SN 392 081 6155
B&B B.& B. RIZZO NINO VIA CROCE DELL’ALTO 9 333 643 8119
B&B BAIA TORRE SQUILLACE VIA GARCIA LORCA SNC 338 899 4088
B&B B&B STELLA DEL SALENTO DI MARTINA KARIN VIA CONTRADA BELLANOVA 167 333 401 7675
HOTEL, RESORT, RISTORANTE BLU SALENTO VILLAGE VIA LEUCA – SANT’ISIDORO 0833 834511 bookingblusalento@bluhotels.it
HOTEL CASALE SALENTO SP 112, 16 – VILLAGGIO RESTA 329 4954305 info@casalesalento.com
CASA VACANZE SALENTO HOUSES SUPERIOR HOLIDAY SP 112, 35 – VILLAGGIO RESTA 328 41 84 561
B&B CORTE CARAFA VIA G. LOPEZ 20 392 411 5752
B&B LAPILANOA – APULIA HOLIDAY HOME VIA CARLO ALBERTO DALLA CHIESA 26 351 515 8373
B&B DICIANNOVE58 VIA DUE AIE 47 3756528008
B&B HAPPY DAYS GOLFO DI GALLIPOLI STRADA SANTA MARIA, 137 – SANTA MARIA AL BAGNO 0833 576531/339 4777280 info@hdgallipoli.it
RESIDENCE RESIDENCE QUATTRO COLONNE VIA D’ALESSANDRO, 11- SANTA MARIA AL BAGNO info@hmdomus.com
HOTEL, RISTORANTE RELAIS IL MIGNANO VIA LATA, 29 0833 572506 info@hmdomus.com
HOTEL, RESIDENCE RESIDENCE PORTO SALVAGGIO LIT. S.ISIDORO-S.CATERINA KM.2 – TORRE INSERRAGLIO 0833830691 info@portoselvaggioresort.it
B&B ANTICA DIMORA VIA PELLETTIERI 10  328 5388578
RESORT MASSERIA PAGANI VIA RISI 75 0833 872524 info@masseriapagani.com
CASA VACANZE MONDONUOVO VIA BEATO ANGELICO 5 – SANTA MARIA AL BAGNO 0833 573327
B&B CASE ARSE VIA GIOVANNI PAOLO II STR. SENZA USCITA 329 335 2848 residenzacasearse@gmail.com
APPARTAMENTI E STANZE PALAZZO STAPANE VIA G. PUCCINI 3 – SANTA MARIA AL BAGNO 338 2701731/339 5803070 info@palazzostapane.com
DIMORA STORICA PALAZZO DONNA TITI’ VIA DON MINZONI 11 3270419333 info@palazzodonnatiti.it
RELAIS PALAZZO VAGLIO RELAIS VIA DE PACE 3 3283064598 info@palazzovagliorelais.com
DIMORA STORICA PALAZZO VOLTA VIA ALESSANDRO VOLTA 13 0833 564898/346 6156393 palazzovolta@gmail.com
HOTEL PERSONE’ PALACE VIA LATA 31/33 340 380 9543
B&B ARMONIA GALETA STRADA ROTOCALETA SNC 328 844 9891
RELAIS TENUTA NUCCI VIA VICINALE NUCCI 1 335 7832397 info@tenutanucci.it
CASA VACANZE TOLOMEO’S HOUSE VIA MOLINE 28
CASA VACANZE TOTO CLUB VIA GIUSEPPE DE NITTIS 21 327 397 0150
HOTEL TURISTICA 2000 VIA LAMARMORA 130 0833 575742
CASA VACANZE VILLA GIOVANNA VIA VECCHIA TARANTINA 77
B&B VILLA ITACA VIA GIUSTI – S. ISIDORO 338 336 2275
B&B CASA COLONICA LILIANE VIA SANTA CHIARA – DONNA DOMENICA 11 – BONOCORE 0833 566955
BOUTIQUE HOTEL RELAIS MONASTERO SANTA TERESA CORSO GARIBALDI, 31 0833 1936043 info@hmdomus.com
HOTEL GRAND HOTEL RIVIERA VIA EMANUELE FILIBERTO, 172 0832 351321
HOTEL RISTORANTE CORALLO VIA LAMARMORA, 105 – SANTA MARIA AL BAGNO 0833 573603 info@corallohotelristorante.it
HOTEL SANTA CATERINA RESORT VIA GIUSTINIANO, 4 – SANTA CATERINA 0833 867862 info@santacaterinaresort.it
RESIDENCE CAVALISANTI RESIDENCE VIA OMERO, 1 – SANTA CATERINA 0832 523201 info@cavalisantiresidence.it
HOTEL PICCADILLY VIA LAMARMORA, 130 – SANTA MARIA AL BAGNO 0833 573667 info@albergopiccadilly.it
BOUTIQUE HOTEL PALAZZO TAFURI VIA ZUCCARO, 36 0833 182 4099 contact@palazzotafuri.com
B&B PALAZZO CARIDDI VIA IMMACOLATELLA, 30 347 5166059 info@palazzocariddi.com
DIMORA STORICA CASINA COLOSSO VIA GIUSEPPE SARAGAT, 2 0833603100 info@casinacolosso.com
BOUTIQUE HOTEL VILLA SCINATA️ STRADA SANTA CATERINA, 53 3287784390 info@scinata.com
GUEST HOUSE PALAZZO MUCI VIA CIALDINI, 38 327 766 4632 info@maritatiemuci.com
GUEST HOUSE PALAZZO MARITATI VIA GIOVAN BERNARDINO TAFURI, 7 328 766 4632 info@maritatiemuci.com
ARTIGIANATO ARTISTICO

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
ARTIGIANATO TIPICO TERRAROSSA DI PUGLIA – ARTE ARTIGIANA P.ZA ANTONIO SALANDRA, 28 389 7956051
ARTIGIANATO TIPICO L’ IMMAGINETTA SRL VIA FERRI, 31 0833 570038
ARTIGIANATO TIPICO IL QUADRIFOGLIO CORNICI E RESTAURO P.ZA ARMANDO DIAZ, 3/A 328 1264545
ARTIGIANATO TIPICO TERRAROSSA DI PUGLIA – ARTE ARTIGIANA P.ZA ANTONIO SALANDRA, 29 390 7956051

ATTIVITÀ ECONOMICHE

A Galatone l’analisi ha individuato 8 attività del settore della ristorazione (Ristoranti, pizzerie, bar, pub, pasticcerie…), 21 del settore dell’ospitalità (Hotel, b&b, case vacanze…), 4 del settore della produzione agroalimentare (Cantine, oleifici…) e 3 del settore dell’artigianato artistico.

PIATTI E PRODOTTI TIPICI

LA QUATARA DI GALATONE
È una zuppa composta principalmente dalle interiora del cavallo, in particolare stomaco e intestino, cotte con alloro, prezzemolo ed altri profumi che vanno a creare un guazzetto molto saporito. La cottura ha tempi molto lunghi, dalle 3 alle 5 ore, con bollitura fatta a freddo senza sbalzi di temperatura che possano indurire la carne. Il nome “Quatara” deriva dalla speciale pentola in cui tradizionalmente veniva preparata, dotata di un manico lungo attraverso il quale si appendeva al centro del camino a cucinare: anche questo è un particolare importante per la riuscita del piatto in quanto proprio l’ambiente che si crea all’interno del camino contribuisce ad affumicare i grassi della carne e aumentare così il gusto.

Ingredienti
Interiora di cavallo
Alloro
Prezzemolo

ALBICOCCA DI GALATONE
Piccola ma dolce e succosa, l’Albicocca di Galatone è una pregiata varietà autoctona, molto apprezzata come primizia con un consumo quasi esclusivamente locale. Presidio Slow Food e PAT della Regione Puglia, ha caratteristiche uniche e una storia antica: pare che a importarla dall’Oriente siano stati i Templari. L’albicocca galatonese supera di poco leggermente le dimensioni di una noce, il colore sfuma dal giallo chiaro al rosa tenue, con piccole screziature più scure all’attacco del peduncolo. Il frutto ha un profumo intenso e caratteristico e un sapore molto dolce e una spiccata liquiescenza. La raccolta dell’Albicocca di Galatone avviene tra maggio e giugno.

PRINCIPALI LUOGHI DI INTERESSE STORICO ARTISTICO E CULTURALE

CHIESA DEL CROCIFISSO
La barocca chiesa del Crocifisso è stata costruita dal 1683 al 1694, da maestranze provenienti da tutto il Salento sulle quali primeggia Giuseppe Zimbalo; aperta al culto il 21 aprile 1694, fu terminata nelle opere interne il 1696. La facciata è divisa in tre ordini. La zona centrale del primo ordine è occupata dal pregevole portale ligneo intagliato realizzato il 1696 da Aprile Petrachi da Melendugno. Lateralmente e negli altri due ordini si susseguono le statue lapidee dei santi evangelisti, di S. Pietro apostolo e di S. Paolo, di S. Sebastiano e di S. Giovanni Battista, dell’Angelo Custode e di S. Michele Arcangelo. L’interno è sontuoso ed ammaliante, un misto di elementi decorativi dorati e di grandiose tele che narrano i miracoli operati dal Crocifisso della Pietà. La fabbrica ha la forma di una croce latina con quattro cappelle per lato nella navata. L’ultima cappella del lato destro ospita l’organo e la cantoria opera lignea intagliata e dorata realizzata da Aprile Petrachi nel 1699. Il soffitto ligneo è formato da 60 tessere ottagonali eseguite pure esse dal Petrachi il 1696. Nel transetto si innalza una ottagonale cupola sostenuta da quattro pilastri entro i quali hanno dimora in altrettante nicchie le statue dei dottori della Chiesa: S. Agostino, S. Girolamo, S. Ambrogio, S. Gregorio. Le pitture riproducono il tema del ritrovamento della croce ad opera di S. Elena. Il presbiterio è dominato dal maggiore altare, sontuoso, imponente nell’aspetto, attorniato da tele eseguite da Aniello Letizia raffiguranti la scena in cui Maria Manca da Squinzano ricevette l’ordine di portare il garofano rosso alla chiesa del SS. Crocifisso a Galatone, così da essere liberata dal demonio. Nella sacrestia trova posto la tela della “consegna delle chiavi a S. Pietro” di Bartolomeo Vimercati (1646) che faceva parte del corredo pittorico della prima chiesa costruita il 1623 e crollata il 1683.

CHIESA MADRE
Dedicata a Maria SS. Assunta, è la chiesa maggiore del paese costruita da Giovanni Maria Tarantino e Scipione Fanuli dal 1591 al 1595. L’interno a forma di croce latina, ha quattro cappelle per lato nella navata e due nel transetto. Il campanile, eseguito in periodi differenti tra il 1599 ed il 1750, è a tre piani a forma di prismi sovrapposti. Tele di pregio artistico sono: la tela di S. Sebastiano eseguita da Mattia Preti e la tela della Crocifissione eseguita da Donato Antonio D’Orlando. L’archivio storico della chiesa è custode di 3 codici greci.

CASTELLO RECINTO DI FULCIGNANO
Avamposto di una linea difensiva realizzata nel Salento meridionale dai Normanni, il castello di Fulcignano ha forma quadrangolare con mura alte circa 8 metri e spesse 2.60. Il fronte del fabbrico guarda ad oriente ed è rafforzato da due torri quadrate. Si entra nel recinto attraverso un arco a sesto acuto. Il massimo splendore di Fulcigano è attestato attorno alla metà del secolo XIV. La sua decadenza avviene in conseguenza delle guerre angioine ed a quelle tra Orsini del Balzo e Ottino de Caris.

PALAZZO MARCHESALE
Sede dei feudatari di Galatone già dal XVI secolo il palazzo è stato oggetto di continui cambiamenti nel corso dei secoli. L’adiacente torre quadrata di epoca più remota ha assolto al compito di difesa e di repressione. Il 1743 a causa del terremoto la parte nord del palazzo è crollata. Del suo splendore resta il portale e le eleganti finestre decorate con motivi floreali e mascheroni che guardano verso la piazza SS. Crocifisso e su via castello. La lesena angolare della facciata superstite ospita i blasoni delle famiglie feudatarie che si sono succedute: Squarciafico, Pinelli, Pignatelli, Grillo.

PORTA DI SAN SEBASTIANO
È la porta superstite delle tre monumentali (Porta S. Antonio – Porta castello – Porta S. Sebastiano) e di due per usi militari (S. Angelo – Santo Stefano) che definivano il passaggio dal circuito murario nel paese. La struttura della porta riflette gli influssi stilistici di architetti napoletani del XVIII secolo. Nella parte centrale dell’arco a tutto sesto, nella lunetta formata da un timpano semicircolare, sono allocati gli stemmi della civica amministrazione, dei feudatari Pinelli – Pignatelli e della Chiesa. Sull’asse dell’arco poggia la statua di S. Sebastiano, protettore della città, eseguita in pietra leccese da Pantaleo Larini nel 1859.

BIBLIOTECA COMUNALE “ANTONIO DE FERRARIIS”
La Biblioteca Comunale di Galatone ha sede nel cuore artistico del centro storico cittadino a pochi metri dalla chiesa barocca del SS. Crocifisso e dal palazzo marche sale; è ubicata tra le vie Colonna e Castello e questo permette di avere due accessi in un palazzo rinascimentale (sec. XVI) appartenuto alla facoltosa famiglia genovese dei Lercaro. Il palazzo Lercaro si sviluppa su due piani: il primo, al quale si accede da un atrio scoperto, è formato da cinque vani due dei quali sono occupati dalla “Sezione separata di Archivio” ovvero Archivio Storico, gli altri tre dal patrimonio librario formato dalla Sezione Locale e dalla Sezione Generale, quest’ultima catalogata secondo la classificazione decimale Dewey. Il piano terra è formato da una ampia sala che accoglie la Sezione Ragazzi, e la Sezione Novità utilizzata anche a sala lettura, convegni, mostre, da una sala multimediale ed una terza adibita ad uffici. La Biblioteca Comunale è stata istituita con delibera di Consiglio Comunale n. 105 del 30 luglio 1958 ed intitolata all’umanista galatonese “Antonio De Ferrariis” Galateo. Accoglie il patrimonio librario costituito da circa 600 volumi donati dai defunti insegnanti Angelo Primitivo e Giuseppe Susanna. La Biblioteca è dotata di oltre 5.500 volumi di dei quali sono stati catalogati 3952 unità in SBN, possiede una Cinquecentina, due Secentine e 600 Settecentine.

PRINCIPALI EVENTI FESTE PATRONALI MERCATI E SAGRE

3 MAGGIO FESTA DEL SANTISSIMO CROCIFISSO DELLA PIETÀ
Scocca alle 14 della vigilia del dì di festa ovvero il 3 maggio, l’Ora dei Miracoli a Galatone, il momento in cui i devoti ritrovano l’emozione del lontano 1621, quando, secondo la leggenda, dalla nicchia dove si custodiva l’effigie del Crocifisso, la tendina si sollevò e comparve il volto di Cristo, che fissò ad uno ad uno i fedeli, prima di richiudersi. In quei giorni, decine di miracoli costellarono la vita dei galatonesi, i malati guarirono. Si chiama la festa “ti lu panieri”, perché custodisce come un tesoro, preservato dalla comunità, tutte le sue tradizioni antichissime, le sue ritualità, le consuetudini di una volta, tornate in auge grazie al lavoro meticoloso di salvaguardia del comitato feste. Il fuoco pirotecnico diurno scandisce i tempi della festa e ogni quattro anni la comunità intera sfila per le strade di Galatone, vestita in abiti d’epoca romana, per la scenografica ricostruzione del Carro di Sant’Elena. Il giorno della vigilia si svolge prima della processione un’asta pubblica per la scelta della squadra a cui verrà affidata la statua del SS Crocifisso per essere portata processionalmente per le stradine della città. I festeggiamenti sono caratterizzati dall’esibizione notturna del bolero di Ravel in una piazza gremita di giovani.

SABATO MERCATO SETTIMANALE

PUNTI DI INFORMAZIONE TURISTICA

INFO POINT GALATONE
PIAZZA CROCIFISSO – ANGOLO VIA CASTELLO
0836 864900
infopointgalatone@visitagalatone.it

 

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA INDIRIZZO DESCRIZIONE
STRADA STATALE 101 Salentina di Gallipoli
STRADA PROVINCIALE 47 Galatone-Galatina-Soleto-Strada Statale 16 adriatica
STRADA PROVINCIALE 90 Galatone-Santa Maria al Bagno
STRADA PROVINCIALE 231 Galatone-Sannicola
STRADA PROVINCIALE 280 dir Strada Provinciale 280-Galatone
STRADA PROVINCIALE 359 Litoranea Galatone-Confine Provinciale presso Avetrana
STRADA PROVINCIALE 363 Galatone-Seclì-Aradeo-Cutrofiano-Maglie-Poggiardo-Vitigliano-Santa Cesarea Terme
STAZIONE FERROVIARIA  73044 Galatone LE Posta sulla linea Novoli-Gagliano
Società Trasporti Pubblici di Terra d’Otranto s.p.a. Autolinee che collegano differenti tratte
FSE Autolinee che collegano differenti tratte

ATTIVITA’ ECONOMICHE

PRODUZIONE AGROALIMENTARE

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
AZIENDA AGRICOLA AGRICOLA GALATEA 1931 SOC. COOP. STRADA PROVINCIALE PER GALATINA 0833 865019
AZIENDA AGRICOLA RAMUNDO VIA LANZILLOTTO, SNC 327 7007777
AZIENDA AGRICOLA AZIENDA AGRICOLA DI VETERE TONINO VIA C. POERIO, 12
ENOTECA VINI 0833 VIA MARINO CONTE, 7 0833 864812
RISTORAZIONE

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
RISTORANTE ARTE E CUCINA RESTAURANT VIA LECCE 13 328 1614932 daniele.filieri@gmail.com
BAR BAR DEGLI AMICI VIA LEUZZI 1 0833 865483
BAR GARDEN BAR VIA XX SETTEMBRE 149 0833 865642
BAR BAR JOLLY VIA TORRENTE 21 0833 864587
BAR BAR SAN SEBASTIANO LARGO SAN SEBASTIANO 6
BAR BAR STOP VIA PAGLIARULO 8 351 565 9577
BAR BARACCAFE’ VIALE XXIV MAGGIO 125 0833 864526
RISTORANTE OFFICINE 17 VIA MADONNA DELLE GRAZIE 17 393 795 6534
TRATTORIA LE ROMANELLE STRADA COMUNALE TOFFO INFERIORE 366 2647510
RISTORANTE SCAPRY VIA COLONNA, 11 3518195700
RISTORANTE GUSTAVO VIA GALLIPOLI, 48 345 61 55 711
BRACERIA RESTORED VIA PRINCIPE AMEDEO, 18 328 883 6993
BIRRERIA QUALO PIAZZA S. DEMETRIO, 10 327 572 2821
TRATTORIA NEW TRATTORIA DA SANTINO VIA ARMANDO DIAZ, 44 380 795 3637
OSPITALITA’

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
RESIDENCE CAMPI LATINI VIA EX S.S. 101 KM. 26,00 SNC 349 855 1800
B&B TATANGA MANI CONTRADA MORICE 338 432 9748
HOTEL SANTA MARIA DEL MORIGE RELAIS CONTRADA CARPIGNANA VIA DEL MARE KM. 2.100 0833574762
AGRITURISMO MASSERIA FULCIGNANO CONTRADA ORELLE 08361968040 info@masseriafulcignano.com
B&B GIGLIO VIALE ALDO MORO 31 346517020
B&B LA TERRAZZA DI CORTE S. ANNA CORTE SANT’ANNA 2 3388982037
B&B PIETRA VECCHIA CONTRADA PAPI 3386602214
B&B CASALE SPISARI CONTRADA SPISARI 3382743329 info@casalespisari.it
B&B DIMORA MORESCA 1906 VIALE 8 MARZO 0833867394/3388436897
B&B DOMUS MATILDE S.N. PERGOLETO 37 3348275298
B&B LA SETA ROSSA C.DA PENNELLA 3299245216  info@lasetarossa.it / prenotazioni@lasetarossa.it
AGRITURISMO MASSERIA DOGANIERI CONTRADA DOGANIERI 0833865291
AGRITURISMO MASSERIA LO PRIENO CONTRADA VORELLE 0833865898 / 0833865443 info@masserialoprieno.it
B&B OASIS CONTRADA BASCETTA 0833863961
B&B PALAZZO LEUZZI VIA GIACOMO LEUZZI 73 366 312 9197 info@palazzoleuzzi.it
B&B RESIDENZA SANTA LUCIA VIA SANTA LUCIA 1 3206925856/338859609 bbresidenzasantalucia@gmail.com
AGRITURISMO TERRE DI CORILLO CONTRADA CORILLO 0833562642 info@terredicorillo.com
B&B VERDE SALENTO VIA GIOVANNI XXIII 3201887113/3286793884
B&B VILLA LI PUTTI LUXURY VIA LECCE, 60 3384699506
B&B YOUR FAMILY CONTRADA APARO 3293460214
B&B LA CAMPANA SALENTINA VIA SANT’ANNA 8 3893493640/3939863831
ARTIGIANATO ARTISTICO

TIPOLOGIA INFRASTRUTTURA DENOMINAZIONE INDIRIZZO TELEFONO E-MAIL
ARTIGIANATO EDOWOODS VIA RICCARDI, 14 329 8503944
ARTIGIANATO CORNICI ARREDO RESTAURI TRATTAMENTO ANTITARLO MICROONDE CERTIFICATO VIA L. SPAGNA, 101 3287329632
ARTIGIANATO DE GIORGI LUCIO LAVORAZIONE DEL FERRO VIA FORTUNATO NUZZO S.N.C 347 0030693