L’indagine Confesercenti-Ispo che ha monitorato per mesi la situazione segnala come gli italiani esprimano in primo luogo l’esigenza di una riforma fiscale che pesi meno su famiglie ed imprese. Inoltre emerge una sostanziale continuità di giudizi improntati ad un severo rigore in materia fiscale. il 79% degli italiani boccia evasori ed elusori fiscali, una percentuale che alla fine di maggio era in aumento di 3 punti da febbraio 2010 e che conferma il crescere della condanna nei confronti di chi fa il furbo con il fisco. Se poi si confronta il dato del 79% di “intransigenti” con le risultanze emerse a gennaio 2009 l’aumento è perfino assai più netto: ben 8 punti (71%). Un atteggiamento che si accompagna alla esigenza sempre più evidente di un fisco che cominci ad invertire la marcia e diventi gradualmente meno pesante.
Rispetto alla questione fiscale ed a quella dell’evasione ed elusione sul giudizio degli italiani incide anche la forte preoccupazione per la crisi: tanto che una parte di questi non esclude una certa indulgenza verso comportamenti non corretti la percentuale più cospicua è costituita dal 30% dei disoccupati (erano il 28% nel sondaggio precedente) quasi fosse un sentimento di “rivolta” contro una situazione che preclude lavoro e stabilità, a ruota il 5% delle casalinghe ed il 22% dei lavoratori dipendenti con basse qualifiche, e qui gioca un ruolo imporante la paura del futuro, ed ancorail 17% dei pensionati. Categorie sociali che hanno subito e subiscono i colpi più pesanti della fase recessiva ed esprimono molto probabilmente con tale parere anche la “rabbia” nei confronti dello stato di disagio che sono costrette a subire, una sorta di rivalsa per una società che non garantisce stabilità del lavoro o, comunque, una occupazione qualificata. E di conseguenza è carente in termini di equità. Tra imprenditori, professionisti e studenti gli indulgenti si attestano fra un 21 ed un 17%.
Sul piano territoriale cresce in modo consistente dal febbraio 2010 il numero di coloro che esprimono pollice “verso” sul fenomeno dell’evasione fiscale al Centro (dal 49% asl 62%) al sud ed isole (dal 46% al 50%). Altalenante come la speranza di uscire dalla crisi il nord-est (dal 51% al 58% poi nuovamente il 51%). Controtendenza il Nord Ovest dove invece la percentuale cala dal 58% al 44%.
Anche un altro test segnala la presenza di una ampia maggioranza virtuosa che soprattutto nella fase più acuta di crisi non è disponibile ad essere tollerante. Di fronte alla considerazione che si può “pensare ai problemi economici personali e non pagare qualche tassa”, la percentuale di chi non è d’accordo su questa tesi sale dal 71% di febbraio al 76%. Resta sempre,è pur vero, quasi un quarto della popolazione che sembra voler giustificare un atteggiamento egoistico o di “sopravvivenza” costi quel che costi (il 23% del campione che risulta così suddiviso: molto d’accordo il 4%, abbastanza d’accordo il 19%). Fra questi ultimi emerge un 36% di persone che sono in cassa integrazione. O ha perso il lavoro. Quelli che sono a favore di un comportamento corretto si trovano in particolare fra i meno giovani ed i più acculturati. E per le aree territoriali sono più “sensibili” nord est e centro.
“Ignorare” qualche imposta senza sensi di colpa o con qualche rimorso? Del 23% di “indulgenti” nei riguardi di tali comportamenti negativi ben il 16% ritiene che non debba esserci nemmeno l’ombra di un rimorso. Ma la crisi e il conseguente stato di necessità economica sembra fare capolino anche in questo caso: fra gli italiani che non si scandalizzano di una qualche furberia fiscale senza sensi di colpa appare in crescita la percentuale tra chi ha perso il lavoro od è in cassa integrazione (dal 17 di febbraio 2010 al 26%), tra chi pensa che fra un anno la situazione economica sia peggiorata (dal 20 al 27%), tra chi è preoccupato per il bilancio familiare (dal 15 al 19%).