Ormai siamo all’emergenza nazionale: la flessione record delle vendite nel 2013 certifica il terzo anno consecutivo di crollo della domanda interna. Per questo chiediamo che il nuovo esecutivo intervenga con urgenza con una strategia ‘shock’ per sostenere il reddito degli italiani e le aziende che si rivolgono al mercato interno, che rischiano la chiusura.
Nel solo Commercio al dettaglio, nel 2013, abbiamo registrato la cessazione di 46.061 imprese, per un saldo finale di 18.618 unità in meno. Trend estremamente negativo anche per i negozi alimentari, che chiudono l’anno in rosso di 2.055 aziende. In totale, a fine 2013 rimangono 95.667 imprese alimentari, meno di 1,6 ogni mille abitanti.
Tab.1 Saldo iscrizioni/cessazioni delle imprese del Commercio al dettaglio in sede fissa.
Analizzando i dati sulle vendite per formato distributivo, emerge che nella crisi solo i discount sembrano aver resistito: le famiglie hanno aumentato l’acquisto di prodotti a prezzi più bassi.
“L’emorragia di chiusure dei negozi – spiega Confesercenti – dipende dall’aumento eccessivo della pressione fiscale gravante su imprese e consumi, dall’Iva alle accise, e dalla pesante riduzione del potere d’acquisto dei cittadini a causa della crisi. Non a caso anche la fiducia dei consumatori a febbraio segna il passo per mancanza di prospettive economiche e sociali positive. Ma ha pesato anche l’attuale regime di deregulation, che prevede aperture 24 ore al giorno (domeniche e festivi inclusi) e non ha eguali in Europa. Un provvedimento che avrebbe dovuto rilanciare i consumi, e che invece ha solo accelerato la desertificazione delle attività commerciali nelle nostre città. Il Governo sblocchi subito i lavori parlamentari sulle liberalizzazioni: c’è un progetto di legge d’iniziativa popolare al riguardo, depositato alla Camera ormai da un anno”.