“Negli ultimi anni, Confesercenti ha denunciato 100mila imprese in meno. Per questo, nel dicembre 2011, nell’imminenza della presentazione del decreto “Salva Italia”, acquistando pagine sui principali quotidiani nazionali, ci chiedevamo: invertiremo la tendenza e salveremo l’Italia tenendo aperti gli esercizi commerciali 24 ore su 24, festivi e domeniche comprese?
Con le aperture domenicali – denunciavamo – non aumenteranno i consumi, non aumenterà l’occupazione, non migliorerà il servizio; e alle 100mila imprese già perse andranno aggiunte altre 80.000 che chiuderanno nei prossimi 5 anni, con la conseguente scomparsa di circa 240mila posti di lavoro. Questo si traduce in città sempre più vuote e meno sicure, in minore servizio di vicinato, in maggiori difficoltà per gli anziani.
Un regalo alla Grande Distribuzione Organizzata, con trasferimento delle quote di mercato dai negozi piccoli e medi ai grandi.Con la scusa di assicurare maggiore concorrenza, il Governo si è appropriato di competenze regionali, negando nei fatti ogni garanzia di concorrenza. Così, però, rischia di sparire il tessuto della distribuzione commerciale di vicinato. A questo proposito, i dati che abbiamo presentato oggi sono la migliore testimonianza.
Avevamo fatto appello ai governatori delle Regioni affinché si opponessero e sollevassero la questione dell’illegittimità del provvedimento. Regioni importanti lo hanno già fatto.
Ci eravamo impegnati con le nostre imprese ad organizzare tutte le iniziative necessarie per tutelare il loro diritto ad operare in un regime che garantisse il migliore equilibrio concorrenziale. E così oggi agiamo di conseguenza: con l’iniziativa odierna promuoviamo una raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare. L’obiettivo non è quello di vietare aperture festive e domenicali, ma di renderle compatibili con effettive esigenze imprenditori e consumatori, ripristinando competenze, materia di orari, alle Regioni.
Ci accompagnano, in questo percorso, Federstrade e la CEI, che sono qui rappresentate da Mina Giannandrea e dal Monsignor Giancarlo Maria Bregantini. Ovviamente ci auguriamo di trovare tantissime altre persone disposte a sostenere nostra iniziativa.
Abbiamo scelto il mezzo della proposta di legge di iniziativa popolare perché si è creato, in occasione di alcune scelte, un solco tra i bisogni reali delle famiglie e i decisori istituzionali. Noi, invece, vogliamo che cittadini svolgano un ruolo decisivo e diretto. La proposta di legge di iniziativa popolare presentata in Parlamento segue un iter particolare: viene discussa nelle Commissioni competenti, in sede legislativa, senza dover andare in Aula; se non discussa, non decade a fine legislatura, ed è automaticamente ripresentata nella nuova legislatura per riprendere l’iter parlamentare.La nostra determinazione è rafforzata anche dalla lunga crisi che sta falciando le PMI e i redditi delle famiglie.
Le previsioni per il prossimo anno sono indicative: PIL, spesa, reddito, investimenti, vendite hanno tutti segni meno; crescono solamente disoccupazione, fallimenti, investimenti e le imprese che chiudono.Per noi è prioritario far crescere l’Italia in maniera più armonica e più incisiva, per assicurare benessere e occupazione, senza alzare barriere discriminanti e tutelando valori e cultura del nostro Paese. E far sì, come ha già evidenziato Sua Eccellenza Giancarlo Bregantini, che l’apertura domenicale dei negozi diventi l’eccezione, non la regola”.